La nostra pelle può essere la spia di una infezione da Coronavirus. E’ quanto afferma uno studio italiano pubblicato sul Journal of the American Academy of Dermatology e coordinato dal Professor Angelo Marzano, il dermatologo che per primo si è ammalato di Covid a Milano nel febbraio 2020 e ricoverato subito dopo il “Paziente 1” di Codogno.
Il team di specialisti ha individuato almeno 6 manifestazioni cutanee che erroneamente possono essere confuse con varicella, orticaria, morbillo, vasculite, geloni e lividi simili ad ecchimosi da trauma, ma che in realtà non sono altro che manifestazioni cutanee del Sars-CoV-2, associate a vari stadi della malattia. In questo caso, come suggeriscono gli esperti, sarebbe bene fare un tampone se sulla cute compare uno di questi sei segnali.
Il Covid-19 dunque non colpisce solamente i malcapitati con febbre, tosse, bronchite o polmonite ma può manifestarsi anche con alterazioni cutanee e per questo motivo diventa fondamentale controllare la pelle perché potrebbe avvisarci che qualcosa sta succedendo nel nostro organismo.
Lo studio è stato condotto su 200 pazienti in tutta Italia ed è il terzo per numero di pazienti osservati a livello mondiale. L’obiettivo era correlare statisticamente i 6 specifici quadri cutanei con la gravità della malattia Covid-19 e i sintomi di quest’ultima (febbre, polmonite, difficoltà respiratoria, etc).
Lo studio ha rilevato che non esiste correlazione diretta tra gravità delle manifestazioni cutanee e gravità della malattia, anche se i geloni sembrano più frequenti nelle persone giovani e con Covid lieve o asintomatica.
Con il supporto della Società Italiana di Dermatologia medica, chirurgica, estetica e delle Malattie Sessualmente Trasmesse (SIDeMaST), 21 Centri di Dermatologia italiani hanno contribuito alla raccolta dei dati clinici dei pazienti con manifestazioni cutanee associate al Covid-19. Le indagini sono state condotte nella prima fase della pandemia, nel mese di marzo 2020.
«La durata media delle manifestazioni cutanee osservata – afferma il Professor Marzano, Professore Ordinario di Dermatologia e Direttore della Scuola di Specializzazione in Dermatologia e Venereologia dell’Università degli Studi di Milano – è stata di 12 giorni; quella dei geloni era di 22 giorni. Inoltre, abbiamo rilevato che i geloni erano il sintomo prevalente tra i giovani ed erano associati ad una manifestazione quasi sempre asintomatica del virus, mentre le altre manifestazioni cutanee erano collegate ad una forma più o meno severa. A questo proposito, due importanti lavori condotti precedentemente a livello internazionale avevano dato come assunto il fatto che le lesioni della pelle più gravi fossero correlate ad una forma più grave di Coronavirus, stabilendo quindi una proporzione diretta tra sintomi cutanei aggressivi e gravità del Covid. Una corrispondenza che invece, in base ai nostri studi, non esiste: non c’è alcuna correlazione diretta tra la gravità della manifestazione cutanea e quella della malattia da Sars-CoV-2. Piuttosto, una correlazione esiste tra aumento dell’età e aumento della gravità della malattia».
«Fin dall’inizio della pandemia – afferma la Professoressa Ketty Peris, Presidente SIDeMaST e Direttrice dell’U.O.C. di Dermatologia del Policlinico Gemelli di Roma – SIDeMaST si è attivata portando avanti diversi studi scientifici focalizzati su malattie cutanee ed infezione SARS-CoV-2 e svolgendo numerose attività di supporto per i pazienti affetti da malattie della pelle. Lo studio coordinato dal Professor Marzano è particolarmente interessante perché conferma che la cute può essere spia di una infezione da Sars-CoV-2. Per questo motivo, è fondamentale controllare ancora di più la nostra pelle, perché potrebbe metterci in guardia ed avvisarci preventivamente su quello che accade nel nostro organismo, dandoci la possibilità di muoverci in anticipo e aiutarci a fare una diagnosi precoce della malattia ed anche evitare possibili ulteriori contagi».
«Il nostro lavoro comunque non si esaurisce qui – conclude il Professor Marzano – vogliamo infatti studiare i meccanismi attraverso i quali il virus produce le lesioni cutanee una volta che si è introdotto nell’organismo attraverso l’apparato respiratorio. Per questo, insieme ai miei collaboratori, stiamo scrivendo un progetto che verrà inviato al Ministero della Ricerca. L’obiettivo è contribuire a una sempre più rapida e approfondita conoscenza della malattia per far sì che la Comunità Scientifica possa sconfiggerla nel più breve tempo possibile».
Daniela Gabriele