– Iaia De Capitani. Amministratore unico di D&D Concerti, manager, produttrice, editrice di Aereostella, regista e coreografa. Sicuramente una donna con molta energia e grandi capacità.
Ma tu come ti descriveresti a chi non ti conosce?
Sicuramente come una persona sincera: odio le falsità. Una persona con tanta voglia di fare e con tanta voglia di scoprire nuovi territori.
– I numerosi passaggi e le evoluzioni che, da coreografa e regista, ti hanno portato poi alla discografia, al management, alla produzione e all’editoria, hanno un filo conduttore?
Si, hanno un filo conduttore che mi porta alla mia famiglia.
Nella mia famiglia d’origine mio nonno era direttore d’orchestra, mia mamma concertista, mia zia suona il pianoforte ecc. ecc …Quindi sono cresciuta nell’ambiente musicale fin da quando ero piccolina. Oltre all’aver studiato danza – che mi ha portato poi al mio primo lavoro di coreografa – ho studiato pianoforte e canto. Sono una persona che ha sempre vissuto in quest’ambiente.
Con tutte queste sfaccettature ho assimilato talmente tante cose, sia da bambina e poi crescendo, per cui mi sono creata un background abbastanza ampio.
In più ai tempi scelsi di fare il liceo artistico dopo la terza media, pur non sapendo disegnare, perché mi sono detta «Almeno imparo… È la volta buona che imparo». Io ero bravissima in italiano, bravissima in matematica e bravissima nelle lingue. Quindi mi dicevano «Vai a fare il linguistico o lo scientifico o qualcosa che sai fare». E invece ho detto: «Io sono una capra a disegnare e voglio imparare!».
Morale: Non ho imparato a disegnare, perché è impossibile se non ce l’hai… Però studiando storia dell’arte, architettura e grafica ho affinato molto la mia parte estetica. Quindi questa scelta mi è servita molto per tante cose, per esempio per le copertine dei dischi e dei libri.
Non le faccio io perché non sono all’altezza, però ho le idee e gli spunti per farle.
– Tasto dolente: come definiresti lo stato della musica italiana, anche e soprattutto in relazione all’avvento di internet? Pensi che la discografia in Italia sia davvero moribonda, se non defunta, come asseriscono in tanti? O pensi ci sia ancora speranza di resuscitare questa grande malata?
Secondo me non è che sia ammalata o defunta, ma è in un periodo di transizione.
Non ci sarà più la discografia di prima, sarà un’altra discografia. Quindi purtroppo i file saranno quelli che la faranno da padrona nel futuro e il supporto fisico andrà sempre più a scemare. Anche se secondo me ci sarà sempre una nicchia che lo vorrà.
Tornerà sempre di più il vinile, lo stiamo vedendo, proprio per il discorso dell’estetica. Un file non ti dà quello che ti dà il supporto, l’emozione dell’oggetto. Poi l’ LP ti dà anche quella sporcatura che rende la musica più bella e non asettica come quella del cd o del file. Quindi, secondo me, non morirà mai il supporto. Diminuiranno le vendite e anche i cd diventeranno come l’ LP. E a farla da padrona purtroppo saranno i file con tutte le conseguenze, come la musica pirata e tutto il resto. Purtroppo andando avanti non so dove andremo a finire.
Magari tra un po’ ci metteranno i chip in testa e sceglieremo la musica solo col pensiero…
Pensi a una canzone e ti partirà il chip!
– Questo vale anche per l’editoria? L’odore della carta stampata non è un’altra cosa?
Sì, è un’altra cosa, ma soprattutto fa meno male agli occhi! Io, sinceramente, ancora non ci riesco. Io ho bisogno del libro. Non tanto perché non mi va di usare il tablet. Certo, la carta è più bella da sentire, ma è proprio una questione di occhi. Io sono sempre davanti al computer per lavoro e ho già perso abbastanza diottrie a forza di stare davanti al monitor. Il libro preferirei leggerlo senza il problema visivo che può indurre il computer o il tablet.
