La giornalista putignanese Elisabetta Gonnella, ha scritto un’altra opera letteraria intitolata “Gabbie di gomma”, edizioni Etabeta. La prima presentazione del libro si è tenuta oggi pomeriggio presso la Birreria Attenti al Luppolo! a Noci (BA) all’interno dell’evento “Chiostri, inchiostri e claustri” promosso da “Formiche di Puglia”. A settembre, invece, è prevista la presentazione a Putignano nel contesto dell’evento “Plebiscito di libri”. Noi di Paese Roma abbiamo incontrato l’autrice per porle alcune domande.
Gabbie di Gomma è un giallo che ho definito “contaminato” perché intorno al giallo vero e proprio legato al ritrovamento di uno scheletro risalente agli anni ’70, prendono forme altre storie di vite. Così i protagonisti, ovvero il commissario di polizia Sante e la giornalista Greta durante le indagini si confrontano con storie di famiglie, già provate dal conflitto mondiale, che, affannosamente, affrontano un dopoguerra difficile; con vicende di giovani degli anni ’70 che tentano di trovare il loro spazio nel mondo, soffocati da famiglie, ancorate ad antiche usanze e regole, cieche ai mutamenti socio-culturali dell’epoca; vite che, come la Fenice, riescono a risorgere dalle proprie ceneri; vissuti indelebilmente macchiati da una incommensurabile furia umana. Gli eventi indirizzeranno gli investigatori anche alla ricerca di un bambino scomparso che si rivelerà importante nel completamento di un puzzle di vite sospese, vissute nell’inconsapevole attesa della tessera mancante.
In realtà è meno strana di quanto può sembrare perché quando leggiamo un libro alla fine ci resta sempre qualcosa che sia una frase, un fatto ma anche un solo termine. Io chiedo al lettore, semplicemente, di rendersi conto di questa cosa approcciandosi alla lettura con consapevolezza e invitandoli ad ascoltare di più sé stessi, le proprie emozioni, a leggere i segnali che il nostro corpo ci manda.
C’è un certo punto del libro in cui qualcosa cambia. È lì che si comincia a imboccare la strada giusta per la soluzione del delitto?
Questa è un’altra scelta fuori dagli schemi. In realtà non è quello il punto dove si comincia a intravedere la soluzione ma è, sicuramente, il punto dove comincia la rinascita di alcuni personaggi, dove il cupo, il tetro che ha caratterizzato le storie fino a quel momento comincia a cedere il passo alla luce, all’esplosione di colore che genera la speranza, alla voglia di lasciarsi alle spalle il brutto per prendere il bello che la vita ci offre.
Questa volta mi piaceva l’idea che la copertina fosse realizzata da una persona del mio paese, non professionista del settore ma che fosse in grado di disegnare le mie parole. Mi è stata indicata Anna Mirizzi che non conoscevo, una giovane imprenditrice con l’hobby della pittura. Ci siamo incontrate ed è stata subito intesa. Anna mi ha proposto diverse immagini, troppo belle, tant’è che poi ho deciso che quelle non scelte come copertina diventassero immagini interne.
Mi piacerebbe che ogni copia del libro lasciasse un piccolo segno nella vita di ogni lettore e che grazie allo stesso lettore vivesse la sua nuova vita.
Non so proprio ma idee strampalate mi vengono spesso!