È davanti al ministero della Giustizia che Giada Giunti torna a fare il suo appello e a gridare il proprio dolore per la sottrazione del figlio Jacopo. Lo fa ancora una volta, senza mai stancarsi, senza mollare la presa davanti ad una sentenza che non ha tenuto in debita considerazione l’amore di una madre per il proprio figlio. O meglio, una sentenza che ha dichiarato la madre troppo amorevole, come esistesse una scala di misura per il sentimento che un genitore può provare per il proprio figlio.
Prima un amore finito tra due persone, le incomprensioni, poi una battaglia legale per l’affidamento del bambino e infine una sentenza che ha visto definire la madre come “simbiotica“. Da anni Giada Giunti lotta affinché venga fatta giustizia e possa tornare a stare con il figlio Jacopo, al momento affidato alle cure parentali del padre. A nulla è servita la denuncia presentata anni fa per violenze perpetrate dal marito e subite dalla Giunti quando ancora i due vivevano insieme. Nemmeno la lettera scritta dal bambino che chiedeva di tornare alla sua quotidianità e dalla sua mamma ha aiutato a cambiare la sentenza. Ora Jacopo sta con il padre. Questo ha definito il giudice.
Ed è per questo che Giada Giunti non si arrende mai, che non smette di sperare, è per questo che si è presentata con il suo legale Carlo Priolo davanti al Ministero della Giustizia. Sa dove vuole stare il figlio e cosa può offrirgli lei. Sa da cosa vuole allontanarlo. Una donna dilaniata dal dolore, Giada, che prova disperatamente a parlare anche con il ministro Bonafede, a porre davanti ai suoi occhi un caso di ingiustizia che dal 2010 la donna porta avanti con incredibile forza e tenacia. Che il genitore 1 sia la madre lo dice la natura, è scontato. Che il bambino stia con la madre, in questo terribile caso purtroppo no.
Anna Catalano