Una mobilitazione continua e costante, non solo la sostituta procuratrice generale della Corte di Cassazione, dottoressa Francesca Ceroni (Cassazione requisitoria Sost. Proc. CERONI) contro la PAS e gli allontanamenti coatti dalle madri, ma anche continue sentenze che annullano plurimi affidi esclusivi ai padri, con accuse di Pas alle madri.
Sono numerose le sentenze che si schierano contro la PAS, ossia questa teoria ascientifica della alienazione genitoriale, oppure chiamata sindrome di alienazione genitoriale. Il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM) non riconosce la cd. sindrome di alienazione genitoriale (PAS) come malattia, ma si utilizza nei tribunali per allontanare i figli dalle madri in presenza di uomini violenti.
Anche il ministro della salute Roberto Speranza si era già espresso recentemente (29 maggio 2020, Ministro Speranza risposta PAS) sulla ascientificità della Pas, rispondendo ad un’interrogazione parlamentare presentata dalla presidente della Commissione femminicidio nonché su ogni forma di violenza di genere al Senato, Valeria Valente che si batte fermamente contro l’utilizzo della Pas nei tribunali.
Risponde il ministro Speranza “è una parola definitiva: la Pas non è una patologia e non può essere utilizzata nei processi di separazione, specie nei casi di violenza domestica; per questo il ministero chiarisce che, qualora siano segnalate diagnosi di Pas da parte di medici o psicologi, informa i relativi Ordini professionali per gli accertamenti sulle violazioni delle norme deontologiche. Sarà mia cura inviare questa risposta al ministero della Giustizia, chiedendo di predisporre gli strumenti necessari al rispetto di queste indicazioni”.
Quello che ormai non sorprende più nel leggere i decreti dei tribunali dei minorenni, le decisioni delle sezioni famiglia dei tribunali ordinari e le stesse Corti d’appello e nelle relazioni dei CTU, ossia il consulente tecnico d’ufficio, nominato dal giudice, sono i cd. copia incolla. Infatti leggendo numerosissime relazioni (ogni caso dovrebbe essere a sé) dei consulenti tecnici, dei servizi sociali, tutori e curatori speciali, ci si imbatte sempre nello stesso rituale “rapporto simbiotico e fusionale, madre malevola, madre conflittuale, madre inadeguata ed ostativa, dimensione unica e fagocitante, obblìgo di lealtà con la madre, rapporto con il figlio talmente esclusivo ed appropriativo, conflitto di lealtà che la madre, il bambino è già in ritardo nel processo di separazione dalla propria madre, frutto dell’alienazione materna, fatica a svincolarsi dalla relazione fusionale”. Vengo sollevate accuse alle madri, senza mai fornire prove certe di un comportamento “pregiudizievole ed inadeguato”. Molto spesso la madre cerca soltanto di difendersi dall’ex marito violento e soprattutto difendere il proprio figlio.
Non è bastata la sentenza 13274 del 2019, come numerose precedenti, con cui la Cassazione stabiliva che l’affido esclusivo di un minore a un genitore non si può fondare solo sulla diagnosi di sindrome dell’alienazione parentale (PAS) o sindrome della ‘madre malevola’, ad impedire gli allontanamenti dei figli dalle madri, per cui la Cassazione si esprime nuovamente cassando definitivamente la PAS nella sentenza numero 13217/21 emessa in data 21 gennaio 2021 e depositata il 17 maggio c.a.
E non mancano gli avvocati che si ergono a scienziati nei loro atti vedono Pas dappertutto: “presunta malattia del minore, strumento per esercitare la Pas; denunce a persecuzioni (dirette ed indirette), strumento utilizzato per esercitare la Pas; abbandono ed incustodita al fine di esercitare la Pa; inosservanza dell’obbligo di istruzione al fine di esercitare la pas; delega a soggetti terzi per la ripresa del minore a scuola, ancora al fine di esercitare la Pas; relativamente al fallimento dei percorsi a sostegno alla genitorialità, fallimento preorganizzato con il fine di esercitare la Pas”.
