di Giuseppe Rigotti
Spostare la rivoltella per “potere esistere”, questa è l’immagine angosciante del Pd. Nessuna vera connessione con la realtà, anzi ad aumentare è il maggior numero di
-commensali establishment- con meno rappresentazione sociale in grado di accompagnare gli elettori più scettici; così al comando principale si aggiungono “tolleranze soggettive” lì dove un tempo esisteva una spumeggiante anima riformatrice.
E quel tempo delle mele che inglobava operai, lavoratori, insegnanti precari, artisti e intellettuali ha smesso di palpitare accantonando (idee costruttive) per la quantità di schiamazzi accompagnati. I potentati in auge non accettano consigli con la comunità riconoscente, si lasciano sedurre dai vizi pro temporis inasprendo i rapporti. Nella sostanza ha smesso di allargare le sue funzioni.
C’è bisogno di ricominciare da capo, rifondare un dialogo corposo con i suoi stessi tesserati incappati nell’agenda dei “leader”. Una misura vale zero senza la controparte, così come la critica senza il fermento di immediato cambiamento: i valori non si possono millantare a piccoli pezzetti quando fa comodo. La sinistra va ripensata nella misura delle chiarezze più vulnerabili; non basta decantare slogan ad appannaggio delle azioni sul territorio nazionale, e tuttavia sbarrare la strada per la sola sopravvivenza del ‘chi mi ama mi segua’ dopo aver avuto le redini è il risultato passivo della sciagura (già in atto).
Le dimissioni del segretario N.Zingaretti con la seguente dichiarazione: “Mi vergogno”, lasciano intendere che le spoglie sono rovinate e che esista un condizionamento bieco in cui è possibile incolpare la coda schermendo la testa. Riuscirà il movimento Sardine a cambiare assemblea?
Qui sta il busillis, la ragione deve farsi carico di una confessione profondamente -morale- prima che la violazione diventi avviso di -condanna-. Il prossimo dovrà fare fortuna senza rinunciare alla sua ‘integrità’.
Redazione