S. Ubaldo nato a Gubbio intorno al 1084, dalla nobile famiglia dei Baldassini, ordinato sacerdote nel 1114, fu canonico della cattedrale. Dopo l’incendio che, nel 1126, distrusse buona parte della cittadina, si adoperò per la ricostruzione della cattedrale, della canonica e dell’ospedale. Rifiutò il vescovato di Perugia, ma fu obbligato da papa Onorio II (1124-1130) ad accettare quello di Gubbio nel 1129.
Evitò alla città di essere distrutta da Federico Barbarossa nel 1155. Morì a Gubbio nel 1160 e venne canonizzato da Celestino III (1191-1198) nel 1192. Si festeggia il 16 maggio. Sant’Ubaldo (1085 – 1160) Ubaldo Baldassini fu vescovo di Gubbio nel 12° secolo, erano gli anni bui del Medio Evo in cui i Comuni lottavano tra di loro per la supremazia, e Gubbio si trovò coinvolto in una guerra sanguinosa contro Perugia, Gualdo Tadino e altre 9 cittadine confinanti, coalizzate tutte contro di lei, ma la storia narra che Gubbio, guidata dal suo Vescovo S. Ubaldo, uscì vittoriosa dalla guerra, sconfiggendo miracolosamente tutti i suoi nemici. Un altro episodio storico che vide il Vescovo di Gubbio ergersi a difesa del suo popolo, fu in occasione della calata in Italia di Federico Barbarossa, essendo Gubbio attaccata, S. Ubaldo si recò dall’ imperatore e riuscì a renderselo amico, ottenendo che Gubbio fosse risparmiata. La morte del Vescovo avvenne il 16 maggio del 1160, lunedì di Pentecoste, dopo una lunga ed estenuante malattia, e dopo le esequie solenni il santo feretro fu deposto in un sarcofago di marmo nell’ antica cattedrale di Gubbio. Dopo 32 anni, nel 1192, fu canonizzato e proclamato Santo da Papa Celestino III e allora il Corpo incorrotto venne trasferito nella basilica a lui consacrata, costruita sul Monte Ingino che sovrasta la città e posto in un’ urna di vetro.
Ricorrenza per il Sant’Ubaldo è offerta di cera al patrono e si venera al patrono con la festa dei Ceri , si svolge a Gubbio il 15 maggio di ogni anno e consiste nel trasporto in corsa di tre Ceri coronati da tre statue di Santi: sant’Ubaldo (patrono di Gubbio), san Giorgio e sant’Antonio Abate. È una delle più antiche manifestazioni folcloristiche italiane e non è da confondersi con una rievocazione storica, infatti si tratta di un evento che si ripete annualmente e che si è svolto con cadenza ininterrotta dal 1160 al 2019. La festa riveste ancora oggi un ruolo fondamentale, sia dal punto di vista sociale che da quello culturale per la comunità eugubina. È vissuta con grande attaccamento da tutta la cittadinanza ed è caratterizzata da forti passioni e sentimenti che ne esprimono valori e contraddizioni. Tali sono l’importanza e la popolarità, anche a livello regionale, della manifestazione, che dal 1973 i Tre Ceri rappresentano il simbolo della Regione Umbria e sono stilizzati nel suo gonfalone e nella bandiera ufficiale.
Origini
La tradizione vuole che sia una festa religiosa cattolica in onore di sant’Ubaldo Baldassini (1085-1160), vescovo e patrono di Gubbio, e sarebbe il frutto della trasformazione di un’originaria offerta di cera che le corporazioni medievali eugubine donavano al patrono. Tali corporazioni davano luogo al trasporto dei tre Ceri: quello dei muratori e scalpellini (sant’Ubaldo), merciai (san Giorgio) e asinari (sant’Antonio). Questa interpretazione fu ampiamente sostenuta e documentata da Pio Cenci (1908), sacerdote ed epigrafista eugubino, e trova ancora oggi concorde la maggior parte degli storici.
Esistono comunque altre ipotesi, non documentate, che sono state prospettate nel corso del tempo. Esse si possono ridurre a due grandi insiemi: ipotesi “pagana” ed ipotesi “eroica”.
Secondo l’ipotesi “pagana” la Festa dei Ceri avrebbe origine da riti pagani precristiani, forse da una cerimonia in onore della dea Cerere (da cui il nome ceri), legata al risveglio della primavera. Questa interpretazione della festa già ipotizzata nel 1684 da Bonaventura Tondi fu approfondita da Herbert M. Bower (1897), un antropologo inglese che accostò molti aspetti della festa al rituale descritto nelle Tavole Eugubine e congetturò che i Ceri fossero una testimonianza dell'”antico e diffuso culto dello Spirito dell’Albero”. L’ipotesi “pagana” venne accolta da tutti i linguisti e gli antropologi, e trovò ovviamente molti sostenitori negli ambienti anticlericali. In base all’ipotesi “eroica” la festa celebra il ricordo della vittoria su undici città alleate contro Gubbio riportata dagli eugubini nel 1151, per intercessione miracolosa del vescovo sant’Ubaldo, patrono ma anche padre della patria. Secondo questa teoria i Ceri sarebbero dei carri-trofei di guerra e la parola “cero” potrebbe derivare da carroccio. L’ipotesi “eroica” fu formulata da don Angelo Carucci (1605) e successivamente da Girolamo Beni (1848), trovando un discreto consenso nel periodo risorgimentale ed in quello del ventennio fascista.
Medioevo
Dal punto di vista documentale i Ceri nacquero con la morte di Sant’Ubaldo (16 maggio 1160). Dopo una vita esemplare di padre spirituale della città, ma anche dopo averla salvata dai pericoli temporali, come l’assedio da parte delle undici città confederate (1151) e dal saccheggio da parte dell’imperatore Federico Barbarossa (1155), egli fu subito venerato come un santo.
Papa Celestino III lo canonizzò con apposita bolla del 5 marzo 1192, permettendo agli eugubini di festeggiarlo “hilariter” (con gioia), come già avevano cominciato a fare. L’11 settembre 1194 il corpo di Sant’Ubaldo fu trasferito in una chiesa a lui dedicata eretta sul monte Ingino, il colle che sovrasta Gubbio, ai piedi della rocca nei pressi della pieve di San Gervasio. Da allora nacque la consuetudine di svolgere una grande processione che prevedeva una “Luminaria”, cioè l’offerta devozionale di cera con processione, e che aveva luogo alla vigilia della anniversario della morte (15 maggio). Tale processione risaliva il monte fino a raggiungere il sepolcro del patrono.
Lo statuto del 1338 obbligava i rappresentanti delle comunità nel territorio comunale e delle arti a prendere parte alla Luminaria di Sant’Ubaldo.
Anna Rita Santoro