Il cardinale Carlo Maria Viganò ha indirizzato una mail al presidente degli Stati Uniti Donald Trump parlando con lui di una “deep Church”, una “Chiesa profonda”.
Di seguito la riflessione di Francesco Boezi pubblicata da Il Giornale in merito alle parole di monsignor Viganò e al ruolo del deep State.
Monsignor Carlo Maria Viganò, nella sua lettera a Donald Trump – quella che il presidente degli States ha rilanciato sui social – ha parlato di una “deep Church”, ossia di una “Chiesa profonda”. Un emisfero che potrebbe essere associato al Vaticano. Uno “Stato profondo” che si oppone, secondo l’analisi dell’ex nunzio apostolico negli Stati Uniti, anche alla riconferma del candidato repubblicano alla Casa Bianca. Uno strato che guida i processi che incidono sul globo, nonostante non si palesi di fronte a tutto.
Il “deep State”, nella narrativa sovranista, è composto dai potentati che non accettano che un anti-sistema come Trump possa governare la nazione più importante del mondo. Lo stesso discorso varrebbe per la Santa Sede. In questo secondo caso, però, per “Stato profondo” o “Chiesa profonda” bisognerebbe intendere anche gli autori di una spinta ideologico-culturale che punterebbe a destrutturare la Chiesa cattolica per come l’abbiamo conosciuta in nome del progressismo.
Esiste una cerchia più o meno ristretta che influisce sulle posizioni di Papa Francesco e sull’avvenire del cattolicesimo: questa è la convinzione del “fronte tradizionale”. Carlo Maria Viganò, nella sua missiva, ha scritto quanto segue: “E non stupisce che questi mercenari siano alleati dei figli delle tenebre e odino i figli della luce: come vi è un deep state, così vi è anche una deep Church che tradisce i propri doveri e rinnega i propri impegni dinanzi a Dio. Così, il nemico invisibile, che i buoni governanti combattono nella cosa pubblica, viene combattuto dai buoni pastori nell’ambito ecclesiastico”. La Chiesa cattolica americana appare divisa in vista delle elezioni presidenziali: i conservatori sostengono apertamente The Donald, mentre i progressisti ed i cattolici democratici propendono per Joe Biden. Si tratta di una storia antica, ma la spaccatura interna adesso è più visibile che mai. Jorge Mario Bergoglio insiste nel dire che dividere è opera del diavolo. Gli appelli degli ecclesiastici progressisti in favore del candidato dei Dem, tuttavia, non si contano più. Così come quelli dei pro life in favore di Trump. Chi è, dunque, che sta alimentando le divisioni nella Ecclesia? Il quesito è attuale.
A prescindere dalle elezioni americane, il ragionamento vale per molti aspetti della vita ecclesiastica, compresi quelli dottrinali. La partita, in poche parole, avrebbe un valore “universale”. Questa “Chiesa profonda” sarebbe accomunata dalla battaglia contro il sovranismo, che viene percepito alla stregua di un pericoloso nemico. E sarebbe dunque abitata dalla sinistra ecclesiastica. Nello stesso tempo, questo “deep State” del Vaticano starebbe infatti spingendo per una revisione complessiva della struttura gerarchica ecclesiale, con accenti posti anche su quello che i conservatori chiamano stravolgimento dottrinale. Si tratta o no di una boutade? Possibile che la Chiesa cattolica sia così immersa nelle logiche correntizie? E quali risvolti avrebbe l’esistenza di una “Chiesa profonda” da un punto di vista squisitamente politico?
