di Alberto Zei
Ancora un altro Natale o se vogliamo in senso più laico, un Nuovo Anno di assurdo distacco dal nostro Paese e dagli affetti familiari dei due Marinai relegati per “ragioni indiane” nell’ambito della Ambasciata italiana a Nuova Delhi.
Il motivo di questo accanimento sulla libertà personale dei due militari, quantunque in condizione privilegiata rispetto alle dure carceri del luogo (che neppure Pannella riuscirebbe ad immaginare), sta adesso negli atti giudiziari che sottendono il provvedimento della residenza coatta in quella terra.
Ciò che è ancor meno accettabile ma che invece è stato sofferto nel tempo, è l’ inefficace modo di interloquire con quel Paese. L’ Italia ha, infatti, letteralmente subìto la tracotanza indiana senza saper invocare nel modo efficace la politica internazionale del mondo, rivolgendosi ai potenti Stati amici; cosa, questa, che un altro Presidente del Consiglio nel tempo in cui si sono svolti gli eventi avrebbe sicuramente fatto, trovando anche il sistema. L’ Italia si è lasciata invece, progressivamente decadere in “capro espiatorio” del cosiddetto dente avvelenato che l’ India ha nei confronti dell’ autonomia dall’ Occidente sin dai tempi della famosa o famigerata Compagnia della Indie. Difficilmente adesso che si sono consolidate le posizioni della vertenza dei pirati più o meno presunti, potrà essere escogitato un rimedio diverso da quello delle decisioni dei giudici indiani, quando la stessa India riterrà di procedere. D’altra parte l’eventuale tentativo delle Autorità italiane di opporsi alla restituzione dei nostri connazionali dopo i brevi permessi di soggiorno concessi dall’India, influirebbe negativamente sulla correttezza dell’intero nostro Paese. Così il maldestro tentativo compiuto due anni fa, contraccambiato dal sequestro cautelativo del nostro Ambasciatore in India nelle more dell’adempimento degli impegni assunti avrebbe fatto girare nella tomba anche Attilio Regolo per l’alto senso di responsabilità dimostrato anche di fronte alla certezza del suo stesso destino. Ma non sono soltanto queste le condizioni di rammarico per gli evidenti errori che sono stati più o meno ingenuamente commessi da parte delle Autorità italiane preposte alla tutela del diritto internazionale; errori compiuti ancor prima, piuttosto che dopo l’arresto dei due militari in effettivo servizio antipirateria esercitato in nome e per conto dello Stato italiano.
Come a Cappuccetto Rosso
La storia inizia con la reazione del gruppo dei militari a bordo della petroliera Enrica Lexie di fronte ad un più o meno presunto attacco di pirati. L’ episodio è ormai risaputo; possiamo sorvolare.
Dopo la sparatoria con l’ imbarcazione indiana nelle acque internazionali a oltre 35 miglia dalla costa (12 miglia sono quelle nazionali), la petroliera che proveniva dalla Malesia, ossia, da Singapore, proseguiva la propria rotta diretta in Egitto. Dalla figura si può avere un ‘idea della direzione che la nave stava seguendo.
A questo punto arriva da parte indiana l’ingannevole comunicazione: “Abbiamo trovato un peschereccio con armi a bordo. Avete per caso subìto un attacco?” Le navi in zona rispondono di non saperne nulla; ma la Enrica Lexie ammette invece la circostanza. Le Autorità chiedono allora al Comandante della petroliera di voler entrare nel porto di Cochi per sporgere denuncia del fatto, aiutando poi le autorità locali a riconoscere il peschereccio che avevano catturato con armi e pirati a bordo. Di fronte ad una richiesta di tal genere, scollegata dal tempo dell’ attacco avvenuto, a notevole distanza dal porto di Cochi, la petroliera italiana doveva interrompere la sua navigazione in acque internazionali, e quindi non vi era neppure necessità giuridica, per ritornare indietro.
Il fine era quello di riconoscere, magari il profilo di quel battello con un albero forse più colorato o più lungo tra le altre innumerevoli imbarcazioni una più uguale delle altre nonché, ecco qui la fatidica richiesta che non può essere rifiutata, la faccia di persone, come si trattasse di un riconoscimento salottiero che di solito avviene con i pirati, dove si fa conoscenza e si ricorda anche la fisionomia dei cordiali interlocutori.
L’ equipaggio sarebbe quindi, dovuto andare in porto, decisamente fuori rotta per riconoscere tra un miliardo di persone più o meno della stessa fisionomia, alcuni individui che non potevano essere nemmeno in teoria, ritenuti riconoscibili non avendoli mai incontrati prima.