– Credi che l’ambiente della musica sia ancora gestito solo e prevalentemente da uomini? Tu, in quanto donna, hai avuto difficoltà o notato diffidenze nei tuoi interlocutori?
Io ho sempre fatto lavori maschili. Tieni conto che già il coreografo di solito è maschio e le donne sono poche. Il regista di solito è maschio e le donne sono poche. Il manager musicale di solito è maschio e le donne sono poche… Ma è una cosa che non mi ha mai creato problemi, devo essere sincera. Devi dimostrare di essere brava, certo, perché se no ti schiacciano. Però, nel momento in cui ho dimostrato di saper fare, ho trovato moltissimi uomini che mi hanno apprezzato, anche manager più famosi di me – non più bravi o meno bravi – ma magari di nome e senza dubbio più ricchi (ride) e mi hanno fatto i complimenti per il lavoro che stavo svolgendo.
Io ho iniziato con PFM e poi sono subentrati altri artisti. È stato difficile all’inizio fare il manager di PFM, in primo luogo perché PFM ha uno spessore enorme e mi sono trovata a collaborare su tanti progetti. In secondo luogo perché, avendo sposato uno di loro, ero vista come “la moglie di…” Poi vai a vedere il mio curriculum e capisci che non sono arrivata lì perché sono la moglie di qualcuno, ma in un primo momento è stato difficile…
– Nella tua carriera hai collaborato con molti personaggi importanti. Con chi è stato più facile lavorare, anche a livello umano? E con chi invece si è rivelato un po’ più complicato?
Sono stata il manager del Banco di Mutuo Soccerso, ma non lo sono più, e sono il manager del Mito New Trolls: Belloni, Usai, più i due giovani entrati che ormai sono lì da anni e sono consolidatissimi. E ovviamente PFM.
Con chi è stato facile lavorare? Sai, io ho avuto a che fare veramente con tantissimi personaggi, mi è difficile nominare una persona più di un’altra. A livello umano mi è piaciuto tantissimo Marco Columbro, per esempio. Con lui ho lavorato tanto e mi è piaciuto molto.
Poi ho avuto a che fare con dei registi veramente stupendi: Pasquale Festa Campanile nel cinema, Beppe Recchia nella televisione, ma anche tanti autori, ad esempio Antonio Ricci, ma ce ne sono tantissimi!
Con chi non lavorerei più? Come in tutte le carriere c’è il buono e il cattivo, nel senso che incontri delle persone più o meno umane, però preferisco non parlarne perché altrimenti dovrei farti un bell’elenco!
– Tra tutti gli ambienti nei quali hai lavorato, musica, coreografia, regia, quale ti ha dato più soddisfazione? Quale ricordi con più piacere?
Non ce n’è uno in particolare, perché devo dirti la verità, ho dato me stessa in tutte e tre le cose. La soddisfazione più grande l’ho avuta dal primo film che ho fatto con Festa Campanile, ma anche da Marco Ferreri, che mi ha fatto un sacco di complimenti ai tempi; Beppe Recchia tantissimo; PFM chiaramente: ho veramente dato tanto, ma anche ricevuto moltissimo!
Non c’è un lavoro che mi ha dato più soddisfazione, anche perché l’attività manageriale, se vuoi, è un po’ l’insieme di tutte queste cose.
– Tu sei anche editrice di Aereostella: come nasce questo progetto? È parallelo all’attività musicale o si è sviluppato autonomamente?
È partito come un gioco perché a me piacciono molto i libri, mi piace proprio “l’oggetto” libro e quindi ho iniziato editando il libro di un amico. Ho detto «Dai, proviamo!» ed è andato bene così è arrivato il secondo… Ma era una cosa marginale, in sordina. Avevo poca distribuzione, non era una cosa pazzesca. Poi, però, piano piano siamo cresciuti, è subentrata una persona che mi dà una mano prevalentemente nel settore editoriale e abbiamo avuto una grossa distribuzione. Quindi è diventata una cosa parallela, anche se non si vendono più i libri di una volta, come non si vendono più i dischi di una volta, però… Finché si sta in piedi si va avanti!
– A questo proposito, qual’è il progetto discografico e quello editoriale a cui ti senti più legata?
