Lo dichiara il presidente di AssoTutela Michel Emi Maritato che spiega: “C’è bisogno di un protocollo nazionale di cura domiciliare, cosa che al momento non esiste. Ci chiediamo come mai i vari commissari, esperti, rappresentanti delle istituzioni non abbiano pensato a questo fondamentale aspetto, che ci avrebbe consentito di evitare le numerose situazioni drammatiche a cui assistiamo ogni giorno”. Il rilievo è indirizzato inoltre alle difficoltà incontrate nella creazione delle cosiddette Usca unità di continuità assistenziale a domicilio, istituite dai decreti del presidente del Consiglio Giuseppe Conte nel mese di marzo per seguire i casi Covid nelle mura casalinghe ed entrate in funzione in numero inferiore del 50 per cento rispetto alle previsioni. “Nel Lazio le stesse sono state sostituite dalle ‘Uscar’ – continua il presidente – bisticcio linguistico che denota però una gestione del tutto diversa dei team, che dovevano essere espressione dei distretti territoriali delle Asl mentre in regione sono gestiti a livello centrale dall’Istituto per le malattie infettive Spallanzani, con risultati insoddisfacenti”. A complicare le cose, una recente sentenza del Tar che, su ricorso del sindacato Smi ha stabilito che le visite a casa non competono ai medici di famiglia ma agli specialisti, che Maritato così stigmatizza: “una situazione complessa e delicata, di tutti contro tutti, in presenza di una epidemia difficile da combattere ad armi spuntate. L’epidemia, che tale non sarebbe con determinate accortezze, deve essere affrontata a casa per questo dobbiamo batterci affinché si ottenga un protocollo nazionale di cura domiciliare e per il rafforzamento della sanità territoriale in ogni regione”, chiosa il presidente.
Massimiliano De Stefano
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