Con la sua requisitoria del 16 febbraio scorso depositata in occasione dell’udienza del 15 marzo scorso, la Procuratrice generale presso la Suprema Corte di Cassazione, dr.ssa Francesca Ceroni, ha messo nuovamente punti fermi su alcune normative che vengono reiteratamente violate in alcuni tribunali e Corti d’Appello, abbattendo la ormai famosa “propensione giudiziaria” della c.d. alienazione genitoriale, con cui i figli vengono allontanati dai propri genitori.
La Procuratrice Ceroni, che vanta enorme esperienza in campo minorile, già in passato ha fatto parlare di sé con le sue dichiarazioni con cui ha più volte ribadito che “I figli non si tolgono neanche ai mafiosi”. Ed ancora è l’artefice della richiesta di ritorno a casa della bimba data in affido; ricordate il caso degli “anziani genitori”, così soprannominati (ritenuti troppo “anziani” per crescere la loro figlia) a cui era stata sottratta la figlia sulla base di un’accusa di abbandono di minore, pochi minuti in auto per scaricare la spesa, accusa poi decaduta anche in Cassazione.
Pas e dintorni
Sulla c.d. PAS, si è già espresso più volte anche il ministero della Salute e recentemente anche il Ministro della Salute Roberto Speranza, rispondendo ad una interrogazione parlamentare al Senato presentata dalla Presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio nonché su ogni forma di violenza di genere, sen. Valeria Valente. Così riporta la risposta: “detta “sindrome” non risulta inserita in alcuna delle classificazioni in uso, come la “International classification of diseases” ( ICD 10), o il “diagnostic and statistical manual of mental disorders” ( DSM 5), in ragione della sua evidente ascientificità dovuta alla mancanza di dati a sostegno.
Nonostante la mancanza di evidenze scientifiche nella letteratura medica, la sindrome di alienazione genitoriale continua ancora oggi ad essere utilizzata in ambito giudiziario. Infatti, sono ancora molti casi di bambini affidati ad un genitore sulla base dell’uso improprio della PAS, così come sono molti i casi di bambini inviati alle comunità rieducative.
Questo ministero, già nel 2012, ha puntualizzato la non attendibilità della PAS e il rischio dell’uso distorto di tale diagnosi nei casi dei bambini contesi, proprio a fronte del mancato riconoscimento del disturbo in questione sia dalla parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sia da parte di tutta la Comunità scientifica internazionale.
In particolare, nei casi di violazione attribuibili a difetti o abusi di competenza o coscienza medica, il Ministro della salute si attiva tempestivamente ogni qualvolta venga a conoscenza presunte violazioni di norme deontologiche, chiedendo all’ordine professionale di riferimento di effettuare gli opportuni accertamenti e di comunicare al Ministero gli esiti.
Anche qualora siano segnalati casi di diagnosi di PAS da parte di medici e psicologi, il Ministero della Salute ha cura di informare con sollecitudine gli ordini professionali di appartenenza, per gli accertamenti sulle eventuali violazioni di norme deontologiche.
Rientra nell’ambito delle competenze del Ministro della giustizia intraprendere le adeguate iniziative finalizzate a garantire che, nelle sedi processuali, non vengano riconosciute patologie prive delle necessarie evidenze scientifiche, tanto più pericolose, poiché aventi ad oggetto decisioni in materia di minori”.
Anche la scienza è dalla parte dei bambini che devono vivere nell’amore dei genitori. Fonte Ansa: “Separare figli dalla mamma può far deragliare lo sviluppo del cervello. Il potere che il tocco materno ha sul bimbo è talmente importante che se improvvisamente venisse a mancare, rischierebbe di far ‘deragliare’ il cervello del piccolo. Ad approfondire questo legame, che passa attraverso la modulazione della serotonina, il cosiddetto ormone del buonumore, sono stati gli esperti della Society for Neuroscience”.
Le libertà fondamentali delle persone e delle persone minori di età
Le osservazioni della requisitoria della Sostituta Procuratrice Generale, dr.ssa Ceroni, per l’ accoglimento di un ricorso per la cancellazione di una sentenza della Corte d’Appello di Roma mostrano come a volte alcuni provvedimenti incidono “sui diritti di natura personalissima e di primario rango costituzionale” e che “ possono comprime pesantemente le libertà fondamentali delle persone e delle persone minori di età, la libertà personale, di domicilio, di comunicazione, di circolazione e, dunque, devono godere del massimo delle garanzie” secondo precisi articoli della Costituzione “.
Ed ecco che ricorrono sempre gli stessi termini utilizzati di frequente per allontanare i figli dai genitori ed in particolare dalle madri “ nel provvedimento impugnato non viene indicato alcun fatto, circostanza o comportamento tenuto dalla madre pregiudizievole al figlio, ma sono unicamente evocati concetti evanescenti, come “l’eccessivo invischiamento”, “il rapporto fusionale”, rispetto ai quali è impossibile difendersi non avendo essi base oggettiva o scientifica, essendo il risultato di una valutazione meramente soggettiva”; “ senza però neppure chiarire quali siano gli effetti pregiudizievoli sul figlio, che non risulta avere alcuna patologia o disturbo di personalità. La Corte territoriale imputa però alla madre “di aver indotto al convincimento che l’interazione con un genitore (la madre) dovesse determinare l’esclusione dell’altro e del di lui ramo familiare”.
