Si terrà giovedì 22 gennaio al Dodici Pose di Roma, dalle ore 21:30, “Visioni da un film – L’odio“, mostra fotografica a cura di Barbara Frascà.
“L’odio” di Mathieu Kassovitz rappresenta una delle pietre miliari della storia del cinema. Adottando un bianco e nero che definisce i volumi geometrici dei volti e degli edifici e rende tutto molto più plastico, Kassovitz parte dai disordini scoppiati dopo il pestaggio da parte della polizia di un sedicenne algerino, per raccontarci le condizioni di vita di quei giovani allo sbando, disoccupati che popolano i quartieri periferici delle grandi città, in questo caso Parigi. Il bianco e nero, inoltre, accentua il senso di squallore della periferia diventando quasi metafora di una condizione esistenziale incolore e scialba.
La mostra fotografica di Barbara Frascà offre una nuova prospettiva sulle immagini del capolavoro in bianco e nero diretto da Mathieu Kassovitz nel 1995. In un viaggio sensoriale composto da 37 foto (dimensioni 30×45, stampa su carta opaca e montaggio successivo su passepartout nero), esposte seguendo il percorso delineato dalla pellicola cinematografica, la poliedrica artista romana esplora le immagini potenti, per contenuto e spettacolarità, che compongono questa vibrante storia di povertà, violenza ed emarginazione, intensificandole attraverso l’adozione di una prospettiva “altra“, dettata dal caso ma immediatamente pensata come nuova possibilità di espressione.
L’artista spiega il suo lavoro: ” La mia mostra nasce in camera. Sdraiata sul letto, mi accingevo a vedere il film “L’odio” per la ennesima volta (rientra tra i miei primi 5 film preferiti). Il computer nel quale avevo inserito il dvd era leggermente rialzato rispetto al letto e, quindi, al mio sguardo. Spingo il tasto “play” e con esso nasce una nuova visione cinematografica che poi diventerà anche una nuova visione fotografica. Per la prima volta le immagini di questo film mi appaiono distorte. Mi risultano espressive e sfocate allo stesso tempo. Forti, caricaturali, fumettistiche, disegnate, quasi dipinte. Sembrano “scratchate” proprio come i suoni della periferia metropolitana. A tratti ricordano i wall painting stencils. E’ colpo di fulmine. Me ne innamoro a prima vista anzi in prima visione. Nessuna delle foto realizzate è ritoccata in post produzione. Sono foto originali, semplicemente scattate durante la visione del film. Il bianco e nero che inasprisce i toni di questa pellicola lascia qui il posto ad un blu metallico come quello delle bombolette usate dagli spray painters per disegnare i paesaggi spaziali che tanto attirano i passanti. Da qui il salto verso la macchina fotografica, il desiderio di immortalare “L’odio” a partire da quella visione. Lo scatto segue la narrazione. Il ritmo è serrato come quello del film. Nelle foto sono impressi i protagonisti e il loro ambiente. […] La mostra ci fa avvicinare a questa pellicola (che coniuga l’intento di analisi e denuncia sociale con una dimensione narrativa di forte impatto) adottando una nuova chiave di lettura: la mia visione fotografica del film. […]”
di Martina Mugnaini