“La filiera psichiatrica in Italia: da Basaglia a Bibbiano e fino al tempo del Coronavirus” è il nuovo testo della professoressa Vincenza Palmieri, fondatrice e presidente dell’Istituto Nazionale di Pedagogia Famigliare. Un libro scritto volutamente con parole semplici, perché, come la stessa autrice afferma, «la cultura deve essere accessibile a tutti, non soltanto ai professionisti di questo settore».
Un saggio che racconta come la psichiatria negli anni abbia cambiato abito, ma sia rimasta sostanzialmente di stampo autoritario, nonostante la riforma Basaglia e i mille tentativi fatti dagli operatori del settore per rendere questa disciplina, e soprattutto la sua messa in pratica, quanto più democratica possibile. «Ci sono state delle differenti declinazioni della psichiatria nel tempo, basti pensare alla puntura depot. L’aspetto antidemocratico resta pressoché invariato e ne è un chiaro esempio l’abuso diagnostico».
La Palmieri chiarisce tale termine parlando della scuola, il luogo più frequentato dai minori: «Pensiamo ai corsi di formazione che vengono proposti alle insegnanti della primaria: quasi tutti servono per fare screening precoci sui bambini e per valutare il loro benessere in famiglia. Questa è una proposta indecente e vergognosa! Significa gettare un dubbio sui genitori, bussare alle loro porte e valutare lo stato in cui si trovano. Come se le case fossero il luogo di depravazione per eccellenza. Noi dovremmo aiutare anche economicamente le famiglie, invece».
Ed infine, la professoressa ha voluto ancora una volta sottolineare l’importanza del ruolo dei genitori e della società odierna in questa difficile lotta per la libertà di essere: «Facciamo tutti molta attenzione, perché l’abuso diagnostico è un corridoio stretto atto a proporre un sistema culturale finalizzato a disseminare una cultura dell’odio e a smembrare le famiglie».
Anna Catalano