Mi sia concessa da subito una breve digressione. Insieme a Rita Bastoni – web master; collaboratrice di Paula Gallardo direttrice del Coro Femminile; consigliera dell’APTC, ovvero Associazione dei Piccoli Cantori di Torre Spaccata – arriviamo alla parrocchia di Santa Maria Regina Mundi a Torre Spaccata, facendo una chiacchierata sulla storia della zona e un breve racconto sul perché della sua scelta di abitare e trasferirsi nel quartiere oltre che sulla sua passione di insegnare musica ai bambini e cantare nel coro. Il rione Torre Spaccata è a sud-est di Roma, con un passato di riqualificazione urbana e sociale. Nasce negli anni 60’ (il primo nucleo fu inaugurato il 15 agosto 1961 grazie all’attuazione del cosiddetto “Piano Fanfani” dell’INA-CASA) ed è etichettato quartiere dormitorio satellite di Roma. Passa incolume fra gli anni 70’, quelli del terrorismo e delle Brigate Rosse, come luogo di confino per le frange armate degli anni di piombo. Un quartiere complesso, che si popola inizialmente di gente originaria del centro sud, di ceto medio-impiegatizio, fino a giungere a quella odierna di ceto medio ma culturalmente più alto. Siamo fra via Alessandro Barbosi 6, che è anche l’ingresso della Casa Parrocchiale e del Convento, e via Augusto Lupi, dove c’è l’ingresso principale della Chiesa, un progetto architettonico di Eugenio Montuori. Sono le 11.00. Entriamo. Eccolo il parroco eclettico di Santa Maria Regina Mundi, Padre Lucio Maria Zappatore, per tutti semplicemente padre Lucio, carmelitano e devoto della Vergine del Carmine (ndr. la Festa della Madonna del Carmine [vai] si è celebrata giovedì 16 luglio scorso: la Parrocchia ha festeggiato la propria patrona, Maria, venerata sotto il titolo della B.V. del Monte Carmelo, con una S. Messa solenne serale in cortile; parrocchiani e i devoti presenti, al termine, hanno reso omaggio alla reliquia dello Scapolare appartenuto a san Giovanni Paolo II. La Vergine del Carmine è conosciuta anche come Madonna Fiumarola, quella della “Festa de noantri” che si festeggia in questi giorni a Roma – dal 16 al 27 luglio – nello storico Rione Trastevere. L’edizione 2015 della tradizionale festa sarà dedicata alla valorizzazione di due grandi artisti esponenti della cultura romana: Gabriella Ferri per la musica e Giuseppe Gioacchino Belli per la poesia), romano, musicista e poeta. Colui che, durante l’Udienza ai Parroci romani – il 26 febbraio 2004 – fece salutare in dialetto romanesco Giovanni Paolo II con l’indimenticabile “Damose da fà… volemose bene… semo romani!”. Colui che scrive poesie come Trilussa (vincitore e finalista di diversi concorsi di poesia romanesca; deve questa sua ispirazione vernacolare – come confida nell’introduzione del libretto di opere poetiche nel dialetto di Roma, a Papa Wojtyla, subito dopo la sua dipartita) per dedicarle agli ultimi tre Papi e raccoglierle in un volumetto “All’ombra der Cuppolone” della Casa Curatrice dell’edizione Accademia G.G. Belli, con l’aiuto dell’amico di gioventù Prof. Peppe Renzi e i disegni di Angela Cofano.