Dalla già indicata sentenza della Corte di Cassazione emerge chiaramente che le decisioni della Corte d’appello di Venezia sono state prese solo ed esclusivamente sulla base delle relazioni della CTU senza che il giudice di merito, che è peritus peritorum, abbia verificato sia la fondatezza delle relazioni e sia le prove con cui si basava la relazione, ossia la PAS essendo teoria ascientifica.
Infatti nella sentenza si parla di “due Ctu espletate si evinceva non solo un elevato grado di conflittualità della coppia dei genitori “; “ la prima CTU sulla base dei colloqui clinici e della osservazione dei comportamenti della reclamante risultava una scarsa flessibilità della madre di accettare il ripristino delle relazioni tra padre e figlio, emergendo la sua volontà di mantenere la figlia con sé escludendo il padre, in contrasto con quanto concordato e suggerito durante la consulenza; la rappresentazione di visioni non veritiere da parte della reclamante e la ferma resistenza della stessa modificare le proprie convinzioni; una dinamica relazione fondata su elevata tensione, anche in presenza della minore; l’influenza della famiglia materna sulla reclamante con prospettive dannose rischiose; la necessità di collocare la minore presso il padre, ritenuto unico genitore in grado di dare equilibrio e serenità alla bambina”. Ed ancora “ la successiva Ctu aveva confermato quanto indicato nella prima, suggerendo anche l’affido super affido a fronte del comportamento della signora da cui era sorto il rischio di alienazione del minore rispetto al padre (rilevando altresì che la madre sembrava affetta dalla cosiddetta sindrome di madre malevola” .
Ciò può significare che probabilmente la violenza è stata scambiata per conflittualità e le Ctu si sono basate su “colloqui ed osservazioni”, quindi non fatti e prove certe, per allontanare un figlio dalla propria madre, senza tener conto dei danni devastanti ed irreversibili che provoca un allontanamento talvolta coatto, specialmente in una particolare fase delicata della crescita evolutiva del minore.
Si accusa la madre di “comportamenti scellerati”, gravi carenze della genitorialità, gravità dei suoi comportamenti”, senza mai provare con fatti oggettivi quale sarebbero queste accuse.
La nuova ordinanza depositata il 17 maggio (Cassazione 13217_2021)
I quattro punti dell’accoglimento del rigetto
“La Cassazione ritiene quattro punti che motivano l’accoglimento del ricorso da parte della madre.
il primo motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli articoli 155, 315 bis, 337 ter, quater, quinques e octies, c.c., 62,194, 709 ter c.p.c., in quanto la Corte d’appello aveva aderito acriticamente alle Ctu le cui risultanze erano fondate sulla diagnosi della cd. PAS, sebbene in maniera non esplicita.
Secondo motivo
Il secondo motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 155,333, 337 ter, quater e octies, c.c., con riferimento alla mancata verifica dell’attendibilità scientifica della teoria posta a base della diagnosi di sindrome della mamma malevola e alla qualificazione della omissis come genitore condizionante. In particolare, la ricorrente si duole che le risultanze peritali non siano state fondate su dati clinici e che la Corte territoriale non abbia effettuato una valutazione comparativa degli effetti sulla minore del trauma dell’ allontanamento dalla casa familiare rispetto al beneficio atteso, nel senso che il provvedimento impugnato non appariva ispirato al superiore interesse del minore in quanto il dolore dalla forzata separazione della minore dalla madre era rimasto sullo sfondo rispetto alla ritenuta prevalenza dell’interesse all’attuazione coattiva del diritto alla bigenitorialità. La ricorrente lamenta altresì che il giudice d’appello abbia del tutto troncato il rapporto con la nonna materna sull’erroneo presupposto che anche quest’ultima avesse mirato ad estraniare il padre.
