La legge 15 gennaio 2021 n. 4 di Ratifica ed esecuzione della Convenzione dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) n. 190 sull’eliminazione della violenza e delle molestie sul luogo di lavoro, adottata a Ginevra nel giugno 2019, è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 26 gennaio 2021 n. 20.
L’Italia è il primo Paese europeo a ratificare questa importantissima Convenzione.
Tre i punti centrali da evidenziare.
La Convenzione dà una definizione piuttosto ampia dell’espressione «violenza e molestie» nel mondo del lavoro comprendendo un insieme di pratiche e di comportamenti inaccettabili, o la minaccia di porli in essere, sia in un’unica occasione, sia ripetutamente, che si prefiggano, causino o possano comportare un danno fisico, psicologico, sessuale o economico, e include la violenza e le molestie di genere.
La Convenzione inoltre tutela ogni tipo di lavoratore. In particolare protegge i lavoratori, intesi nel senso più tradizionale del termine come quelli inquadrati dalla normativa nazionale, ma tutela anche tutti gli altri lavoratori, indipendentemente dallo status contrattuale, che siano in formazione, inclusi i tirocinanti e gli apprendisti, i lavoratori licenziati, i volontari, le persone alla ricerca di un impiego e i candidati a un lavoro.
La Convenzione, infine, si applica alla violenza e alle molestie che avvengono non solo nel luogo di lavoro in senso fisico, ma che si verifichino anche in occasione di lavoro, in connessione con il lavoro o che scaturiscano dal lavoro. Nello specifico sono ricomprese tutte quelle condotte che avvengono:
a) nel posto di lavoro, ivi compresi spazi pubblici e privati laddove questi siano un luogo di lavoro;
b) in luoghi in cui il lavoratore riceve la retribuzione, in luoghi destinati alla pausa o alla pausa pranzo, oppure nei luoghi di utilizzo di servizi igienico-sanitari o negli spogliatoi;
c) durante spostamenti o viaggi di lavoro, formazione, eventi o attività sociali correlate con il lavoro;
d) a seguito di comunicazioni di lavoro, incluse quelle rese possibili dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione;
e) all’interno di alloggi messi a disposizione dai datori di lavoro;
f) durante gli spostamenti per recarsi al lavoro e per il rientro dal lavoro.
La ratifica da parte dell’Italia di questa importante Convenzione rappresenta la premessa per una rivoluzione culturale non più rinviabile.
Del resto, la violenza e le molestie nel mondo del lavoro costituiscono un abuso, una violazione dei diritti umani, una minaccia alle pari opportunità incompatibili con la dignità che deve essere garantita a ogni cittadino. Si auspica, pertanto, che non ci si limiti, come Paese, a ratificare la Convenzione ma si proceda alla sua applicazione, accompagnandola, in tempi brevi, con una serie di provvedimenti che consolidino i principi in essa contenuti.
L’importanza di una cultura del lavoro basata sul rispetto reciproco e sulla dignità dell’essere umano ai fini della prevenzione della violenza e delle molestie è innegabile. Queste condotte, infatti, oltre ad essere incompatibili con lo sviluppo d’imprese sostenibili, hanno un impatto negativo sull’organizzazione del lavoro, sui rapporti nei luoghi di lavoro, sulla partecipazione dei lavoratori, sulla reputazione delle imprese e sulla loro produttività. Sappiamo bene che la violenza e le molestie nel mondo del lavoro hanno ripercussioni sulla salute psicologica, fisica e sessuale, sulla dignità e sull’ambiente familiare e sociale della persona e influiscono anche sulla qualità dei servizi pubblici e privati e possono impedire che le persone, in particolare le donne, entrino, rimangano e progrediscano nel mercato del lavoro.
Anche se può essere un fenomeno trasversale, tuttavia, dobbiamo riconoscere che le molestie e la violenza di genere colpiscono sproporzionatamente donne e ragazze. Sono, infatti, un milione 404 mila le donne che nel corso della loro vita lavorativa hanno subito molestie fisiche o ricatti sessuali sul posto di lavoro: rappresentano l’8,9% per cento delle lavoratrici attuali o passate, incluse le donne in cerca di occupazione (dati Istat del 2016). Spesso queste violenze riguardano proprio chi è più precario all’interno del mondo del lavoro.
Allora, un approccio inclusivo, integrato e in una prospettiva di genere, che intervenga sull’origine delle cause e sui fattori di rischio, ivi compresi stereotipi di genere, forme di discriminazione e squilibri nei rapporti di potere, si rivela essenziale per porre fine a questo complesso fenomeno.
Contestualmente, occorrerebbe anche affrontare altre questioni oramai urgenti per le donne – occasioni che, in parte, l’Europa ci chiede di cogliere con il Recovery Fund – come quelle legate alla rimozione della disparità salariale a parità di lavoro svolto, che consentano la parità di accesso ai lavori e alle carriere e, infine, che garantiscano che la maternità sia una libera scelta e non una scelta condizionata.