Seconda digressione. Mi piace l’idea di poter far rivivere i toccanti i versi, che non si possono riportare tutti, di “Ar Papa nostro, gajardo e tosto! – pe ricordà Giovanni Paolo II –”(Ciài lassati così, a poco a poco, sempre più curvo in quer vestito bianco. ‘Nzino a la fine hai fatto véde er foco ch’abbruciava ner core nun mai stanco…) letti il 18 maggio 2011, nell’Auditorium di via Conciliazione – durante il ringraziamento ufficiale del Comune di Roma per la beatificazione di Papa Giovanni Paolo II (fatto poi Santo dal 27 aprile 2014). La rinuncia coraggiosa di Papa Benedetto XVI si respira in “Habemus Papam! – Ar Papa che sorte: Benedetto XVI” del 13 febbraio 2013 (…Ma er core a me me dice de fidasse: sto Papa… lui lo sa quello che fa, prima ch’er tempo se lo buggiarasse, s’è aritirato solo e in umirtà. E la fede me dice da che esisto, che la Barca de Pietro nun s’affonna; ché, Papa doppo Papa, è sempre Cristo, a manovrà er timone e a sfragne l’onna.). Lunghissima stretta al cuore nel componimento “’Na stretta di mano – ‘na chiacchierata su l’incontro de Papa Francesco co Benedetto XVI”del 23 marzo 2013 in occasione dell’incontro a Castel Gandolfo tra Papa Francesco con il Papa Emerito Benedetto XVI (…Aspetta un po’:… se stanno a abbraccicà! Guarda là quele mano inturcinate, pare che nun se vonno più staccà: è ‘na croce a tenelle ‘ncatenate. Quela stretta de mano arissomija a quanno che se core la staffetta…). L’ultimo al quale abbia dedicato una poesia è proprio Papa Francesco “Papa Francesco – Le confidenze de lo Spirito Santo” del 15 marzo 2013 (…Sto nome l’ho infilato piano piano, tra un vòto e l’artro senza fà rumore; peccui se sò trovati tra le mano, sto Papa, che de certo è un bon pastore. “Francesco…”). Non mancano tematiche dei nostri giorni trattate con sapiente, intensa e pungente ironia che schiettamente propongono in versi concetti e questioni divergenti senza infiorettature. Torniamo a noi. Padre Lucio ci lascia un attimo nella segreteria dell’associazione: altra incombenza. Rita Bastoni mi spiega che:” Padre Lucio Zappatore è non solo il Fondatore dell’associazione ma anche parroco di questa parrocchia, con molti impegni. Già da molti anni ha delegato alcuni compiti che erano propri del Fondatore ad altre persone di fiducia. Attualmente il presidente non è più lui – se ne sono avvicendati diversi – al momento è Antonio Colucci, un avvocato. Abbiamo una segretaria che si occupa di iscrizioni e pratiche. Sono tutti volontari che ricoprono cariche di volontariato: non c’è nessun compenso.”
Poi mi indica la parete alla destra della scrivania e mi mostra tutte le locandine e le copertine dei dischi incisi con Padre Lucio:”Da qualche parte ci sono pure io nelle foto! Il progetto musicale più famoso è stato il primo: Oggi è festa, tradotto in inglese, in portoghese e in swahili per il Burundi. Ci sono anche i canti per i bambini – non sono solo liturgici – di musica prettamente per loro, generalmente in pentatonia, in quanto si usano solo cinque note delle sette eliminando i semitoni e rendendo la musica più semplice e più adatta all’orecchio dei piccoli quali, per esempio, Piccole Gioie, Preghiere Piccole, Ma loro lo sanno che è Natale, Viva le Fiabe. Sono tantissimi i dischi che ha scritto Padre Lucio, lui ha scritto parole e musica, in alcuni casi facendosi aiutare per le parole, come è accaduto, per esempio, in qualche occasione con Daniela Cologgi, ex corista con notevoli capacità che adesso lavora per le Paoline, molto famosa in ambito musicale. Abbiamo partecipato a moltissime manifestazioni: abbiamo fatto 440 concerti. Anzi, con l’ultimo di maggio adesso siamo a 441. Questo sarà l’ultimo anno che Padre Lucio starà qui come parroco.” Su questa ultima frase giunge Padre Lucio e Rita, rivolta a lui, gli dice: “Gli ho raccontato di te, dei tuoi dischi, dell’educare i bambini con la musica alla vita e pensandoci adesso, quest’anno ricorre l’anniversario della nascita dell’Associazione Piccoli Cantori di Torre Spaccata: questo è il 40° anno da quando è nata, nel 1975!”. Dimentichiamoci per un paio d’ore il parroco, sembrano dire le parole d’esordio di Padre Lucio nella sobria tenuta informale senza la veste talare o il saio carmelitano: “Mi ritengo di essere un pedagogista musicale. Io (con gli)co i’ strumenti son negato! Ho provato la chitarra, il pianoforte, l’organo proprio son negato!”