Che cos’è uno “Stato profondo”
Non è semplice comprendere quali siano i protagonisti di questa stagione. Conosciamo le personalità più importanti della gestione del pontefice argentino, ma comprendere da chi sia animata la “Chiesa profonda”, sempre nel caso esistesse davvero, non è un’operazione semplice. Alcune fonti con cui abbiamo parlato si sono limitate ad affermare di non essere nella posizione di comporre un elenco con precisione. Se non altro perché queste fonti non hanno alcun ruolo in quello che sarebbe lo “Stato profondo” della Chiesa cattolica. C’è una certa logica dietro all’impossibilità di diramare un vero e proprio quadro preciso di fondo: soltanto chi opera nella presunta “deep Church” è consapevole di come agisca la presunta “Chiesa profonda”. Si può domandare, però, cosa si intende per “Stato profondo”, e dunque in questa specifica circostanza per “Chiesa profonda”.
Julio Loredo, presidente per l’Italia di Tradizione, Famiglia e Proprietà, pensa che ” si sta diffondendo nel linguaggio giornalistico l’espressione Deep State, cioè Stato Profondo, per designare le strutture di potere nascoste dietro (o dentro) gli organismi dello Stato. Il concetto non è per niente nuovo. Già gli antichi greci parlavano di kratos en kratei, il potere dentro al potere. Nel suo senso moderno l’espressione proviene dal turco derin devlet, e fu usata all’epoca di Kemal Atatürk in riferimento a circoli di potere – servizi segreti, vertici militari, vertici giudiziari, mafia, ecc. – che agivano indipendentemente dallo Sato”. Sì, ma nel contemporaneo? “Nel suo senso moderno, Deep State si riferisce a quelle strutture di potere che un governo non può cambiare e che, quindi, vanno avanti imperterrite, costituendo un vero Stato dentro lo Stato che condiziona gli indirizzi del paese, indipendente da chi sieda sulla poltrona presidenziale. Un esempio classico sono gli Stati Uniti, dove ci sono 2,7 milioni di funzionari pubblici, dei quali non più di 30mila sono sotto l’autorità del Presidente e del Congresso. Questo per non parlare dei poteri finanziari, industriali e pubblicistici, che non dipendono per nulla dal verdetto delle urne. I governi passano. Il Deep State permane”. Ma non è tutto. Sì, perché “Stato profondo” e “Chiesa profonda” sarebbero in qualche modo alleati. E forse è questa la suggestione più rilevante tra quelle alimentate dalla cosiddetta narrativa sovranista.
Ma esiste davvero una “Chiesa profonda”?
Quando monsignor Carlo Maria Viganò ha messo nero su bianco l’espressione “deep Church”, in molti si sono scandalizzati. Come può, del resto, esistere una Chiesa nella Chiesa? Un Vaticano nel Vaticano? In linea di principio, non sarebbe neppure possibile presentare un’ipotesi di questo tipo senza ventilare un frazionamento del mondo ecclesiastico. E le “divisioni” tra consacrati rimangono un tabù per definizione. Come l’ex arcivescovo di Buenos Aires ribadisce spesso in questo periodo. E infatti c’è chi, come il religioso Rosario Vitale, smentisce di netto: “Leggere di una “Chiesa nella Chiesa” mi sembra quanto di più fantasioso si possa sperare. La Chiesa per vocazione è una Santa, cattolica ed apostolica. Mi risulta davvero difficile anche solo pensare che alcuni credano a teorie di complotti per installare questo o quel politico, o di piani segreti che porterebbero ad un utopico sovranismo mondiale, che non si sa bene quale obiettivo avrebbe se non quello di alimentare la confusione, che già regna negli ambienti secolari”.
Come interpretare, allora, il contesto odierno? “In questo come sempre – aggiunge Vitale – ci viene in aiuto la Sacra Scrittura, con il Vangelo di Marco al capitolo 3: ‘Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non potrà restare in piedi; se una casa è divisa in se stessa, quella casa non potrà restare in piedi’. Si commenta da solo, e aggiungo che chiunque tenti di alimentare la divisione all’interno della Chiesa non sta facendo altro che appoggiare i piani del maligno che ci vuole soli e deboli. Seguiamo gli insegnamenti di Cristo che si è fatto prossimo di tutti e per tutti. Le chiacchiere, beh come dice il Santo Padre, anche quelle sono opera del diavolo che come sappiamo significa Il divisore” .
