Tante notizie, moltissima paura, ma poca reale informazione, a detta del giornalista Alberto Zei, autore del seguente articolo.
A dover preoccupare non dovrebbero, quindi, essere solamente le persone provenienti o che hanno avuto contatti recenti con la Cina, ma anche chi giunge dalla vicina Africa. La massiccia presenza di cinesi nel continente africano che magari si sono avventurati in un viaggio alle porte della “infetta” Wuhan in vista del capodanno potrebbero aver contagiato anche i propri compaesani al rientro a casa. Logica conseguenza di ciò sarebbe un possibile contagio anche della popolazione africana che migra verso l’Italia.
Inutili sarebbero, quindi, i minuziosi controlli negli aeroporti italiani, se poi nei porti di sbarco ci fossero delle persone contagiate dal virus che in grado di spostarsi per la penisola senza eccessivi controlli salutistici e igienici.
Di seguito l’articolo di Zei.
Il senno del poi
Quando l’emergenza che riguarda la nostra vita ci preoccupa al punto di adottare tutte le possibili cautele, spesso avviene che lo stato di ansia si presti a considerare soltanto l’immediatezza del pericolo. Questo impedisce però, di cogliere in modo razionale gli aspetti più nascosti, ma ancora più pericolosi perché trascurati.
Esiste per questa ondata di influenza-polmonite del coronavirus, una preoccupazione generale tra la gente che traspare dall’eccessivo movimento delle auto, dalla affluenza dei supermercati in cerca di provviste, dalla carenza di folla di solito molto attiva nei luoghi di raduno di carattere ludico: cinema, teatri e anche ristoranti. Non si è però ridotta ma al contrario, è aumentata la tendenza di evitare in modo decisamente eccessivo e talvolta anche fuori luogo, ogni possibile contatto con ciò che proviene dalla Cina. Attualmente questo sta avvenendo, malgrado le cautele sanitarie che il Governo e le Pubbliche Amministrazioni hanno intrapreso sul controllo sanitario del ponte aereo tra i due Stati che sotto questo punto di vista, dovrebbe aver ridotto al minimo. il pericolo di contagio del coronavirus.
La via della seta
Sotto il profilo delle possibilità di contagio, è statisticamente poco probabile che a fronte dell’ imponenza dell’apparato sanitario che l’Italia ha organizzato sul transito, soprattutto delle persone tra Italia e Cina, l’infezione del coronavirus, possa penetrare da quella via nel nostro Paese se non per qualche rara eccezione.
Ciò non significa che l’Italia sia pressoché invulnerabile, tant’è che alcuni casi già sono stati individuati e isolati in strutture sanitarie approntate allo scopo. Il problema che ora sussiste è che i contatti con la Cina che sfuggono al controllo sanitario avvengono attraverso vettori estranei alla diretta relazione con le città cinesi colpite; contatti che si verificano magari in percentuali minime ma tra quei milioni e milioni di cinesi che vivano in terra d’Africa soprattutto nelle città e nei luoghi della così detta, “via della seta”.
Oltre questi, vi è anche un numero imponente di africani soprattutto del Gana, della Costa di Avorio, della Nigeria, dello Zambia, del Ruanda, del Kenya e del Sudafrica che studiano in Cina in centri di istruzione la politica di mercato per gli scambi tra i Paesi di appartenenza e la stessa Cina. Molti di questi in occasione delle festività del fine anno cinese, sono rientrati in Africa. Ma sia i cinesi, che questi africani, quantunque ritornino nei propri luoghi di origine o di lavoro soltanto in parte, creano la condizione di contatto con quella stessa gente che si recherà in Italia unendosi soprattutto in Libia, al corpo del flusso migratorio delle decine di migliaia di persone che vengono trasportate con ogni mezzo sulle nostre coste.
Quali controlli
È abbastanza intuitivo senza entrare in dettagli, considerare con quali criteri di carente precauzione sanitaria è accolta questa gente, prima e dopo essere sbarcata in Italia, gran parte della quale fugge dove può, prima ancora di essere identificata. Fugge creando ovunque di continuo, i naturali e inevitabili contatti umani nonché oltre frontiera, unendosi ai flussi clandestini diretti in altri i Paesi, e così via.
Si tratta, come detto, di persone che approdano nelle nostre coste in condizioni igieniche assai più suscettibili di reciproco contagio e che a maggior ragione, dovrebbero essere sottoposte a controllo sanitario come per coloro che provengono dalla Cina. Per questi invece, si trascura il pericolo, senza considerare con il dovuto scrupolo, che con una decina di giorni il corona virus avrebbe possibilità di infettare abbondantemente i super affollati centri di accoglienza, in quanto il contagio di questa epidemia avviene già durante il tempo di incubazione.
Siccome la gente in Africa non è più immune al corona virus di quanto lo sia quella italiana o europea, la possibilità che una parte della popolazione locale africana che si unisce all’ intenso flusso dell’esodo migratorio verso l’Europa, possa essere vettore di contagio dalla terra di provenienza, è sufficientemente plausibile.
Quali risultati
Quindi il controllo meticoloso sanitario nell’aeroporto di Fiumicino o di Milano, oppure il blocco in mare in mare davanti a Civitavecchia di una nave da crociera per con con il divieto di sbarco per i preventivi controlli sanitari, a nulla serve o a molto poco, di fronte a decine di migliaia di immigranti che arrivano di continuo nelle nostre coste dal continente africano.
È una situazione che rappresenta un’incongruenza tipica di chi da una parte si propone un risultato preciso con misure eccezionali, mentre dall’altra , allarga le maglie del setaccio sanitario, al punto di vanificare i risultati complessivi dell’intera prevenzione.
Ma è ancora più inaccettabile che per una impostazione mentale ideologica basata sull’accoglienza ad oltranza, considerata intoccabile per ragioni di buonismo politico, si corra il rischio di compromettere la salute demografica dell’intera nazione. Questo potrebbe avvenire attraverso i flussi di immigrazione che continuamente arrivano in Italia, le cui frontiere sono divenute un setaccio a maglia così larga che ogni cosa riesce a passare.
Per quanto riguarda i controlli sanitari, tutto sembra rimandato al momento in cui si verificheranno gli eventi, mentre si continua a controllare gli aeroporti come se tutto il rischio di patologia dovesse arrivare direttamente dalla Cina attraverso il cielo e non da altrove.
La cosa migliore sarebbe in questo periodo, di evitare per quanto più possibile l’intensità del flusso dei migranti dall’Africa verso il nostro Paese con accordi internazionali all’origine anche se a titolo sufficientemente oneroso, ma molto meno oneroso di quanto in caso contrario, le conseguenze potrebbero gravare, in parte anche in modo irreversibile, sulla salute collettiva del popolo italiano.
Alberto Zei