di Giuseppe Rigotti
È da giorni che l’esecutivo lavora al nuovo DPCM avendo tra le mani il cerino più pericoloso per le migliaia di commercianti, liberi professionisti, dipendenti e cittadini cui presto si ritroveranno a essere delimitati dall’immane sciagura psichica ed economica.
In questo senso l’avvento del governo Draghi avrebbe potuto rappresentare un primo accesso (in toto), un passo in più rivelatosi salto all’indietro per quel “disastro collegiale” e variegato riconducibile agli imputati in Parlamento: custodi degli stessi -primissimi colletti- che pochi mesi fa divagavano nell’attuare gli emendamenti.
Si intende una mappatura di continuità con il precedente esecutivo, mosse brevi per Regioni al solo proposito di gambizzare una leadership sicura di sé. Così il nostro premier schiva, perisce profanando “silenzio” nella babele delle lingue.
Non includeteci nella babele; la terza ondata arriva come pero acerbo: si accreditava un governo libero e veloce ma l’impianto resta quello incartato nelle proposte in cui avete buttato il sapere per il tempo perso. E ora? Scomporre il CTS è un’approssimazione tanto applaudita quanto confortante.
Tuttavia la continuità di un (Conte bis) a colpi di decreti ci dice che la finestra è impenetrabile al -retaggio- con l’unica certezza della bocciatura lì dove è mancata la concentrazione del ministro Speranza. Costui ha il demerito di non appuntare “domanda giusta” mentre avanziamo con un virus -non-preso per le corna. I nostri politici devono darci un senso alternativo che risulti vitale, poiché comprimere alla solita chiusura significa indebolire la vista su posizioni importanti.
Il premier Draghi non può permettersi di sobbarcarsi un’eredità disastrosa; occorre governare la frana oltre la complessità burocratica (oppure) “Accettare la ripetizione sotto mentite spoglie”.
Redazione