La Repubblica Islamista dell’Iran è perennemente sugli scudi in tema di violazioni dei diritti umani. Sarebbe bello poter scrivere di passi in avanti a favore della libertà religiosa e di espressione, o quanto meno di un rallentamento della macchina delle condanne a morte degli oppositori e di un trattamento più civile riservato ai prigionieri politici. Invece no, si possono sempre e solo registrare peggioramenti.
Già condannata a 33 anni di carcere e 148 frustate per aver guidato la rivolta delle donne iraniane contro il velo obbligatorio, Nasrin Sotoudeh, 57 anni, lo scorso 11 agosto aveva cominciato uno sciopero della fame in segno di protesta per la mancata adozione di provvedimenti per fronteggiare l’emergenza Coronavirus nel famigerato carcere di Evin a Teheran, dove lei stessa si trova rinchiusa e i detenuti contagiati non vengono messi in quarantena.
Il regime è rimasto però cieco e sordo alla protesta, lasciando con indifferenza che Nasrin continuasse la sua astinenza dal cibo finché, dopo 45 giorni, un’insufficienza cardiaca l’ha costretta a chiedere assistenza medica. Il suo ricovero in ospedale è stato breve, giusto il tempo di riprendere le forze, ma come conferma il marito di Nasrin, Reza Khandan, non le sono stati effettuati gli esami e i trattamenti necessari per risolvere i problemi al cuore.
Nasrin ha così interrotto lo sciopero della fame e a fare lo stesso con lei è stata un’altra attivista, Rezvaneh Khanbeigi, arrestata nel novembre 2019 e condannata a 10 anni di carcere per aver partecipato a manifestazioni di protesta.
Oltre a odiare profondamente le donne e gli oppositori (la terribile impiccagione del 27enne Navid Afkari risale al 12 settembre), il regime odia, sempre di più, anche le altre religioni. È di qualche giorno fa la notizia dell’arresto dei coniugi Hooshmand Talebi e Mojdeh Eghterafi, rinchiusi in un altro famigerato centro di detenzione, quello di Dastgerd vicino Isfahan, dove peraltro sarebbe scoppiato un focolaio di Coronavirus. Marito e moglie in carcere, senza capi d’accusa, e alla figlia di 15 anni il regime ha portato via anche il pianoforte. La loro colpa? Essere di religione Baha’i, i cui aderenti vengono incessantemente bersagliati dai mullah e dai pasdaran khomeinisti.
Di persecuzione in persecuzione, a offrirci uno spaccato di quella oggi in corso contro i cristiani è il nuovo film “Infedele”, ispirato da fatti realmente accaduti che ci raccontano di come siano divenuti numerosi i cristiani iraniani ridotti a praticare la propria fede religiosa clandestinamente, nel privato delle proprie case, per sfuggire alla repressione del regime, che anche nei loro confronti ricorre a intimidazioni e arresti arbitrari.
Se il regime non cambia, anzi peggiora, non si può dire molto diversamente del comportamento tenuto dall’Europa, Italia compresa, verso le gravi violazioni dei diritti umani commesse da Teheran. Della retorica dell’Ue potenza civile in grado di promuovere pace e diritti umani attraverso la diplomazia, restano solo i sorrisi e le strette di mano dell’ex Alto Rappresentante per gli Affari Esteri, Federica Mogherini, con il ministro degli Esteri iraniano, Javad Zarif, che si riflettono oggi nell’indifferenza e nell’inazione di Bruxelles e degli Stati membri di fronte alle suddette persecuzioni.
La priorità è infatti salvare sia l’accordo sul nucleare, che le relazioni economiche, proteggendole dalle sanzioni. Ciò a qualunque costo, anche a quello della vita di Nasrin Sotoudeh e dei tanti iraniani che continuano a “resistere” alla repressione del regime.
Fonte: Opinione.it
Maura Capuano