Freddo, lucido, spietato. Prima di accanirsi contro Daniele ed Eleonora, i due fidanzati trucidati il 21 settembre a Lecce, Antonio De Marco, aspirante infermiere ha pianificato tutto.
Dalla mappadelle telecamere della zona in cui si trova l’appartamento in cui anche lui ha vissuto, alla descrizione minuta di tutte le azioni da compiere senza dimenticare un dettaglio. Follia all’ennesima potenza. Il condominio di via Montello 2 è scosso, come lo sono tutti gli italiani. In questo stabile lo studente modello di scienze infermieristiche ha infierito con 60 coltellate sui poveri corpi di Daniele De Santis, 33enne promettente arbitro della serie C di calcio ed Eleonora Manta di 30 anni, laurea in giurisprudenza e un solido impiego presso l’Inps di Brindisi. Il movente, almeno apparente, sarebbe “la grande felicità della coppia” a cui il duplice omicida, secondo il suo lucido delirio, non avrebbe mai potuto aspirare. Un amore consolidato quello dei due giovani, fidanzati da quattro anni, che da qualche tempo avevano deciso di convivere. Vivere insieme allontanando lui, lo scomodo inquilino che aveva diviso gli stessi ambienti, prima con Daniele e, dal momento della convivenza in poi, con Eleonora con cui sembra non ci fossero buoni rapporti.
Siamo sicuri che suquesto inquietante caso saranno versati fiumi di inchiostro e si sprecheranno i pareri di psicologi, psichiatri, sociologi, criminologi ed esperti di tutti i tipi. Oltre all’orrore suscitato da questa vicenda l’aspetto rivelatore è riferito alla “pancia” del Paese, sono le reazioni provate dal comune cittadino di fronte a tanto orrore.
Indicative, a tal proposito, le dichiarazioni del cosiddetto popolo di Facebook, la nuova tribuna sul mondo che consente di saggiare gli umori, raccogliere gli sfoghi,
intercettare aspetti originali che sui media tradizionali non verrebbero mai alla luce. Ma chi è, realmente, Antonio De Marco? Nulla è trapelato a poche ore dalla confessione agli sconcertati inquirenti sul suo passato, sulla famiglia, su eventuali legami affettivi, amicizie, hobby,frequentazioni, ossessioni ed eventuali perversioni. L’assurdità del crimine commesso portaimmediatamente a considerare una possibile infermità mentale del ragazzo ma al momento, sutale aspetto nulla trapela. “Una belva travestita da agnello” sentenzia Angela su una pagina del social che ha visto in un breve lasso di tempo arrivare più di duemila reazioni e circa un migliaio dicommenti. “Il fatto che questo individuo sia gravemente disturbato non lo assolve” ribatte Mila,“ergastolo a vita”. Come era prevedibile, numerose sono le invocazioni alla massima pena, così come si sprecano le accuse al presunto lassismo della giustizia italiana. “Non sprecatevi con gli aggettivi” consiglia Vito “tanto tra una trentina d’anni è fuori, pena ridotta per infermità mentale”.L’aspetto più inquietante, sottolineato dal popolo di Facebook, è quello riferito agli studi universitari intrapresi da Antonio: scienze infermieristiche. La possibilità che potesse diventare infermiere fa correre un brivido a più di una persona. “Non oso immaginare se diventava infermiere” sostiene
Paola, di rimando Attilio “sono infermiere dagli anni Ottanta, mi chiedo con quale criterio vengono selezionati questi candidati? Povero mondo e quanta tristezza per la nostra professione che dovrebbe essere abnegazione e dono totale di noi stessi per l’altro”. Una doccia fredda, sapere che il lucido assassino avrebbe intrapreso una professione di accudimento, di contatto con l’altro, di grande responsabilità e, se vogliamo, di immenso potere rispetto alle persone fragili bisognose di assistenza. Qualcuno fa riferimento alla pandemia e al confinamento degli italiani. “Questo ragazzo rappresenta la realtà di quest’anno: l’infelicità, l’invidia, le privazioni, le limitazioni creano dei mostri”, e ancora “Insospettabili con comportamenti normali che improvvisamente diventano spietati assassini…quello che è successo deve far riflettere sulla follia della normalità omicida, congratulazioni al magistrato che in breve tempo ha portato alla soluzione del caso”. Altri si soffermano sull’aspetto di De Marco: “Faccia pulita, un ragazzo semplice, impegnato nello studio a 21 anni. Guardatelo bene, non sapete mai chi avete davanti”, poi un riferimento allo sguardo, “una cosa colpisce, un bel ragazzo con uno sguardo vuoto”. E un riferimento al futuro: “fa pena vedere un così giovane ragazzo distruggere tutto il suo futuro in modo barbaro ed efferato. In un mondo dove mancano i valori morali e cristiani si vive male; dove non c’è la speranza del domani c’è l’invidia e tanta violenza repressa”. Violenza, invidia, nessuna speranza: saranno sufficienti per spiegare il più inspiegabile dei delitti? Ci aspettiamo un grande processo, sicuramente ricco di sorprese.