Uscito in esclusiva su Miocinema dal 2 all’8 luglio, “Stay Still”, esordio nel lungometraggio di Elisa Mishto, ha iniziato, dal 10 luglio scorso, il suo viaggio nelle arene e nei cinema italiani, distribuito da Istituto Luce-Cinecittà. Mercoledì 15 luglio, il film approda a Firenze, alle ore 21:30, presso il Cinema nel Chiostro Grande di Santa Maria Novella. Alla proiezione saranno presenti, per un saluto iniziale e il dibattito dopo il film, la regista e Sascha Ring (Apparat), una delle stelle della musica elettronica europea, autore della colonna sonora.
Il film sarà quindi in programmazione al Cinema Ariston di Trieste dal 16 al 19 luglio; il 17 luglio al cinema Antoniano di Bologna (alla presenza di Mishto e Ring); il 22 luglio all’Arena Argentina di Catania e all’Arena Palma di Trevignano (alla presenza del produttore, Andrea Stucovitz) e il 24 luglio all’Arena Frontone di Perugia. Il lungometraggio è interpretato da Natalia Belitski, Luisa-Celine Gaffron, Martin Wuttke, Jürgen Vogel e Giuseppe Battiston, una produzione Cala Film e Partner Media Investment, prodotto da Martina Haubrich e Andrea Stucovitz,è stato presentato nella sezione Panorama Italiano di Alice nella Città 2019.
Stay Still è un ritratto poetico e radicale di una generazione senza nulla da perdere e nulla da guadagnare, nella storia di due giovani donne che non potrebbero essere più diverse: Julie è un’ereditiera testarda e sarcastica che celebra l’ozio e di tanto in tanto si reca volontariamente in una clinica psichiatrica per sfuggire al lavoro e alle responsabilità. Agnes, d’altra parte, è una giovane e ingenua infermiera, madre di una bimba di tre anni con un problema fondamentale: nonostante le ansie di soddisfare tutte le aspettative, ancora non ha capito cosa voglia dire essere madre. Quando le due donne si incontrano in clinica, nonostante le evidenti differenze, iniziano una ribellione che metterà a ferro e fuoco tutto e tutti quelli che gli stanno intorno.
La regista, ci spiega: “Qualche anno fa, mentre giravo un documentario sulle istituzioni psichiatriche, mi sono imbattuta in qualcosa che mi ha profondamente colpita: coloro che non fanno niente. I pazienti in una clinica trascorrono spesso le loro giornate aspettando di prendere le medicine, aspettando il pranzo, la visita di un famigliare o semplicemente di stare meglio e mentre aspettano, non fanno niente. Alcuni di loro vorrebbero fare qualcosa, ma non sono in grado di farlo, mentre altri si rifiutano ostinatamente di entrare nelle fila dei membri attivi e produttivi di una societá.”
“Proprio perché spinti forzatamente verso la periferia delle comunità in cui vivono, sono costretti a vedere il mondo da una prospettiva diversa e cominciano a porsi delle domande: lavorare è un privilegio o un obbligo?” – continua – “E qual è il nostro valore come esseri umani, se non siamo in grado di fare ma solo di essere? Per la prima volta mi è venuto in mente quanto possa essere doloroso e sconvolgente – ma anche liberatorio e politicamente radicale – l’atto di non fare nulla, in una società ossessionata dal produrre e consumare. Julie e Agnes sono considerate ribelli semplicemente perché si rifiutano di fare qualsiasi cosa, anche se potrebbero avere tutto. Sono le formiche insolenti che smettono di seguire gli ordini e abbandonano le fila ballando, aspettando ai bordi della strada per vedere cosa succederà”.
di Marcello Strano