. Durante i tre anni di conservatorio ho scoperto che ero portato più per la direzione corale e poi per la pedagogia musicale. Un grande maestro mi ha convinto a dedicarmi alla pedagogia musicale dicendomi ‘se non si insegna ai bambini la musica, questi impareranno sempre a memoria, il che è limitato e poi è oltretutto stancante’. Anche se secondo me ritenevo complicato portare i bambini a leggere la musica, ho seguito il suo suggerimento, provando diversi metodi musicali prima di trovare quello giusto e riuscirci. Il primo è stato il metodo di Orff. L’armamentario di Orff è composto da strumenti a percussione: xilofoni, metallofoni, mazzette, tamburi, tamburelli. Questo metodo da bei risultati perché il bambino impara a tenere il tempo, ma è poverissimo di educazione. Ho provato metodi che vanno abbastanza di moda, come quello della Escolonia de Montserrat per la voce, questa su suggerimento di Mons. Pablo Colino (Mons. Pablo Colino Canonico e Maestro di Cappella emerito della Basilica di San Pietro in Vaticano che ha rilanciato l’Accademia Filarmonica Romana , con insigni incarichi quale direttore artistico). Grazie a lui faccio pedagogia musicale. Mons. Pablo Colino è stato allievo dell’Escolonia de Montserrat, monastero spagnolo in cui i bambini sono selezionati più volte: per essere introdotti per un anno a fare solo educazione musicale e per la voce; poi per due anni sono in prova nel coro; alla fine di tutta questa selezione otto entreranno al posto degli otto che hanno cambiato voce e che usciranno.”.”Troppo stress per un bambino essere sottoposto ad una selezione continua, è una spinta emotiva forte!”, interviene Rita Bastoni. Padre Lucio Zappatore continua:”Però l’Escolonia de Montserrat ha una richiesta d’ingresso straordinaria. Venne qui da noi a cantare il «National choir Boys» di Melbourne (Australia): una serata incredibile con 40 bambini, tutti vestiti di rosso, due ore di concerto, così tutto a memoria, con brani difficili quali quelli di Henry Purcell, per esempio. Alla fine il direttore ci ha detto di non avere alcun problema con l’adesioni dei bambini alla frequenza della scuola, in quanto dispongono addirittura di 400 richieste all’anno. Nonostante vi sia anche una selezione caratteriale di chi vuole segnarsi. Beh, in base al loro criterio di selezione, già la prima comporterebbe lo scarto di tutti i nostri ragazzini!”.
Ed ecco di nuovo Rita Bastoni: “La scelta dell’APTC è diversa: non c’è selezione, tutti possono cantare e soprattutto non esistono gli stonati! Lo garantisco anche per esperienza personale, oltre che per quella di padre Lucio. Grazie a lui che me lo ha insegnato, anche i bambini che hanno delle difficoltà a usare la voce, quindi che sono distonici in qualche modo, con il metodo che usiamo noi, che è il metodo Kodály, vengono invece riabituati ad usare la voce.”. Padre Lucio riprende il suo racconto:“Zoltán Kodály, quello è – concludendo – l’ultimo pedagogista di cui ho provato il metodo. Ho capito che tutto il resto non serviva a nulla. Zoltán Kodály, ungherese, è morto nel 1967. E’ uno dei più grandi musicisti ungheresi, che a un certo punto ha lasciato perdere la musica impegnata per rivolgersi, insieme al compositore Béla Bartók, alla ricerca filologica di tutti i canti tradizionali della fascia ungherese, della zona medioeuropea, in seguito si è dedicato soprattutto alla pedagogia musicale. Kodály è stato così umile da non parlare mai di un suo metodo, ma ha sempre sostenuto di aver trovato e preso quello che di meglio c’era: quindi l’uso delle mani con le note, la chironomia – Guido D’Arezzo usava la chironomia ed ha inventato la scala Ut, fa re mi sol; insegnava la musica ai bambini”.. Altro intervento di Rita Bastoni:”E’ colui che ha inventato la scrittura musicale, cioè lo spartito, la scala.”. Padre Lucio completa:”Guido d’Arezzo insegnava, appunto, musica ai bambini (il suo insegnamento esplicito è nel disegno delle mani con le dita e le rispettive note, ovvero la pentatonia). Nella scala tornando a Kodály, il metodo a cui sono approdato, ho trovato la soluzione alla mia ricerca. Ed ecco perchè la frase educazione con la musica più che educazione alla musica. Chi educa alla musica prepara un artista a calcare le scene del teatro; chi educa con la musica prepara un uomo a calcare le scene della vita perché la musica fa parte del bagaglio di un uomo. Chi educa alla musica, spesso non considera chi è stonato preferendo chi non lo è. Chi educa con la musica, al contrario vede nella persona stonata, colui che ha bisogno della musica. Guai dire ad un bambino “stai zitto, che sei stonato!”. Lo ricorderà per tutta la vita. A questo proposito, ricordo ancora la registrazione di un’intervista a Tg1, in cui ho detto questa frase e il cameramen ha sospeso le riprese per dirmi che lui era uno di questi:”Padre, sono uno di quei bambini. Ancora ricordo quando la suora me lo ha detto!”.