Quelli per i quali gli sforzi e il lavoro sono stati superati ampiamente dalle soddisfazioni, anche se solo emotivamente…
Senza dubbio Stati di Immaginazione (Sony Music, 2006) e PFM in Classic (Immaginifica by Aereostella, 2013). Questi sono i due progetti PFM che mi hanno dato veramente grandissima soddisfazione. Stati di Immaginazione, prima di diventare un disco, era solo un progetto live. Abbiamo girato veramente il mondo e ha avuto immediatamente un successo incredibile. Era un progetto che in quel momento – ma anche adesso – era perfetto per PFM perché, essendo tutti dei maestri dell’improvvisazione, creare delle musiche su delle immagini di corti (che oltretutto avevo montato io, quindi era emersa la mia parte registica) è stata una cosa bellissima.
Ricordo che il mercoledì mattina abbiamo fatto la conferenza stampa dicendo che il sabato sera ci sarebbe stato il concerto. PFM non aveva mai visto i film e non c’era scritta una nota. Una volta consegnato il dvd io sono uscita dal teatro e li ho lasciati da soli a vedersi i film e a cominciare a creare. Il venerdì sera c’è stata la prova generale e io non sapevo che musiche ci fossero. Sono arrivata e lì ho pianto… Ho pianto veramente. Ho avuto un’emozione talmente forte nel vedere i film e queste musiche create in pochissimo tempo su quelle immagini… È stato bellissimo!
Sabato sera è stato un trionfo: ogni brano, una standing ovation. Quella è stata un’emozione molto forte.
E PFM In Classic senza dubbio, perché per PFM era un po’ un tornare a casa, alla musica classica, pur usando i loro strumenti e le loro capacità rock e anche per me perché è vero che ho fatto coreografie per la televisione, che mi sono specializzata in America in coreografia televisiva e cinematografica, però arrivo dalla danza classica, quindi era un cerchio che si chiudeva anche per me.
– C’è un episodio – sempre legato al contesto lavorativo – che ricordi con maggior piacere? E uno che invece ha lasciato qualche strascico negativo?
Positivi tanti, tantissimi. Sono di più quelli positivi rispetto ai negativi. I ricordi negativi sono pochissimi e sempre legati a persone che volevano imporre altre persone. Ricordo un episodio pazzesco, durante una trasmissione che feci con Dario Fo, Franca Rame ed Enzo Jannacci. Io facevo coreografie per la RAI e ci sono state interferenze molto pesanti per far fare le coreografie a un’altra persona, mentre Dario aveva fatto un’audizione per coreografi, aveva visto come lavoravo e aveva scelto me. Quando c’è stata questa interferenza, un’interferenza piuttosto pesante, Fo si è incazzato come una biscia e ha detto «Non se ne parla neanche… Io ho scelto lei ed è lei!»
Quindi è andata avanti la meritocrazia, il riconoscimento, ma perché Dario Fo è Dario Fo. È una persona integra.
– La meritocrazia, secondo te, in Italia esiste?
No, non c’è. Assolutamente, non esiste. La meritocrazia esiste in America. Perché se tu non sei nessuno, ma hai un’idea, nessuno te la porta via e la puoi realizzare. Magari con delle persone che la devono finanziare e si prendono il loro guadagno, ma non ti portano via l’idea. Io ho avuto delle idee che mi hanno portato via, idee che non ti sto ad elencare perché sono cose che hanno anche molto successo adesso. Io non riesco neanche a guardarle quelle trasmissioni perché mi fanno venire veramente la rabbia. In Italia non esiste la meritocrazia, assolutamente.
– C’è speranza ?
No, ma figurati… Non c’è speranza per il paese e secondo te c’è speranza per la meritocrazia? (ride). L’Italia che non ha più un’etica, qui la meritocrazia te la devi fare tu! Io ho dovuto mettermi da sola con le mie manine, tirarmi su le maniche e aprire un’azienda mia, dove decido io e allora la meritocrazia è la mia.
Perché altrimenti, se sei onesto, arrivi fino a un certo punto e poi non vai più avanti.
