Historia magistra vita. Historia vero testis temporum, lux veritatis, vita memoriae, magistra vitae, nuntia vetustatis – di Ciceroniana memoria -. «La storia è testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra della vita, messaggera dell’antichità» Dalla storia dovremmo trarre suggerimento, attingendo alle esperienze dei momenti delle più grandi sofferenze che l’umanità ha attraversato,per trarne conseguenzialmente i comportamenti più idonei per venirne fuori. La pandemia nell’ultimo biennio ha messo in ginocchio il mondo e, i suoi effetti non sono ancora scongiurati – come ha sostenuto il presidente dell’Istat Blangiardo – alla fine del 2020 “verrà superato il confine dei 700mila morti complessivi”, il numero più alto di decessi mai registrato, anche considerando gli anni più cruenti (1944) del secondo conflitto mondiale. Alla fine il Covid-19 avrà mietuto più vittime della guerra. Gli effetti – sulla vita della comunità di questa seconda decade degli anni 2000, sono completamente simili al primo periodo della ricostruzione post-bellica: economia da riavviare, produzione da riprendere, ri-pensare in grande il “nuovo progetto Italia” e intraprendere con serietà ogni azione idonea per continuare a dare vita alla comunità creativa del popolo dello stivale e concretezza al loro talento; per assicurare continuità credibile e futuro radioso al nostro straordinario patrimonio demoetnoantropologico, storico e artistico. In realtà, però oggi, pur disponendo di sofisticatissime evolute tecnologie, di strumenti d’avanguardia e di esperienze di grande spessore; dobbiamo sottolineare che – al contrario del dopoguerra – quando scattò quella molla invisibile della solidarietà e del sostegno reciproco per le imprese da compiere, che andava al di là della condizione sociale e politica; oggi questo non è per niente percepibile, né si scorgono segnali di unità e di rispetto reciproco. La politica – senza leader credibili – persegue nel dare il peggio di se stessa, non attribuendo responsabilità a “uomini” che hanno già dato un segno, altruista e capace, del loro attaccamento alla comunità; ma persevera spudoratamente nell’indicazione di dilettanti allo sbaraglio, di lobbisti, di caste e di gruppi di affini per sesso, che – dal nulla – compaiono come gli avvoltoi all’approssimarsi di ogni consultazione. Miseri omuncoli senza storia che cercano solo di utilizzare “i binari della politica” per proprio profitto, senza avere alcun progetto in testa, ma solo pronti e lesti per poter spendere i “soldi dei bilanci delegati” e a rastrellare qualche “briciola caduta”. Basta dare una occhiata alle candidature proposte per i Municipi di Roma, per avere una idea concreta dei “Cetto La Qualunque” ai quali andremo ad affidare le sorti del potere locale più vicino e più necessario al popolo – anche se qui sono in gioco, le sorti della Capitale d’Italia, della millenaria storia dell’Urbe. L’emergenza ha poi allontanato, ancora di più, la Pubblica Amministrazione dalla società e dalla umanità contemporanea. Nel momento più grave di questa anomala crisi socio-relazionale, lo smart working ha amplificato – in larga parte – la latitanza, l’anonimato, il menefreghismo e la non condivisione delle necessità del popolo. Non è messo meglio il settore privato, gli affari miliardari delle aziende private per la salute hanno incrementato non solo i guadagni ma – e soprattutto – hanno amplificato avidità e protervia e, la sfacciata speculazione sulla salute pubblica. Adesso – durante questo nostro tempo comune – c’è una escalation di “imprenditori” capaci… di tirar fuori decine di conigli dal cilindro del cappello a tuba, meglio del mago Silvan. “Specchietto per allodole e merli” sono il leitmotiv di tanti nuovi negozi. Allestimento griffato …magari dal Cugino di “Arvaro” o di “Versacce ‘n’antro litro”, come proferisce da tempo il “volgo di Roma”; bellissimi solo all’apparenza, in realtà centrali di disservizi e grandi cafonate di spessore considerevole. Molte attività possiedono solo quello che hanno in mostra e, speculando su quello che l’incauto acquirente non può conoscere, vendono cose che non possiedono! Previo anticipato pagamento ordinano direttamente alle fabbriche – i piazzisti – sono i novelli capitalisti da strapazzo, quelli che hanno individuato aziende convenienti (per loro) nel Burundi, in Oceania o nella striscia Temperata Equatoriale. All’acquirente è proposto un formale contrattino con tanto di date di consegna del materiale acquistato e di penali, che verranno puntualmente disattese. Molte volte una schiera di addetti, schierati tutti in doppio petto – come i croupier dei grandi casinò – qualificati come professionisti del settore, si rivelano tecnici che non riescono a non azzeccare neanche il calcolo di base per altezza, facendoci rimpiangere il meno colto degli operai della tradizione edile italiana. Gli “imprenditori dei nostri soldi” però, dinanzi ad ogni disservizio e a ogni inadempienza, sanno bene a chi attribuire colpe e responsabilità. La mortificazione del cliente è assicurata e costante. C’è da non fidarsi, da rimarcare punto per punto ogni accordo e se è possibile registrare ogni colloquio. E’ sempre difficile difendersi dai “furbi”, oggi a maggior ragione, proprio per il bene “comune” e per una “ricostruzione” efficace e ben fatta, non vorremmo ri-assistere ancora passivamente, ai brindisi goderecci di quella classe di delinquenti-affaristi-