Di converso, con il metodo Kodály, che entra nel cuore, ed è destinato a tutti non si fanno selezioni.” A questo punto padre Lucio ricorda un aneddoto:”Da molti anni, insegno scuola di musica gratis alle scuole elementari per far conoscere alle maestre quello che perdono nel non educare con la musica. In occasione di un concorso per cori di scuola hanno voluto partecipare, nonostante abbia provato a farli desistere. A questo concorso e con mia grande soddisfazione siamo arrivati ultimi, perché ho portato una o due classi complete – non ricordo bene – al contrario degli altri che hanno portato una selezione di bambini. Alla fine di tutto, in confidenza, uno della giuria mi ha detto:”Padre questo concorso era per i cori come il suo non per questi altri.” Non entrerei mai in una classe a dire ‘tu si, tu invece no’: andiamo e cantiamo tutti. Ma che scherziamo? Questo è il vantaggio del metodo Kodály, nell‘educare con la musica. La persona stonata è una persona che ha una scala diversa: basta mettere i pioli al punto giusto e la scala combacia.”. Spontaneamente Rita Bastoni chiosa:”E’ come andare in palestra: si allenano alcuni muscoli che non sono stati utilizzati fino a quel momento. E alla fine anche quella persona che ha questa problematica, questa distonia, viene intonato con gli altri con grande soddisfazione. Ci vuole un po’ di tempo ma ci si riesce.”. Padre Lucio propone un’altra conferma all’uso del metodo per il suo insegnamento:”Quest’anno, qualche mese fa, è venuta una famiglia nuova che si è insediata qui. Doveva fare il battesimo. Mentre prendevo i dati, ho notato che il papà, un uomo di circa quarant’anni, mi osservava. Dopo un po’, questi, mi ha chiesto se fossi Padre Lucio. Naturalmente gli ho risposto di si. A quel punto lui si mette a cantare una canzone ‘Vola uccellino’. Ha cantato la prima canzone, il primo canto che insegnai in prima elementare, in una scuola di via del Fringuello, e anche qui. Quella prima canzoncina gli era entrata nel cuore grazie al metodo di Kodály, fatto di alcune scelte precise.”. E’ il momento di una lezione di pedagogia musicale vera e propria del maestro Padre Lucio:”Nel metodo di Kodály ci sono delle scelte fondamentali, per me irrinunciabili, come per esempio il ‘pentatonismo’. Con esso si scartano i semitoni do re mi sol la. Perché? Perché serve a costruire la base anche per gli stonati, una base sicura di intonazione. L’esperienza della risonanza fa si che se si suona una nota, quale un do, non vibra solo il do ma vibra il do all’ottava il do all’altra ottava: i suoni armonici. Praticamente nei suoni armonici appaiono tutte le altre note, appare la terza, la quinta, il semitono, il primo semitono appare al 14º posto: è lontanissimo dall’orecchio, allora Zoltán Kodály li ha scartati e ha fatto musiche pentatoniche, usando, appunto, cinque note. Zoltán Kodály col suo metodo ha scritto 50 canzoncine pentatoniche, proprio per i bambini piccoli. La cosa buffa è che proponendo queste note pentatoniche sembra di ascoltare un tipo di musica molto simile a quella cinese, proprio perché manca di semitoni. Ed è quello che mi succede quando le propongo ad altri maestri, i quali sostengono che non è cultura nostra, che non abbiamo la musica pentatonica. Ma non è così. Ci ho provato ed ho fatto delle canzoncine pentatoniche italiane – quelle di Zoltán Kodály sono tradotte. Con un po’ di fatica le ho date alle Edizioni Paoline (le canzoni pentatoniche essendo cinque note sciolte non hanno bisogno di chiudere per forza alla tonica al contrario della canzoncina in italiano che alla fine deve finire con il do). Sono riuscito a convincere queste suore e me li hanno pubblicate. Dopo due anni le canzoncine erano andate esaurite! Mi hanno chiesto di farne un’altra serie! Ormai, in Italia esistono le canzoni pentatoniche.