– Con tutta l’esperienza acquisita è cambiato l’entusiasmo con cui affronti le sfide lavorative?
Hai ancora qualche sogno nel cassetto o progetti che vorresti realizzare?
Non è cambiato niente, anzi, è cresciuto. Fernanda Pivano diceva che quando hai un obiettivo davanti non invecchi, rimani sempre giovane perché devi andare avanti e devi raggiungerlo, quindi io non mi fermerò mai, avrò sempre obiettivi davanti a me.
Sono due le cose che vorrei fare: la prima è un film, anche un cortometraggio. Ho già in testa delle idee, ho già scritto qualcosa. Mi piacerebbe molto. La seconda cosa è un’opera, un musical, però all’americana perché in Italia fanno sempre musical un po’ “all’italiana”.
Mi piacerebbe farlo, ma in America, dove non serve che tu faccia vedere chissà che cosa… Quando vedo i vecchi film di Fred Astaire o di Gene Kelly, quando vedo loro, a parte la tecnica, lo stile che avevano, mi rendo conto che bastava un niente! Scendevano una scala ed era già una coreografia pazzesca, la musica era perfetta, era tutto controllato fino all’unghia. In Italia purtroppo non funziona così.
– Speriamo allora di intervistarti all’uscita del film…
Speriamo… Devo trovare un bravo produttore però (ride), perché non mi metto a fare anche il produttore cinematografico, non ne sarei capace, in questo momento no!
– Per chiudere, secondo te, qual è l’altra faccia della musica?
La creatività assoluta senza barriere. Libertà di creare, questa è l’altra faccia della musica secondo me. Ma vale in tutti i lavori, non solo per il musicista. Anche il manager deve creare, anche il giornalista deve creare. La libertà assoluta di creare, nel rispetto dell’artista. Una cosa che mi dà un po’ fastidio – per tornare al discorso di prima – sono i giovani che non si documentano, soprattutto tra i giornalisti. Intervistano gli artisti senza sapere chi hanno davanti. Fanno delle domande talmente assurde che io a volte vedo l’artista che rimane spiazzato e in quel momento avrei voglia di prenderlo e portarmelo via. Non c’è più la voglia. Noi quando eravamo ragazzi avevamo voglia, andavamo a ricercare. Se io avevo un appuntamento con una persona, oppure dovevo parlare di lavoro con qualcuno, mi documentavo prima. Adesso non gliene frega niente a nessuno e questo secondo me è terribile. è un inaridimento totale. Dovrebbe fare qualcosa la televisione: anziché proporre programmi veramente poco edificanti, dovrebbe far crescere un pochino i giovani.
Io ricordo che ero una bambina e guardavo Non è mai troppo tardi del maestro Manzi in televisione. Quando ho iniziato ad andare a scuola sapevo già scrivere, perché l’avevo imparato con la TV. Adesso cosa impari con la televisione? C’è un appiattimento totale… Quindi che dire? Se non c’è la televisione leggete i libri! Non solo quelli di Aereostella, non è un problema, anche qualcos’altro: basta leggere (ride)!
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Inizia oggi ‘L’altra Faccia della Musica‘, un appuntamento nel quale incontriamo alcuni tra gli esponenti più importanti del panorama musicale italiano che, con il loro lavoro spesso dietro le quinte, ma non per questo secondario, hanno contribuito – e continuano a contribuire – a rendere grande la musica italiana.
Una carrellata su tutte quelle figure che si occupano di musica: a partire dal progetto musicale, procedendo in tutte le fasi di strutturazione, divulgazione, fruizione e critica, siano esse produttori, giornalisti, manager, avvocati e, perché no, artisti.
Una sorta di radiografia su tutti i mestieri che gravitano intorno all’evanescente mondo della musica, per dare una visione più ampia su cosa c’è dietro a un successo e a una carriera discografica.
Insomma, proveremo a cercare di farci svelare qual è ‘L’altra Faccia della Musica‘.
PER SEGNALAZIONI E CONTATTI: ALEX PIERRO – pierro@hotmail.it – 347.9703822