Presi dai problemi della crisi economica sembra che molte tematiche siano scomparse dalle riflessioni, così tutto sembra sospeso: sono scomparsi i ragionamenti su scuola, lavoro, sanità, casa. Tutto sembra essere passato in secondo ordine rispetto alla necessità, giusta, di far quadrare i conti, che poi senza molta fantasia si tratta di trovare il modo di aumentare l’imposizione fiscale e tagliare le spese statali. Eppure i problemi rimangono presto o tardi qualcuno dovrà riprendere il filo di un ragionamento politico su come deve essere impostato il nostro paese. Sulle politiche della scuola, del lavoro, sulla sanità sull’abitazione. Passati i professori e ristabilito l’equilibrio economico dovremmo tornare a capire cosa la nostra società vuol fare.
Approfittiamo, quindi, di questa tregua per alcune riflessioni sul nostro modo di intendere la scuola sperando di aprire un dibattito utile al nostro paese. In estrema sintesi individuiamo nella scuola pubblica il compito principale nell’esercizio dell’istruzione intesa come l’insieme delle azioni tese all’insegnamento, divulgazione ed approfondimento delle conoscenze della cultura umana e alla famiglia l’educazione intesa come il complesso delle azioni tese ad inserire l’istruzione ricevuta all’interno di un determinato quadro di valori. Il tentativo di dare alla scuola pubblica una valenza valoriale è continuo; esso è preminente in tutti i sistemi politici prettamente dittatoriali, talvolta è presente anche nei modelli comunemente definiti come democratici da parte delle organizzazioni, in quel momento, esercitanti il potere. La difesa del momento educativo diventa, quindi, la difesa delle libertà individuali contro la possibile dittatura della maggioranza. Quando l’esercizio del momento istruttivo pubblico si accompagna alla divulgazione di valori e messaggi contrari a chi esercita il momento educativo evidentemente si creano delle frizioni. Non esiste un concetto di subalternità del momento istruttivo a quello educativo (o viceversa) vi è solo distinzione di esercizio e di finalità, quindi, sarebbe opportuno che i due ambiti si fondessero o confondessero con dovute cautele e sempre tenendo presente i reciproci limiti. A questa impostazione è opinione corrente che si assegni alla scuola pubblica anche il compito di veicolare valori ma rimangono irrisolte alcune questioni come ad esempio quali valori proporre; in concreto questa impostazione si risolve nell’esercizio di uno stato etico (l’idea di uno stato che pone se stesso come fonte dell’etica) o nella prevaricazione di una lobby educativa che altrimenti, nella società, non riesce ad affermarsi. Fissato uno standard minimo, tuttavia, non vi è ragione di limitare la libertà di costruire percorsi istruttivi complementari, integrativi o sostitutivi di quelli effettuati nelle scuole pubbliche. Rimane, nel dibattito, (che in verità sembra essere la vera questione) il problema delle risorse e la loro ragionevole ripartizione tra gli interessati (insegnanti, studenti, personale non docente, strutture, etc.). Su questo non devono esserci equivoci, una volta assegnata all’istruzione pubblica il compito di realizzare un determinato iter formativo è fondamentale che siano forniti tutti i supporti economici necessari al conseguimento dell’obbiettivo, in termini di adeguata remunerazione del personale, adeguatezza delle strutture e disponibilità di fondi per la ricerca. Fatta questa premessa è ragionevole trovare uno o più parametri per la ripartizione degli stanziamenti pubblici: in base al numero degli utenti, in base al numero degli utenti che concludono il ciclo di studi, in base a meccanismi di deduzione degli imponibili fiscali delle famiglie degli utenti o di detrazione dalle imposte delle stesse famiglie. Sono sicuro che così impostata la questione della scuola possa far sedere tutti intorno ad un tavolo per intraprendere le iniziative atte a modernizzare questo settore fondamentale per il nostro sviluppo, sempre che non si voglia continuare in strumentalizzazioni ideologiche che solo servono a compromettere negativamente il futuro nostro e delle prossime generazioni.
Silvia Buffo