Fondamentale, per me, è la chironomia: i bambini che non sanno ancora leggere usano le mani per le note. Ogni nota è uno speciale segno della mano. La chironomia è un supporto utile per l’orecchio e per l’inizio della lettura musicale. Ogni gesto dell’insegnante riceve una risposta da parte del bambino; l’insegnante abitua il bambino a seguire i gesti”. Poi Padre Lucio passa a dare spiegazioni sul pianoforte temperato e su Bach, do diesis re bemolle che da due tasti diventano uno “Pianoforte temperato vuol dire accomodato. Bach ha fatto questo. C’erano due tasti perché do diesis e il re bemolle non erano uguali. Bach che ha fatto? Li ha messi insieme! Famo finta che so’ uguali! E quindi c’è do do diesis re bemolle: è solo un tasto nero. Ma non è così, basta pensare al violino. Poi rivela che Kodály non voleva vedere i pianoforti nella sala di musica perché non educano il bambino all’intonazione giusta.” Alla fine conclude con:”Se uno parte con buone basi, se ha il talento può diventare professionista”. E Rita bastoni ricorda che “dalla nostra scuola di musica sono uscite diverse persone che si sono scritte al conservatorio come di Nicola Cassetta, Antonio Orsini, Andrea Salvi, Gianni De Rosa. Parecchie persone che hanno seguito il conservatorio e poi hanno proseguito la loro carriera in ambito musicale.”
Arriviamo al momento in cui “La scuola si allargata: da canto corale è diventata scuola totale. C’è anche teatro e danza.”dichiara Padre Lucio, ma ci confessa che la danza in questo momento è sospesa, mentre all’inizio, per cinque anni, è stata una scuola di danza prestigiosa:”E’ venuto il primo ballerino dell’opera di Roma, l’étoile Alfredo Rainò. Un colpo di fortuna. E’ stato mio compagno di scuola quando eravamo ragazzini e i nostri genitori erano paesani, di Lecce. Mi aveva invitato ad una sua esibizione all’Opera, e in una di quelle occasioni gli parlai della mia intenzione di aprire una scuola di danza ma di non aver fretta nel farlo. Il giorno che Alfredo Rainò andò in pensione, venne qui e creò per cinque anni una scuola di danza favolosa. I saggi di danza si facevano all’aperto o in teatro. Ricordo quello in cui i bambini hanno eseguito la “Tarantella” di Rossini: sul palco ognuno di loro sapeva quel che doveva fare che fossero capriole o incroci vari. Erano stati educati a farlo. Il maestro osservava a braccia conserte. Alfredo Rainò è una persona bravissima, umile e disponibile. Ho celebrato il suo matrimonio.” L’intervallo è terminato. Torniamo alla seconda parte della lezione di musica. L’argomento trattato sono i canoni (che non hanno niente a che fare con l’abbonamento televisivo o i grossi cani a cui ho pensato appena ho sentito la parola!). Padre Lucio spiega che”il canone è quella forma musicale in cui entra una voce dietro l’altra, in sovrapposizione e seguendo una stessa linea melodica, principiando l’una dopo l’altra a dati intervalli di tempo. Una forma di polifonia. In Italia il canone non esiste. L’unico canone è quello francese di San Martino campanaro francese (Fra Jack all’estero). Mozart ha scritto canoni. Ho un libretto di 120 canoni, tutti tradotti dall’estero. Il canone, questa prima forma di polifonia cosa fa? Educa il bambino a sentire l’altro, ad ascoltare chi gli sta accanto. Ed è bellissimo perché serve ad integrarci nell’insieme: la musica è sostegno, è incoraggiamento. Ma soprattutto è educazione del cuore.” La lezione è finita. Nella segreteria entra Angela Cofano, ex presidente dell’associazione. Padre Lucio invita:”Vieni vieni, Angela. Entra.” Poi, confermando il giudizio di Angela sulla gatta molto socievole, chiosa:”Principessa sembra un cagnolino adesso. Si, mo’ s’è messa a sede’!”.