Il presidente Julio Loredo, per circoscrivere il significato di quel passaggio della missiva destinata al presidente Usa, parte dal piano letterale: “Mons. Carlo Maria Viganò utilizza l’espressione nella sua lettera aperta al presidente Trump: ‘Pare che i figli delle tenebre — che identifichiamo facilmente con quel deep state al quale Ella saggiamente si oppone e che ferocemente le muove guerra anche in questi giorni — abbiano voluto scoprire le proprie carte, per così dire, mostrando ormai i propri piani'”. Quindi cosa voleva dire Viganò? “Come si vede, l’ex Nunzio a Washington utilizza l’espressione deep state in un senso leggermente diverso e, secondo me, più profondo e coerente con una corretta lettura della storia moderna. Egli si riferisce alle forze rivoluzionarie che, tirando i fili senza mostrare la faccia, hanno sollevato contro Trump una vera e propria rivoluzione di carattere socialista e anarchico. È impossibile, per esempio, che gli stessi moti siano scoppiati in tutti gli Stati nello stesso giorno, con le stesse modalità, gli stessi simboli e gli stessi slogan, senza che vi sia un piano e una mente coordinatrice”. Una visione certamente netta quella di Loredo, che però può spiegarci come una parte importante del mondo conservatore cattolico guardi a quanto sta succedendo negli Stati Uniti. Una visione quasi escatologica in cui si affrontano temi che in Italia sembrano distanti anni luce dal dibattito politico, ma che in un mosaico complesso come quello americano possono fare la differenza. E che aiutano anche a comprendere come si muove questo grande cosmo religioso e culturale.
Qualche esempio storico
Il presidente di Tradizione, Famiglia e Proprietà pensa che, pescando nell’armadio della storia, sia lecito far presente come degli “agenti” esistano. Il tutto – ci tiene a sottolineare – senza scadere in “teorie cospirazioniste”. Ma qualcosa che muove in una direzione piuttosto che in un’altra c’è, tanto che “questi agenti (quelli del “deep State”, ndr) operano, di solito celati, sia nella società temporale sia in quella spirituale. Fa parte della storia, per esempio, il patto segreto sottoscritto dai cattolici liberali sotto l’egida di mons. Félix Dupanloup per opporsi al beato Pio IX e al Concilio Vaticano I, smascherato solo molti anni dopo. Fa pure parte della storia quel “clandestinum foedus” denunciato da san Pio X nel motu proprio Sacrorum Antistitum in riferimento ai modernisti che agivano, appunto, come una società segreta, peraltro vantata dal Fogazzaro ne “Il Santo”, dove l’autore vicentino lancia l’idea di una “frammassoneria cattolica”. Poi, Loredo, passa a tempi recenti, con “il “Patto delle catacombe”, sottoscritto da alcuni Padri conciliari nel 1965, impegnandosi a sovvertire la Santa Chiesa dalle fondamenta. E ancora gli accordi, allora segreti, di quella “mafia di San Gallo” che pare abbia condizionato l’ultimo conclave. E questo è solo la punta dell’iceberg”.
Il “gruppo di San Gallo” – secondo i suoi detrattori una “mafia” – era un gruppo di cardinali progressisti che secondo le accuse avrebbe influito sull’elezione di un pontefice di stampo progressista. Il nome deriva dalla località svizzera in cui si incontravano, appunto San Gallo. Il loro obiettivo è stato per anni quelli di contrastare le pulsioni centralista della Chiesa di Roma, a partire dalla riduzione del potere del Consiglio delle conferenza dei vescovi d’Europa. Uno dei principali avversari di questo gruppo su proprio Joseph Ratzinger, considerato un problema per la sua influenza romano-centrica sulla Chiesa nel periodo di debolezza fisica di Giovanni Paolo II.