Nel caso de quo, la procuratrice elenca una serie di violazioni poste in essere dai giudici della Corte d’Appello di Roma come pure la violazione “non tanto il principio di bigenitorialità, ma il diritto del fanciullo a mantenere la continuità affettiva e di cura con la madre, oltre a violare il suo diritto alla conservazione all’habitat domestico, da intendersi come il centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si esprime e si articola la vita familiare, che per giurisprudenza costante deve essere protetto in quanto luogo che maggiormente favorisce l’armonico sviluppo psico-fisico del minore (ex multis Cass.32231/18)” ed ancora “il giudice di merito è tenuto ad accertare la veridicità del fatto dei suddetti comportamenti e deve altresì accuratamente accertare “le ragioni del rifiuto del padre da parte della figlia” (cfr. Cass.6919/2016)”, come pure di “omettendo totalmente di approfondire gli episodi di percosse riferiti dal OMISSIS e di verificare gli esiti dei procedimenti penali, seguendo un vecchio paradigma per il quale giudizio civile e giudizio penale corrono su binari separati”.
Ascolto del minore come diritto fondamentale
Parimenti la Dr.ssa Ceroni elenca alcune convenzioni come quella di Istanbul più volte violata, come pure “alla violazione del diritto fondamentale del bambino all’ascolto” come adempimento necessario (minori di età che abbiano compiuto i 12 anni o anche gli infradodicenni se capaci di discernimento) nelle procedure giudiziarie che li riguardino e costituisce, pertanto violazione del principio del contraddittorio e dei principi del giusto processo il mancato ascolto che non sia sorretto da espressa motivazione sull’assenza di discernimento che ne può giustificare l’omissione” (così a partire da SU Cass.22238/2009 seguite da interpretazione conforme tra le più recenti Cass.16410/20)”
E, quindi, ci chiediamo cosa raccontiamo ai bambini come Francesco, Lorenzo, Jacopo, Caterina e tanti altri bambini ancora che sono stati illecitamente allontanati dai propri genitori che li amano, utilizzando forme di violenza. Cosa rispondiamo loro se “il giudice è tenuto a motivare adeguatamente le ragioni per le quali ritiene di adottare un provvedimento contrario alla volontà chiara e reiterata manifestata dal minore capace di discernimento, ancor di più se la sua decisione può incidere su diritti fondamentali come quelli del minore ai suoi legami familiari, essenziali per lo sviluppo della sua personalità e sulle sue libertà inviolabili (basti solo ricordare che il decreto impugnato colloca il minore contro la sua volontà in struttura e gli fa divieto di comunicare liberamente con la madre)?”.
Cosa rispondiamo ai genitori che vivono l’inferno degli allontanamenti dai loro figli, molte volte strappati dalle loro braccia ed a molte donne che ancora oggi sono sottoposte a violenza da parte dei compagni/mariti/ex mariti se “preme ancora segnalare come la prassi dei tribunali civili e minorili di ignorare la violenza o i maltrattamenti nei confronti dei figli, è severamente stigmatizzata nell’ultimo rapporto adottato il 15 novembre 2019 e pubblicato il 13 gennaio 2020 dal Grevio. Il Grevio sottolinea come la sicurezza del genitore non violento e del bambino debbano essere un elemento centrale nel decidere del miglior interesse del bambino per quanto riguarda gli accordi sull’affidamento e le visite. Sebbene il Grevio sostenga il diritto del bambino a mantenere un legame con entrambi i genitori, previsto dall’art.9, comma 3, della Convenzione ONU sui diritti dell’Infanzia, l’esposizione alla violenza domestica -come vittima o testimone- richiede delle eccezioni alla regola nel miglior interesse del bambino”.
L’Ermellina fa riferimento anche l’art.31 della Convenzione di Istanbul in tema di Custodia dei figli, diritti di visita e sicurezza OMISSIS. La corte territoriale ha violato la norma sovranazionale appena richiamata, norma, si ripete, che ha il rango di parametro interposto nella gerarchia delle fonti, nonché la direttiva 2012/29/UE..”
“Scusate ci siamo sbagliati”, dovrebbero almeno essere risposte dovute, come pure porre immediato rimedio, scuse e rimedi a danni irreversibili che non arrivano mai, ma intanto la loro vita è segnata per sempre, nella totale violazione della giurisprudenza, delle normative nazionali, sovranazionali, delle sentenze della Corte di Cassazione e delle convenzioni europee.
Auspichiamo, quindi, che anche questa requisitoria possa essere di esempio concreto e che semplicemente le leggi vengano rispettate nelle nostre aule giudiziarie, così da non assistere più a scene strazianti di urla di bambini che vengono strappati dalle mani dei loro genitori e vite devastate.
Di Giada Giunti