Il 22 marzo del 1921 nasceva a Castro dei Volsci, in provincia di Frosinone, Nino Manfredi. E’ figlio di contadini anche se il padre si guadagna i gradi di maresciallo in polizia ottenendo il trasferimento a Roma. Nino è il primogenito ma non sembra promettere bene: scappa più volte dal collegio religioso in cui è stato iscritto da semiconvittore, a 17 anni contrae la tubercolosi, cresce in sanatorio. Tre o quattro volte le sue condizioni si aggravano al punto che gli venne data l’estrema unzione. Ma in sanatorio accadde anche altro: grazie a un’esibizione della compagnia teatrale di De Sica, si innamora della recitazione. Guarito, si iscrive all’università , ma passa le sere a recitare in un teatrino parrocchiale.
Nino, rinuncia gli studi e scappa col fratello in montagna e a guerra finita sembra mettere la testa a posto: torna all’università e in contemporanea si iscrive all’accademia d’arte drammatica. Qui trova in Orazio Costa il suo mentore e, tacitata la famiglia con una stentata laurea in legge, debutta in teatro con Tino Buazzelli nella compagnia Maltagliati-Gassman, per lo più vedendosi affidare ruoli drammatici di autori contemporanei. Passa poi alla scuola del Piccolo Teatro di Milano con Giorgio Strehler e infine, di nuovo a Roma, con Eduardo De Filippo. All’inizio degli anni 50 la svolta, dopo una lunga gavetta che ne forgia la duttilita’ d’interprete: con gli amici Paolo Ferrari e Gianni Bonagura si impone alla radio in siparietti leggeri, tra varietà e commedia musicale (conosce bene le note, sa suonare e cantare). Alla radio trova altri maestri come Vittorio Metz, Dino Verde, Marcello Marchesi che ne intuiscono il talento comico, specie nelle controscene.
Alla fine del decennio conquista il Teatro Sistina con “Un trapezio per Lisistrata” (partner di Delia Scala) e poi trionfa nel ’62 con “Rugantino”, sempre grazie a Garinei&Giovannini. Benché il teatro rimanga per tutta la vita l’amante segreta, il cinema diventa la sua vera casa fin dalla fine degli anni 40 con commediole regionali senza pretese. Alla metà degli anni 50 ha la prima occasione reale con Antonio Pietrangeli e Mauro Bolognini ma il 1955 rimarrà fondamentale nella sua vita soprattutto per il matrimonio con l’adorata Erminia Ferrari (all’epoca indossatrice) che gli darà tre figli e sarà la sua compagna fino alla fine. Intanto a Cinecittà affina le doti recitative adatte a un cinema che sta lasciandosi alle spalle il neorealismo e porta un tono piu’ leggero nella descrizione della gente comune. E’ un progetto che gli calza a pennello e saprà qui sviluppare una serie di caratteri immediatamente familiari allo spettatore: il provinciale timido, il contadino astuto, il piccolo borghese in cerca di fortuna, il giovane e impacciato spasimante.
Negli anni 50 lo scopre anche la televisione (la mitica “Canzonissima” di Antonello Falqui in cui trascino’ per una sera anche l’amico ed ex compagno in Accademia, Marcello Mastroianni), ma Manfredi arrotonda i magri guadagni con buone doti da doppiatore. Proprio la popolarità televisiva lo impone nel cast di un sequel celebre come “Audace colpo dei soli ignoti” (Nanni Loy, 1959). Il decennio successivo promuove finalmente Nino Manfredi tra i “colonnelli” del cinema grazie alla crescente popolarità della commedia all’italiana. Da “Anni ruggenti” (1962) a “Nell’anno del Signore” (1969) e’ un costante crescendo che va di pari passo con l’affermazione dei suoi registi preferiti, da Dino Risi (“Straziami, ma di baci saziami”) a Ettore Scola (“Riusciranno i nostri eroi”). E’ però legato agli anni ’70 il momento d’oro dell’attore che diventerà anche regista e sceglie in piena libertà le sue maschere: il “mostro” Girolimoni per Damiano Damiani; l’emigrante di “Pane e cioccolata” per Franco Brusati, il baraccato di “Brutti, sporchi e cattivi” ancora con Scola, il prete di “In nome del Papa Re” con l’amico più caro, Luigi Magni.