“Questi cospiratori, poi, tirano i fili che muovono realtà dichiaratamente progressiste, e l’enorme rete di cripto-progressisti, di para-progressisti, di filo-progressisti e di utili idioti, presenti un po’ ovunque”, chiosa Loredo, che poi specifica: ” Proprio a ciò si riferiva mons. Viganò nella lettera sopra citata: “Come vi è un deep state, così vi è anche una deep Church che tradisce i propri doveri e rinnega i propri impegni dinanzi a Dio”. In questo senso, la denuncia di mons. Viganò non è una novità. Ciò che costituisce novità è il coraggio che ha avuto nel parlarne”.
I laici che oggi contano in Vaticano
Il Vaticano ed i laici triangolano: non è un mistero. Le complicazioni, semmai, sorgono nel momento in cui si cerca di comprendere i “perché” ed i “come”. Anzi, durante questo pontificato, si sta discutendo sull’allargare la gestione ecclesiastica al laicato, con l’episcopato tedesco che è in prima linea in questa battaglia. Ma come si declina questa collaborazione sul piano politico-culturale? Il presidente di Tradizione, Famiglia e Proprietà parte da un presupposto: “Il Vaticano ha sempre potuto contare sulla collaborazione di laici fidati. Come non ricordare, per esempio, la splendente figura del Conte Stanislao Medolago-Albani, stretto collaboratore di Leone XIII e poi, soprattutto, di san Pio X in ciò che riguarda le questioni sociali ed economiche? Papa Sarto lo riteneva un vero braccio destro”. E ancora: “Anche oggi ci sono laici esterni al Vaticano che vi esercitano un’influenza non indifferente. Purtroppo, spesso sono di un orientamento opposto a quello di Medolago-Albani. Potremmo quasi esclamare: “dimmi con quali laici vai e ti dirò chi sei”.
Qualche nome che ha asusnto in questi anni un ruolo di primo piano in Vaticano? “Credo che possiamo cominciare da Eugenio Scalfari. Alcune sue interviste al Pontefice – che egli stesso riconosce non essere ipsis verbis bensì una sua personale reinterpretazione –, nonostante smentite da parte vaticana, sono state annoverate nelle Acta Apostolicae Sedis. Credo sia la prima volta nella storia che un laicista di sinistra detta il magistero della Chiesa”. Non basta: ” In campo economico, ecco Jeffrey Sachs, un ambientalista radicale di scuola maltusiana. Sachs è assessore di Bernie Sanders, il candidato dell’estrema sinistra alle presidenziali americane. Un altro laico vicino a Francesco è Paul Ehrlich, autore di “The Population Bomb”, partigiano di una drastica riduzione della popolazione mondiale, anche con l’aborto selettivo. O ancora Hans Schellnhuber, membro della Pontificia Accademia delle Scienze, promotore della teoria di Gaia. Secondo lui, la terra non dovrebbe avere più di un miliardo di abitanti”. Il che ha fatto discutere, soprattutto negli ambienti tradizionalisti.
Loredo passa ad un’altra questione particolarmente dibattuta, ossia il contributo dato da alcuni laici nella stesura dell’enciclica Laudato Sii, che è associata all’introduzione dell’ecologia quale caposaldo dottrinale: “E parlando della Laudato Sii, possiamo menzionare Leonardo Boff – ormai ex-frate francescano e, quindi, un “laico” – un padre intellettuale dell’enciclica. Boff è uno dei principali esponenti della Teologia della liberazione di ispirazione marxista. “Dobbiamo introdurre il marxismo nella teologia. (…) Vedo segni del Regno nel socialismo sovietico”, diceva.” Un laicato di sinistra cui Francesco guarderebbe con spiccato interesse e che rappresenta uno dei possibili grandi elementi di frattura all’interno del Vaticano.
Massimiliano De Stefano