di Giuseppe Rigotti
L’esecutivo appunta l’ennesimo lockdown nazionale: si comprende la necessità di cambiare “rideau” trascurando l’intera parete. Tradurrebbe così uno specialista di (interni). Per ora nessuna traiettoria perseguibile in grado di smuovere la sintomatica azione pubblica, in questo modo traghettare le riforme tra i gruppi variegati diventa una fatica puramente ideologica. Non ci sarebbe nulla di male -ognuno la pensa come crede- ma risparmiateci l’incalzante ed estenuante pantomima consigliata dagli on the road del digitale.
Si è detto che era il migliore dei governi, diverso perché a vele spiegate, attrattivo e gentile con tutte le categorie produttive. E invece si rivela una pentola a pressione che bolle nei momenti di peggiore sconforto; inevitabilmente siamo al punto di partenza con l’ennesima ondata presa a cappello e pernacchie dagli esperti cui abbiamo posto le nostre vite per allacciare “certezza” ed uscirne al più presto (ma né un Tizio né un Caio) nel cosmo degli -esperti virologi-ha osato spalancare la testa consigliando qualcosina in più al ministro Speranza: i cocci c’erano e ci sono tutt’ora, “chiudere” senza cambiare mano non allieta sollievo.
L’unico modo per impedire il caos è prendere iniziativa: lo sa bene Nicola Zingaretti, costui ha deciso di non sopravvivere più in questo modo dimettendosi da segretario del PD, girando i tacchi al partito che letteralmente lo ha codificato ‘vice caposcuola’.
“Nel partito si parla solo di poltrone, non mi resta che fare l’ennesimo atto per sbloccare la situazione” -Ha aggiunto-
Dov’è la comunità politica?
Da qui arriva lo scossone che temevamo, finita la generosità dei martiri il prossimo dono è arrivare fin dove ce n’è bisogno tramutando l’identità dei moderati; compito della politica è generare sponde in ambiente (già inquinato).
Redazione