Terzo motivo
Il terzo motivo deduce l’omesso esame di un fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, consistito nella mancata valutazione comparativa degli effetti sulla minore del trauma dell’allontanamento dalla casa familiare il rispetto al beneficio atteso
Quarto motivo
il quarto motivo denunzia violazione degli artt. 3, 6,12,16,19 della Convenzione Internazionale di New York sui diritti del fanciullo, degli artt. 3-6 della Convenzione Europea di Strasburgo nonché dell’articolo 337 octies c.c. sull’ascolto del minore e dell’articolo 8 Cedu. In particolare, la ricorrente si duole del fatto che il decreto impugnato abbia leso l’interesse della minore in quanto solo circostanze eccezionali potrebbero determinare la rottura del legame familiare, E giustificare il mancato ascolto del minore”.
La Corte di Cassazione, quindi, ritiene i quattro motivi tra loro connessi, fondati, “invero la Corte territoriale ha fondato la propria decisione sul contenuto delle Ctu i cui punti salienti destano significative perplessità in punto di fatto e di diritto e non possono essere condivise, per quanto si darà appresso. Al riguardo, la Corte territoriale, in sostanza, ha disposto il super affido della minore a favore del padre esclusivamente sul rilievo che la condotta della omissis in quanto conflittuale con i Ctu e con l’ex partner, sarebbe stata finalizzata all’ estraneazione della minore dal padre, ovvero ad allontanarla da quest’ultimo.
Va osservato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di affido dei figli minori, qualora un genitore denunci comportamenti dell’altro genitore, affidatario o collocatario, di allontanamento morale e materiale del figlio da sé, indicati come significativi di una sindrome di alienazione parentale (PAS), ai fini della modifica della modalità di affidamento, il giudice di merito è tenuto ad accertare la veridicità del fatto dei suddetti comportamenti, utilizzando i comuni mezzi di prova, tipici e specifici della materia, incluse le presunzioni, ed a motivare adeguatamente, a prescindere dal giudizio astratto sulla validità o invalidità a scientifica della suddetta patologia, tenuto conto che tra i requisiti di idoneità genitoriale rileva anche la capacità di preservare la continuità delle relazioni parentali con l’altro genitore, a tutela del diritto del figlio alla bigenitorialità e alla crescita equilibrata e serena (Cass. N. 6919 16).
Il giudice di merito, nell’aderire alle conclusioni dell’accertamento peritale, non può, ove all’ elaborato siano state mosse specifiche e precise censure, limitarsi al mero richiamo alle conclusioni del consulente, ma è tenuto – sulla base delle proprie cognizioni scientifiche, ovvero avvalendosi di doni esperti e ricorrendo anche alla comparazione statistica per casi clinici- a verificare il fondamento, sul piano scientifico, di una consulenza che presenti devianze dalla scienza medica ufficiale e che risulti, sullo stesso piano della validità scientifica, oggetto di plurime critiche e perplessità da parte del mondo accademico internazionale, dovendosi escludere la possibilità, in ambito giudiziario, di adottare soluzioni prive del necessario confronto scientifico e potenzialmente produttive di danni ancor più gravi di quelli che intendono scongiurare (Cass. N. 7041/2013).
Il contenuto e le conclusioni delle CTU sono in molti punti generici e non chiari circa la ritenuta carenza della capacità genitoriali della ricorrente.
In realtà, la Corte territoriale ha valorizzato, ai fini della decisione impugnata, alcuni rilievi critici privi di concretezza empirica, che costituiscono generiche deduzioni tratte da premesse di non univoca interpretazione.
Infatti, a sostegno della pronuncia in esame, la Corte territoriale ha fatto riferimento a “gravi ripercussioni ed effetti sulla minore, “a condotte scellerate” della madre senza però indicarle e specificarle, nonché ad un comportamento “improntato a gravi carenze nella genitorialità con volontà tesa ad estraniare la minore dal padre a fronte di una situazione in cui si denota la buona volontà genitoriale del” omissis omettendo di esplicitare quali siano stati gli specifici pregiudizi per lo sviluppo psicofisico della minore, peraltro non considerando le possibili conseguenze di una brusca separazione della minore alla mamma”.