Dietro la macchina da presa si afferma subito con l’autobiografico “Per grazia ricevuta” nel 1971, ma aveva fatto le prove generali da regista dieci anni prima con lo splendido “Avventura di un soldato”, episodio interamente muto nel film a più mani “L’amore difficile”. Sempre negli anni 70 partecipa a due delle avventure cinematografiche più belle della sua carriera: con Luigi Comencini crea un indimenticabile Geppetto per la versione televisiva di “Pinocchio” (1972) e due anni dopo con Ettore Scola dà vita a quel ritratto corale di una generazione che chiude un’epoca della commedia all’italiana grazie al magico incontro fra lui, Vittorio Gassman, Stefania Sandrelli e Stefano Satta Flores sul set di “C’eravamo tanto amati”. Grazie al successo in tv accetta adesso di frequentarla più spesso e si impone anche come cantante portando nella hit parade “Tanto pe’canta’”, versione rivisitata del classico di Petrolini, e poi calcando il palcoscenico di Sanremo; dagli anni 80 in poi invece la sua carriera diventa randomica: ritrova il teatro con un paio di testi da lui stesso scritti e diretti, abbraccia la pubblicità diventando un’icona grazie al talento di Luciano Emmer e all’incantevole coppia con la “nonnina” Nerina Montagnani per una marca di caffè.
Sullo schermo appare sempre più distrattamente anche se il suo canto d’addio (nel 2003, “la fine di un mistero” con la regia di Miguel Hermoso) gli è valso le lodi della critica e il Premio Bianchi alla mostra di Venezia. Subito dopo la fine delle riprese un ictus lo porta in fin di vita e, dopo un rapido succedersi di miglioramenti e ricadute, Nino Manfredi muore a 83 anni il 4 giugno del 2004. Pur essendo ateo dichiarato, ebbe funerali religiosi. Dopo il funerale, celebrato alla chiesa degli Artisti in piazza del Popolo a Roma, alla presenza di circa 2000 persone tra volti noti della politica e dello spettacolo e gente comune, l’attore venne sepolto al cimitero del Verano di Roma.
L’omaggio per i 100 anni:
Quattro anni fa la Rai, grazie alla regia del figlio Luca, gli ha dedicato un bel film per la tv con Elio Germano: In arte Nino che lo ritrae negli anni della formazione, tra il 1939 e il 1959 che si può recuperare su Raiplay. Rai Cultura propone il documentario firmato da Francesco D’Arma e Barbara Pozzoni per In scena su Rai 5, in replica domenica 21 marzo alle 18.15 circa. Il 22 marzo l’omaggio sia su Rai2 (21.20) che su Sky Arte (21.15) con la messa in onda in prima serata di Uno, nessuno, cento Nino, documentario scritto e diretto da Luca Manfredi, che raccoglie il ricordo dell’attore di moglie figli, amici e colleghi che hanno avuto la fortuna di collaborare con lui.
Il Film-Documentario su Nino Manfredi: In Uno, nessuno, cento Nino la figura di Nino Manfredi è descritta dalla sua famiglia ‒ la moglie e compagna di tutta la vita Erminia, le figlie Roberta e Giovanna, i nipoti ‒ e dallo sguardo del figlio, regista e sceneggiatore, cresciuto accanto a un padre dalle molte sfaccettature. Questo grande ritratto biografico è arricchito dalle parole di amici, registi e colleghi, e dalle voci di chi per le più varie ragioni si lega alla storia di vita di Nino: Elio Germano, Edoardo Leo, Massimo Ghini, Nancy Brilli, Enrico Brignano, Johnny Dorelli, Walter Veltroni, Massimo Wertmüller, Lino Banfi. Nel documentario sono presenti interviste di repertorio, filmini privati e contributi che risalgono agli anni Cinquanta, spezzoni di film, serie tv, commedie teatrali e musicali, spot pubblicitari, fino alle frequenti esibizioni canore, che divertivano molto Nino Manfredi, come l’indimenticabile Tanto pe’ canta’ di Ettore Petrolini, a Sanremo.
Ubaldo Marangio