di Alberto Zei
Roma – Si apprende in ambiente romano del prossimo interessamento delle Istituzioni per far luce, è il caso di dire, nel buio dell’ ipogeo dell’ Isola d’ Elba.
Le riflessioni sulla tomba etrusca o sulla zecca dei Principi Appiani di Marciana, o addirittura, su una “neviera” (forse per alleviare i noti bollori invernali di Marciana Alta), non sembrano infatti terminare con il riconoscimento ufficiale della scoperta o più precisamente, della riscoperta del valore intrinseco espresso da quel manufatto.
Vi sono sostanzialmente due schieramenti rappresentati da una parte, da professionisti esperti di archeologia che affermano senza soverchi dubbi che si tratti di una tomba etrusca di inestimabile valore archeologico scavata nella durissima roccia granitica, e, di altri altrettanto validi professionisti, ma istituzionalmente preposti alla tutela del patrimonio archeologico nazionale, che invece ritengono che si tratti di una escavazione effettuata in periodo rinascimentale al fine di realizzare una zecca del Principato degli Appiani, forse per le ingannevoli forme architettoniche riportate in figura.
La ragione dell’una e dell’altra parte sono state esposte anche sulla stampa che talvolta ha evidenziato le contraddizioni logiche che escludevano il presunto uso di un ipogeo ricavato nel granito per attività che, come dicono all’ Elba, “non hanno né capo né coda”.
Molto eloquenti sono le due figure per rendere l’ idea di cosa avrebbe generato l’ amletico dubbio.
Infine, anche il sindaco di Marciana Alta ha preso posizione sulla questione, esprimendo il proprio convincimento che questo manufatto sia attribuibile alla menzionata zecca consentendo all’ interno dell’ ipogeo l’ allestimento di una sorta di museo aperto al pubblico con ingresso a pagamento.
Adesso appaiono ormai delineati i due schieramenti che sostengono cose diverse.
Questa situazione ricorda ciò che avvenne una decina di anni fa a Livorno con il ritrovamento in un fosso della Città di una scultura che fu attribuita a Modigliani. Solo che la Professoressa che si espresse in tal senso, fu volutamente ingannata da una imitazione in perfetto stile dell’artista.
Cosa ben diversa è questa dell’ipogeo, in quanto nessun inganno è stato ordito e ognuno si pronuncia alla luce delle proprie conoscenze professionali.
A questo punto, trattandosi della possibilità che l’ ipogeo possa essere l’unico esemplare al mondo di tomba etrusca così realizzata, il valore che esso potrebbe avere non è minimamente comparabile né con quello di una scultura di Modigliani, né con una zecca del Principato degli Appiani. La questione dell’ ipogeo è ormai destinata ad un accertamento autentico proprio perché le parti in causa hanno già espresso il loro convincimento che si tratti dell’una o dell’altra realtà.
Ma quando si difende strenuamente una cosa e poi la si perde, la perdita non è la cosa ma l’ aver perso; così come avvenne per la sfortunata Professoressa livornese per quanto perfidamente ingannata dalle fattezze della scultura che imitavano quelle di Modigliani.
Si ritiene che anche per coloro che hanno preso posizioni così strenuamente difese sulla natura dell’ipogeo, una volta accertata la verità, i perdenti dovrebbero essere trattati alla stregua del caso Modigliani con le medesime conseguenze.
Staremo a vedere a quale delle parti resterà in mano il “cerino acceso”; cerino però sufficiente a illuminare i motivi di tanto accanimento, i quali a loro volta lasciano intravedere cos’ altro nasconde l’ ipogeo o gli interessi, che non sono pochi, intorno a questo ritrovamento.