In altri termini, il riferimento alla condotta tesa ad estraniare la figlia dal padre – sostanzialmente ricondotta alla cosiddetta PAS, ovvero alla cosiddetta ‘sindrome della madre malevola’ – e la evidenziata conflittualità con l’ex partner, non appaiono costituire fatti pregiudizievoli per la minore alla stregua della descrizione delle vicende occorse, tenuto comunque conto del controverso fondamento scientifico della sindrome PAS, cui le Ctu hanno fatto riferimento senza alcuna riflessione sulle critiche emerse nella comunità scientifica circa l’effettiva sussumibilità della predetta sindrome nell’ambito delle patologie cliniche.
Ed ancora chiarisce la Cassazione che “in materia di affidamento dei figli minori, è stato affermato che il giudice deve attenersi al criterio fondamentale rappresentato dall’esclusivo interesse morale e materiale della prole, privilegiando quel genitore che appaia il più idoneo a ridurre al massimo il pregiudizio derivante dalla disgregazione del nucleo familiare e ad assicurare il migliore sviluppo della personalità del minore. L’individuazione di tale genitore deve essere fatta sulla base di un pregiudizio prognostico circa la capacità del padre o della madre di crescere ed educare il figlio, che potrà fondarsi sulle modalità con cui il medesimo ha svolto in passato il proprio ruolo, con particolare riguardo alla sua capacità di relazione affettiva, di attenzione, di comprensione, di educazione, di disponibilità ad un assiduo rapporto, nonché sull’apprezzamento della personalità del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell’ambiente che in grado di offrire al minore.
Orbene, nella fattispecie deve escludersi che la Corte d’appello, nel disporre l’affidamento esclusivo del minore al padre, abbia garantito il migliore sviluppo della personalità del minore stesso, escludendo l’affidamento condiviso.
Puntualizza la Corte di Cassazione che in merito alle accuse mosse nei confronti della madre sono state avanzate “in mancanza di condotte di oggettiva trascuratezza o incuria verso” la minore. “Al contrario, proprio riferimento della Corte veneziana il buon rapporto di accudimento del minore da parte della ricorrente dimostra plasticamente il travisamento in cui lo stesso giudice d’appello è incorso nel ritenere che la omissis fosse stata protagonista di un comportamento concretizzante l’invocata cd. Pas.
Da tale impostazione del provvedimento in esame discende anche la consumabilità del riferimento al padre quale unico genitore “in grado di dare equilibrio e serenità alla bambina”, affermazione che è il diretto di quanto argomentato sulla PAS”.
La Corte di Cassazione dà così un ulteriore colpo di grazia “la pronuncia impugnata appare, dunque essere espressione di una inammissibile valutazione di tatertyp, ovvero configurando a carico della ricorrente, nei rapporti con la figlia minore, una sorta di colpa d’autore connessa alla postulata sindrome”.
La tatertyp (tipo di reo) è un termine giuridico tedesco, che fa riferimento a una teoria nata in Germania nel 1940, in pieno periodo nazista, basata sull’idea che si può essere soggetti a punizione non tanto per il fatto commesso quanto piuttosto per il modo d’essere della persona.
Di fronte al rifiuto di un bambino di frequentare un genitore occorre capire che se un figlio respinge un genitore vuol dire che quel genitore non è in grado di stabilire un sano rapporto con il proprio figlio, oppure agisce con metodi violenti. Ognuno si costruisce un rapporto con l’altro, per cui non è inconcepibile che una terza persona sia conseguenza del mancato rapporto di due singole e ben precise persone.
La sostanza è sempre la stessa, serve una drastica riforma della giustizia.
Di Giada Giunti