Lo scaricabarili delle decisioni
La figura evidenzia la distanza del porto di Cochi rispetto al luogo dello scontro. Secondo quel comunicato, l’ India avrebbe catturato un mezzo navale armato, ovvero, una imbarcazione pirata, a fronte di un dispiegamento ovviamente, di uomini e mezzi militari, rimorchiandola successivamente in quel porto distante circa 40 miglia.
Desta già immediato sospetto a questo punto, come quel convoglio con la ovvia lentezza della scorta avrebbe potuto così tempestivamente superare quel tratto di mare.
Ma quale sarebbe stato lo scopo di questa onerosa inversione di rotta della Enrica Lexie?
Un’operazione di questo genere presuppone misure e applicazioni di norme antiterrorismo e, come detto, di mezzi navali militari indiani. La richiesta delle Autorità marittime costiere non desta forse il dubbio che non spetti ad un equipaggio straniero in navigazione in acque internazionali di supportare l’ arresto di pirati con una eventuale denuncia a fronte del loro riconoscimento? La qualcosa avrebbe significato che le Autorità indiane non si sarebbero ritenute sufficientemente garantite dall’operato dei propri rappresentanti militari circa l’identificazione di una imbarcazione con armi a bordo e con persone già catturate in quanto pirati. Il comandante della Enrica Lexie pensa bene allora di avvertire il proprio armatore di ciò che stava avvenendo e quest’ultimo di collegarsi con le Autorità marittime italiane per chiedere supporto sul comportamento da tenere. A questo punto a fronte di circostanze che per la assurda logica non avrebbero tratto in inganno neanche l’ ingenuo Cappuccetto Rosso. L’Autorità marittima italiana invece, acconsente (per fatti concludenti) alla richiesta indiana di fare entrare la nave nel porto indicato, facendo interrompere la navigazione e invertire la rotta in pieno oceano senza minimamente pensare o voler pensare, che qualcosa di diverso si nascondeva di fronte alla puerilità delle motivazioni addotte dal rappresentante marittimo indiano.
La responsabilità della scelta
Non si riesce quindi a comprendere come persone che sicuramente sono all’altezza del compito assunto sulla sorveglianza della navigazione delle nostre navi nel mondo, possano essere così apparentemente ingenue da non avvedersi delle contraddizioni insite nella richiesta e nelle motivazioni indiane; motivazioni che sono un insulto all’intelligenza sicuramente professionale delle stesse Autorità ma anche al buon senso e alla mentalità abbastanza logica di tutti quanti cittadini. Allora quale è il motivo? Per quale ragione al mondo è stato dato quest’ordine scapestrato e deleterio di aderire ad un inganno del genere?
Non è quindi l’ atteggiamento dei nostri Marò il peccato originale di cui si parla e che non troverebbe neppure riscontro nel comportamento remissivo di fronte al fuoco intimidatorio da bordo della petroliera, dei presunti pirati che anziché invertire la rotta si avvicinano temerariamente ancora alla nave.
Il Comandante Schettino
Ancora nell’ aria echeggiava in quei giorni, l’eco della condotta del Comandante Schettino, allorquando per una ragione o per l’altra, al momento decisivo si trovava in luogo diverso da dove invece doveva essere in quelle drammatiche circostanze.
E sicuramente ancora non si era esaurito neppure l’eco alquanto tracotante dell’addetto al servizio costiero che gli imponeva di ritornare a bordo, come se il problema vitale per i passeggeri ancora sulla nave in quel momento, fosse questo.
Non sia mai che qualcuno del pulpito dal quale erano tuonate le dure parole rivolte a Schettino, non si sentisse invece coraggiosamente coinvolto nell’ indirizzo del comportamento altrui. E questo anche, quando da parte dell’Autorità indiane veniva rivolto alla petroliera un invito che per la logica stringente dei suoi contenuti non stava né in cielo né in terra, né nei pensieri razionali di qualsiasi persona all’altezza della situazione. Come si poteva non capire l’ inganno? Il contesto conflittuale che attualmente si è instaurato non ci lascia rassegnati imputando alla fatalità degli eventi un fatto ormai avvenuto all’ insegna del noto ritornello napoletano. Gli stessi personaggi investiti nella funzione di sorveglianza e riferimento italiano per la navigazione marittima nel mondo, per loro colpa o incapacità, hanno creato una situazione dalle conseguenze disastrose, se vengono giustificati, ciò significa che un’altra volta in un caso analogo, sarebbero implicitamente autorizzati a ripetere un capolavoro di questo genere.