A questo punto si considera l’impatto sul quartiere, l’aspetto sociale dell’APCT sul territorio. Il racconto di padre Lucio si trasforma, diventa una chiacchierata, un confronto tra i presenti. Naturalmente il passato è diverso dalla realtà di oggi:”Adesso ci sono dei momenti in cui le cose non vanno, basta pensare ai corsi attivi nei tempi d’oro, chitarra danza teatro flauto e violino pianoforte che non sono fra quelli attivi oggi. Avevamo dei fondi a quell’epoca tramite la Regione Lazio e il Ministero dei Beni Culturali: avevamo la possibilità di fare dei concerti ogni mese eseguiti da professionisti. Questo quartiere di periferia, una volta al mese, di sera (padre Lucio gioca con la gatta Principessa) disponeva della musica sotto casa. Certo spesso si svolgeva tutto grazie alla disponibilità e all’amicizia (come è accaduto con gli orchestrali dell’Orchestra sinfonica della Rai), perché comunque i soldi non sarebbero bastati a coprire le spese. Era una fatica anche portare la gente ad ascoltare musica classica. Ma ci siamo riusciti.” Il carmelitano ricorda Monica Berni, primo flauto dell’orchestra sinfonica della Rai. Di quando le avevano rubato il flauto d’argento e i bambini pensarono a fare una colletta:”Con quei soldi Monica non comprò neppure il fodero del flauto, ma da quel momento lei si è innamorata di noi, della nostra associazione. Abbiamo fatto insieme alcuni dischi. E alla fine ho celebrato anche il suo matrimonio!”.
Si ritorna alla problematica vera. Al fatto che non si riescono più a fare concerti. Rita Bastoni:”Non avevamo bisogno di andare in centro e pagare biglietti costosi, gli artisti venivano qui in parrocchia e i concerti erano completamente gratuiti!”. Inoltre non si possono avere più fondi sia perché non ve ne sono e sia perché non c’è nessuno che segue le pratiche. Padre Lucio:”Al Comune ci dicono che non c’è nulla a cui partecipare per avere dei fondi per queste attività. E poi anche io non c’ho avuto più tempo per seguire queste pratiche. C’era una persona che lo faceva. Mi dava una mano. Una persona favolosa, un pensionato, il caro Passaretti (ndr. Cav. Giuseppe Passaretti morto a 88 anni). Mi accompagnava. Riuscivamo a percepire qualche fondo.”. Rita Bastoni:”Ci sono alcune manifestazioni, a cui partecipiamo qui sul posto, grazie all’assessore dei quartieri di questa zona, con il coro. Come compenso, alla fine, per l’associazione non per i coristi si hanno intorno alle € 200/300: una goccia nel mare se si pensa a quello che servirebbe!”. “A livello di soddisfazioni personali ne abbiamo tante: noi abbiamo cantato al Quirinale, alla messa di Natale, per Scalfaro, Ciampi, per il Papa più volte.”dice entusiasta Padre Lucio. E Rita Bastoni avvalora con la sua affermazione le parole appena dette del parroco:”Una sera d’estate, durante il soggiorno a Castel Gandolfo di Papa Wojtyla, proprio sua Santità chiamò padre Lucio e gli chiese di portare i bambini perché voleva sentirli cantare. Padre Lucio non ha portato soli bambini ma ha coinvolto anche genitori e nonni!”. Padre Lucio:”Facemmo una serata solo per lui, per il Pontefice. Tutti noi, nella piazza, la sera dopo cena, alle otto davanti al palazzo del Papa. E mi ricordo, che facemmo tra i vari pezzi – dato che insegniamo anche strumenti – il Bolero di Ravel, basato tutto su ritmo (tan tatatan): il Papa ha battuto anche lui le mani con il ritmo del bolero insieme ai bambini.”.
