“A morire c’è tempo, è di vivere che ci si scorda sempre.”
Resta viva di Camilla Stenti – edizioni Dario Abate – è ben più di una storia o un titolo. È un ordine, un invito a non mollare, soprattutto se esso proviene dalle labbra di una ragazza condannata a morte. Tale resterà la protagonista di queste pagine ai nostri occhi: Gaia, ragazza ventiseienne di buona famiglia, senza vizi né bravate da chiudere nel cassetto “Ragazzate”, vede la sua vita crollare in mille pezzi nel giro di un istante, dopo che una telefonata le consegna una notizia che mai avrebbe voluto sentire. Gaia ha un cancro in fase avanzata, inoperabile; anche con le opportune terapie non ha che pochi mesi di vita. Che fare allora di fronte a una realtà così terribile? Quando la vita ti presenta all’improvviso un conto ingiusto da pagare? Nessuno merita un male simile, ma si fa in fretta a ritenere che ancora meno lo merita una come Gaia, che ha sempre condotto una vita retta e lontana da qualsiasi eccesso. Così comincia la sua lotta, fatta di ribellioni (sfizi da togliersi, potremmo dire, come farsi un tatuaggio) e decisioni drastiche, tra cui la scelta di non rivelare nulla alla sua famiglia. Perché la cosa peggiore del cancro – Gaia lo sa – non è quello che farà a lei, ma quello che farà ai suoi cari. Risparmiare un dolore, una rassegnazione contro l’inevitabile è l’ennesimo male che cercherà di risparmiare a una famiglia già colma di problemi. Problemi a cui Gaia non resterà indifferente, mentre nel suo impegno a restare viva assapora ogni singolo giorno che le rimane. Fino alla fine.
È una storia di lotta, di fratellanza e di amore; amore per la famiglia e per la vita in sé, fatta di infinite e meravigliose piccole cose che oggigiorno diamo per scontato… almeno finché una sentenza di morte non pende all’improvviso sulla nostra testa.
Allora si finisce inevitabilmente per vedere ogni cosa con occhi diversi. Ma non è così che dovremmo vivere i nostri giorni. Gaia lo sa. E dopo questa lettura lo ricorderemo tutti.
Come nasce quest’opera letteraria?
“Resta viva” è il primo romanzo che ho scritto, ormai cinque anni fa (quando ero ancora giovane!). L’idea alla base di questo libro è nata da un incubo che ho fatto e che mi è rimasto addosso per giorni: ho sognato di essere Gaia, il nome che ho poi scelto per la protagonista, ed ero così arrabbiata da non poter continuare a prendermela con chiunque avessi intorno. Dovevo scriverci sopra e dovevo parlare di lei per scaricare un po’ di collera. È nato, a dire il vero, come un progetto che sarebbe dovuto rimanere tra me e il mio cassetto, pieno di polvere. Non avrei mai immaginato che qualcuno, al di fuori di mia madre, potesse leggerlo.
Quale messaggio vuoi trasmettere a tutti coloro che si ritroveranno tra le mani questo libro?
Diverse persone, dopo aver letto il mio romanzo, mi hanno contattato per dirmi di aver trovato nelle mie pagine delle risposte a molte delle domande che tenevano per sé da tempo: c’è chi ha pianto, c’è chi ne ha approfittato per apprezzarsi e per apprezzare un po’ di più ciò che di buono ha, c’è chi si è ritrovato e riscoperto nella protagonista, come c’è, ovviamente, chi non ha gradito la sua storia.
Non ho mai avuto la presunzione di voler dare delle lezioni di vita. La mia paura iniziale era quella di lasciare indifferenti i lettori, e sono felice che, anche nei casi dei commenti e delle recensioni peggiori, questo non sia successo.
Credo che il messaggio principale sia questo (ma non è necessariamente il messaggio che è stato captato da tutti, né tantomeno l’unico presente nel libro): la vita non è controllabile, non sempre una condotta eccellente viene premiata e non sempre, ad attenderci, ci sono sorprese positive. La verità è che spesso si danno per scontate molte cose: persone, affetti, situazioni… spesso ne capiamo l’importanza solo quando siamo vicini a perderle del tutto.
“A morire c’è tempo, è di vivere che ci si scorda sempre”.
Cosa pensi dell’editoria d’oggi?
Personalmente, al momento credo che ci siano molti più scrittori rispetto ai lettori. Una cosa non esclude l’altra, certo… ma il paradigma è cambiato molto negli ultimi anni e, per me, adesso si considera ancora chi legge come un “sapientone intellettuale”. Scrivere, invece, fa “figo”, e a “farlo” spesso è un influencer, uno youtuber, e, in casi estremi, qualcuno che addirittura fa, dell’ignoranza, un vanto. Non penso che ci si improvvisi scrittori da un giorno all’altro, ma adesso ci sono più probabilità di (auto)pubblicare qualcosa di più o meno valido. E, se gli scrittori aumentano, i lettori sono pochi e sono sempre quelli. Sicuramente, gli audiolibri e i Kindle hanno permesso una più che positiva crescita del loro consumo, aiutata anche dal vantaggio dei prezzi dei libri in formato digitale. A essere sincera, per me, però, il formato digitale è quasi un’eresia: non posso immaginare di leggere un libro senza sfogliarlo, senza annusarne il profumo, senza toccare la copertina, fare il segno di dove mi sono fermata con un’impercettibile orecchia sul lato alto della pagina.
In un periodo come questo, in cui siamo stati messi tutti più o meno ai “domiciliari”, spero che in molti abbiano imparato a riapprezzare il gusto e la compagnia di un buon libro (a prescindere dal formato prediletto). Io, senza leggere, non sarei durata molto!
Leggi il mio libro perché…
Perché non dovresti farlo?!
“Resta viva” è una storia drammatica, estrema, piena di contraddizioni, di emozioni, di vita. È una vicenda semplice, che però tocca temi forti e complessi… e tratta una problematica attuale, che probabilmente (spero) non riguarda tutti direttamente, ma può riguardare un familiare, un conoscente, un collega…
Se hai voglia di emozionarti un po’ (e di piangere parecchio), fai scorta di fazzoletti e dai una possibilità a me e a “Resta viva”!
Progetti futuri?
Adesso come adesso, scrivo poco e studio tanto (purtroppo!). Coronavirus permettendo, dovrei finire presto gli esami e prendere la laurea magistrale in “Pubblicità, Comunicazione Digitale e Creatività d’Impresa”, il corso di laurea che mi ha portato a cambiare casa, città… e vita. Concluso questo percorso, mi piacerebbe riprendere e concludere una storia che ho lasciato in sospeso da troppo tempo. Anche questa non sarà di certo un Carnevale di Rio. Il genere sarà sempre drammatico, quindi molto probabilmente tornerò a farvi piangere e tornerete a maledirmi ancora un’altra volta.
In futuro, mi piacerebbe mettermi alla prova anche con altri generi, ho diverse idee al riguardo ma ancora niente di concreto su cui lavorare. Magari arriverò anche a farvi ridere, un domani!
Per il momento, prima il dovere e poi il piacere (ahimè!), prima la laurea, poi la scrittura.
Il libro merita 5 stelle su 5.