Lorena Quaranta si è laureata nella facoltà di Medicina dell’Università di Messina con 110 e lode. Ma lei, Lorena, non c’era. Non si tratta, in tempi di Covid-19 e di confinamento, di una laurea da remoto, come si usa dire oggi. Tantomeno della discussione di tesi attraverso lo schermo di un computer. La tesi tanto diligentemente compilata da Lorena, con mesi e mesi di preparazione e sacrifici, l’ha discussa Vittoria, sua amica del cuore e collega di corso. Ma non mancavano nell’aula universitaria i genitori di Lorena: la mamma, il papà, i fratelli e la sorella. Eleganti, fieri e composti, hanno assistito commossi a quel traguardo che Lorena ha toccato ma a cui non ha potuto assistere. Si, perché in quell’aula, quel 22 ottobre 2020 Lorena non c’era. Era assente questa ragazza elegante, raffinata, studiosa, con il sorriso acceso e gli occhi intelligenti. Appassionata della vita e rapita dai segreti della medicina. Non c’era quell’animo nobile che sognava di fare la pediatra, di curare i bambini. Non c’era perché lo scorso 31 marzo, quando l’Italia era tutta sui balconi per non sentirsi isolata dal confinamento, Lorena era sola con l’incombente pericolo al suo fianco: il fidanzato Antonio De Pace che l’avrebbe uccisa, in quello che doveva essere il loro nido d’amore a Furci Siculo. Un ragazzo che dichiarava di amarla, che magari l’appellava con i nomi più dolci suggeriti dall’amore. Antonio, di cui lei si fidava, che avrebbe dovuto proteggerla e invece…La 27enne sarebbe stata uccisa al culmine di una lite, probabilmente dallo stesso fidanzato che poi dopo il gesto criminale avrebbe chiamato il 112, avendo tentato il suicidio ferendosi con un coltello. Un gesto non riuscito; il ragazzo sarebbe stato poi trasportato in ospedale da un’ambulanza, controllato a vista dalle forze dell’ordine. Sul luogo della tragedia si sono precipitati i carabinieri della stazione di Santa Teresa di Riva oltre al capitano dei carabinieri di Taormina. Il delitto, consumato in un appartamento della zona residenziale a monte del paese, secondo gli inquirenti sarebbe stato provocato da un oggetto contundente ma a De Pace vengono contestate molte aggravanti tra cui quella della premeditazione. L’inchiesta, aperta dalla Procura di Messina, è stata coordinata dal sostituto Maurizio De Lucia. Al momento della chiusura indagini, i primi di ottobre, la posizione di De Pace si sarebbe aggravata. Secondo il sostituto procuratore della Repubblica Roberto Conte del Tribunale di Messina, l’omicidio sarebbe stato commesso “contro persona legata al colpevole da relazione affettiva e con esso stabilmente convivente”, cosa che non aiuta la posizione del giovane. Emergono infatti alcuni comportamenti che lo inchioderebbero alle sue responsabilità. Prima di commettere il femminicidio De Pace avrebbe inviato due messaggi WhatsApp alla sorella e al fratello, con cui avrebbe manifestato la volontà di trasferire i propri risparmi accumulati nel suo conto corrente, ai nipoti; messaggi che avrebbe poi cancellato dal suo cellulare per non lasciare traccia. Inoltre, De Pace avrebbe commesso il fatto “per motivi abbietti e futili” usando come pretesto la lite incorsa con Lorena. E ora si attendono le memorie del presunto assassino, assistito dagli avvocati Ilaria Intelisano del foro di Messina e da Bruno Ganino del Foro di Vibo Valentia. Avrebbe la facoltà di presentare documenti, produrre testimonianze, chiedere di essere interrogato. Su tutto però emerge la sfida di Lorena, Lorena che, nonostante tutto, si è laureata lo stesso. Con il massimo dei voti e con la lode, come meritava. Il suo sogno spezzato si è realizzato attraverso la voce e il coraggio di Vittoria, la sua amica per sempre. Quel sogno si è finalmente concretizzato grazie al dolore muto e prezioso dei suoi familiari, assistiti dall’avvocato Giuseppe Barba. All’emozione della famiglia si è unita la commozione del Rettore Salvatore Cuzzocrea. “La proclamiamo Dottoressa in Medicina e chirurgia con la votazione di 110/110 e lode accademica”, ha pronunciato con voce stentorea e sicura. La laurea di Lorena è un sasso nello stagno della verità, un pugno nello stomaco dell’indifferenza, uno schiaffo all’ignavia, una coltellata alla società rassegnata. Si è laureata Lorena anche per questo. Per ricordare i pugni, gli schiaffi, le coltellate che hanno ammazzato lei e tutte le donne uccise da chi le chiama “amore”. Per scuotere coscienze, per rimestare anime, per inchiodare cervelli. Per dire basta. Grazie Loredana, da parte di tutte le donne e degli uomini che non si rassegnano a tale sorte.