Duecento anni fa, a fine settembre 1815, volgeva al termine, verso la sperduta isola di S.Elena, l’ultimo viaggio di Napoleone, il grande sconfitto di Waterloo che per vent’anni, pur instaurando un regime monarchico-dittatoriale, aveva incarnato il vento della Rivoluzione francese, sconvolgendo in tutta Europa l’ “Ancient Régime”, e gettando le basi dei futuri Stati di diritto. Imbarcatosi il 4 agosto, col piccolo seguito consentitogli, sulla nave inglese “Northumberland”, l’ex-Imperatore avrebbe raggiunto Sant’Elena solo il 17 ottobre. In seguito, dettando le sue memorie allo scrittore, “aristocratico convertito”, Las Cases, Napoleone sarebbe tornato piu’ volte (specie nel capitolo ottavo) sulla dinamica della battaglia di Waterloo: interrogandosi a fondo sugli errori commessi, quel fatale 18 giugno 1815, da lui e dai suoi generali.
Ora, Lit edizioni- Castelvecchi ha pubblicato, a cura di Giulio Martone, la prima traduzione italiana di “La battaglia di Waterloo”: saggio (Roma, 2015, €. 12,50) dello storico francese Henry Lachouque (1883-1971), ufficiale della Legion d’Onore, che ripercorre a fondo i giorni dal 15 al 18 giugno 1815.
Rispetto ad altri saggi sullo stesso tema (come anzitutto il volume degli anni ’80, con ricco corredo iconografico, dello storico inglese Raymond Chandler), questo di Lachouque ha il pregio d’ unire una ricostruzione minuziosa dei fatti a un continuo esame dei documenti disponibili, tratti perlopiu’ dagli Archivi di Stato francesi. Ne esce un sorprendente quadro degli errori commessi sia da un Napoleone incerto, non nei suoi giorni migliori, e già tormentato da quei disturbi al fegato e allo stomaco (probabile localizzazione gastrica della tubercolosi polmonare della gioventu’) che sei anni dopo lo porteranno alla morte, che dai suoi nemici. L’aver lasciato fuggire i prussiani di Blucher, sconfitti a Ligny il 16 giugno, anziché annientarli; non aver subito attaccato, il 17 giugno, l’ armata anglo-olandese di Wellington (affrontata anch’essa il giorno prima), dandole così modo di riorganizzarsi; aver perso un giorno intero (il 17, appunto), passando in rivista le truppe e giocando all’imperatore. L’incredibile mancanza di fiducia reciproca tra Wellington e Blucher; il non aver previsto non solo alcun attacco comune, anglo-prussiano, ma nemmeno alcun congiungimento tra le due armate, salvo quello, determinante per la vittoria finale, di quel fatale pomeriggio del 18 giugno, segnato, per i francesi, dal mancato arrivo del “ritardatario storico” Grouchy.
A proposito di Grouchy (che, non arrivando in soccorso, fece di Waterloo una “Marengo alla rovescia”: a Marengo, il pomeriggio del 14 giugno 1800, l’arrivo del generale Desaix aveva salvato Bonaparte dalla sconfitta), Lachouque scagiona il maresciallo ritardatario dalle colpe rovesciategli addosso dagli storici. Due ordini dello stesso Napoleone, ricevuti da Grouchy lo stesso 18 giugno, che lo impegnavano a marciare in due diverse direzioni (verso Wavre, contro i prussiani, e al tempo stesso verso Mont-Saint Jean, al centro della battaglia, contro gli inglesi), furon determinanti nel creargli incertezze e il fatale ritardo.
Risultato: la sconfitta. Mentre una vittoria di Napoleone a Waterloo avrebbe regalato all’ Europa almeno sei anni di “Empire liberal”: determinanti per una piu’ rapida affermazione – a partire dai moti del 1820- ’21- delle forze liberali e nazionali contro monarchie e Imperi assolutisti.
di Fabrizio Federici