Rita Bastoni e Angela Cofano menzionano tutti i meriti di Padre Lucio, dall’amicizia con Papa Woytila e dall’averlo fatto parlare in romanesco, all’essere un poeta che scrive in romanesco poesie per gli ultimi tre papi e anche socio onorario dell’Accademia Giuseppe Gioacchino Belli. Tante altre sono state le soddisfazioni. A padre Lucio torna in mente quando il coro di bambini fu scelto per cantare all’unico concerto di Michael Jackson a Roma:”Cercavano un coro di bambini e scelsero noi. Abbiamo cantato ‘Heal the World’!”. Angela Cofano:”E non siamo riusciti ad ottenere una sola immagine di quell’evento, di quel concerto. Davide Zardi aveva l’esclusiva.”. Padre Lucio:”Abbiamo tutte le foto fino a prima del concerto e durante le prove.”Non mancano altre comparse sul palco insieme ad artisti famosi quali Siria con la canzone L’Angelo, o interpretazioni in fiction col ruolo di doppiatori, come quella dedicata a San Filippo Neri, in due puntate, con Gigi Proietti, insieme al coro della Diocesi di Roma (ndr. “Preferisco il Paradiso”di Marco Frisina, cantata in Piazza San Pietro davanti a Papa Bergoglio, a giugno u.s., durante le giornate degli scout), oppure incisioni di sigle di successo, partecipazioni a doppiaggi musicali, alla colonna sonora del film “Momo”, con musiche di Angelo Branduardi. Intanto che Principessa, il soriano, gioca con lui, il fondatore dell’APCT ha altri aneddoti: ”Abbiamo prestato la voce per tante canzoni. Anche per una famosa all’epoca, “Cominciare” di Laerte, il figlio di Pappalardo, sigla di Fantastico 5 condotto da Pippo Baudo (https://www.youtube.com/watch?v=yFV6NvHXlxc). Fabrizio De Silvestro ha prestato la sua voce per il duetto tra papà e figlio. Abbiamo cantato in televisione con Loretta Goggi e la sorella Daniela, su tutta una serie di filmati: 15 canti dedicati ai bambini.”. Inoltre l’APCT è stata gemellata con il “Martinitt” di Milano, con i “Petit Chanteurs de S.te Marie et S.te Dominique di Bourges (Francia)” e con i “Cantori Veneziani”, ed è iscritta alla Federazione Internazionale dei Pueri Cantores e alla FENIARCO/ARCL (Associazione Regionale Cori del Lazio). A questa scuola sono iscritti annualmente oltre un centinaio di alunni e sono coinvolti una quindicina di insegnanti. Spunta un’altra problematica, un altro dilemma. Rita Bastoni:”Questo è un momento particolare per l’associazione perché padre Lucio alla fine dell’anno non sarà più il parroco della parrocchia. Speriamo che l’associazione, il prossimo anno possa continuare ad esserci. Del resto qui ha la sede legale. Di sotto ci sono le stanze dove facciamo lezione e c’è il teatro”. Padre Lucio pronto:”La continuità ci sarà sicuro. L’associazione ha uno statuto, ha un presidente. E poi ho creato una schiera di collaboratori. Per esempio, quest’anno, il lavoro nelle scuole è stato fatto da due signore.”. L’ultimo appunto che tiene a fare padre Lucio, non per questo meno importante, riguarda il principio guida della scuola di canto corale dell’APCT ovvero insegnare la musica per educare con la musica che comporta, per precisa scelta educativa, di non partecipare a nessun concorso di canto corale. Padre Lucio precisa:”Noi non partecipiamo per chiara scelta pedagogica musicale perché il concorso di musica vede solo i risultati finali, mentre a noi interessa il percorso. Le coppe che ci sono in questa stanza non sono premi di musica, ma li abbiamo ricevute per la partecipazione ad altre manifestazioni, tipo la maratona della parrocchia. Accettiamo volentieri partecipazioni, rassegne corali e inviti vari ma non partecipiamo a nessun concorso di musica.
I concorsi sono uno stress per i bambini, i quali sono sottoposti al giudizio di una giuria che valuta e prende in considerazione solo un aspetto, quello finale – magari ottenuto perché ci si può permettere di pagare tre prove settimanali ad un insegnante o una scuola privata. Un coro come il mio, aperto a tutti con una prova a settimana, non può avere lo stesso risultato.”. Padre Lucio, rimarrà nell’ambito della parrocchia, dell’associazione? Se mi lasciano a Roma sicuramente. Comunque, quando sono stato tre anni a Trapani l’associazione ha continuato le sue attività e il suo servizio tranquillamente. Quando c’è la persona che è il riferimento però… Beh, si il capo carismatico serve. Ma il capo carismatico, ne parlavo ieri per un’altra cosa, ad un certo punto si deve mettere da parte per far posto e perché la cosa vada avanti anche. Ne stavo parlando per la Chiesa, per esempio San Francesco è stato messo da parte. San Giovanni della Croce, il fondatore dei Carmelitani Scalzi, ad un certo punto era stato mandato in Messico, ed è morto. I capi carismatici fanno una brutta fine se non sanno ritirarsi per tempo. Intanto facciamo le foto con Principessa che si accoccola, dandomi il dorso, sotto le carezze di Padre Lucio Maria Zappatore fra carte, appunti, pratiche, spartiti sulla scrivania della segreteria senza lasciarsi intimidire dagli scatti degli sconosciuti. Maria Anna Chimenti