Come può rinnovarsi profondamente oggi, dinanzi a sfide mondiali sempre piu’ complesse, un movimento come la socialdemocrazia, che tra Otto e Novecento ha permesso l’inserimento di enormi masse di lavoratori nei meccanismi dello Stato moderno, democratizzandolo fortemente, ed è stata determinante, in tutta Europa, per la costuzione del Welfare State? Questo, il tema fondamentale affrontato dai partecipanti alla presentazione del libro di Giuseppe Averardi “Socialdemocrazia l’altra voce dell’ Europa” (Roma, Data News, 2014): svoltasi alla Facoltà di Scienze della formazione dell’ Università Roma Tre,in Via Milazzo.
Il Labour Party britannico, l’ SPD tedesca, il Parito socialdemocratico svedese, l’ SPO austriaca: questi i principali attori del socialismo democratico novecentesco, colti, da Giuseppe Averardi (che è senatore emerito, giornalista, a lungo direttore della rivista “Ragionamenti Storia“), nelle loro politiche di governo, e nei tentativi di creare una società piu’ giusta.”La parola “socialdemocrazia”, in realtà“, ha precisato Carlo Felice Casula, docente di Storia Contemporanea appunto a Via Milazzo, “storicamente ha assunto significati tra loro anche molto diversi ( gli stessi Rosa Luxemburg e Vladimir Lenin inizialmente si definivano socialdemocratici, in senso rivoluzionario), e solo più tardi nel ‘900 è divenuta sinonimo di socialismo democratico e riformista. Di fatto, però, ha continuato ad alimentare il dibattito anche in forze di di sinistra storicamente assai diverse da quelle socialdemocratiche: basti pensare a tutto il dibattito accesosi, nelll’ultimo trentennio del ‘900, nel vecchio PCI, col contributo di uomini come Franco Rodano, e la storica formula della “Terza via”, quasi centrale nel dibattito politico degli anni ’80-’90”.
“Questo saggio di Giuseppe Averardi,comunque”, ha rilevato Roberto Cipriani, sociologo, presidente emerito dell’ Associazione Italiana Sociologi, “ha un taglio anche sociologico; mentre non trascura i momenti – nella storia di varie democrazie industriali – d’ importante collaborazione tra forze socialdemocratiche e forze d’ispirazione cattolica, o, comunque, religiosa“.
Fabrizio Federici, collaboratore di questa testata, ha evidenziato l’indispensabilità, per la socialdemocrazia del Duemila, di sapersi confrontare con forze di sinistra nuove, come Syriza in Grecia e Podemos in Spagna: che, pur non essendo propriamente socialdemocratiche, non ricalcano tuttavia gli schemi del massimalismo comunisteggiante. Averardi, intervenendo in chiusura,ha ripercorso vittorie e sconfitte, pregi e intrinseche debolezze, del socialismo italiano (come anzitutto, diversamente dal comunismo togliattiano e berlingueriano, la scarsa capacità di fare cultura, sviluppatasi solo in anni relativamente recenti. E ha evidenziato la grave carica d’approssimazione del “renzismo”, sbrigativamente approdato a sponde formalmente socialdemocratiche, ma erede, in realtà, d’una tradizione, quella gramsciana e togliattiana, che nella socialdemocrazia- sulle orme di Lenin – individuava proprio il nemico principale, da combattere ad ogni costo.
di Fabrizio Federici