(fonte il Tempo Quotidiano, Susanna Novelli
Sono talmente invisibili che non si sa neanche, esattamente quanti siano. Il numero oscilla dai 12mila ai 44mila. Sono i minori affidati alle case famiglia. Nella maggior parte dei casi unica «ciambella» di salvataggio per salvarsi da situazioni di estremo degrado morale, di violenze e abusi che altrimenti rischierebbero di rovinare la vita a centinaia di bambini innocenti. Un terreno difficile, dove tuttavia anche un solo caso di minore strappato ingiustamente all’affetto dei propri cari è un fallimento di un’intera comunità, di quel sistema di diritti che uno Stato civile e democratico dovrebbe garantire. Vale insomma il principio giuridico del «meglio un colpevole libero che un innocente in galera».
Eppure di storie, o meglio di vite rovinate per mano dello Stato ce ne sono tante nel farraginoso sistema dell’affido in casa famiglia. Alcune fonti statistiche fotografano una realtà che vale dai 5 ai 12 miliardi di euro, con un «tariffario» che va dai 100 ai 400 euro a bambino, oltre l’indotto. Un argomento «scivoloso» che per comodità spesso si preferisce ignorare. I cartelli apparsi a Montecitorio la settimana scorsa tuttavia ne impongono la lettura. Giada, Laura, Chiara, nonna Sofia. Simbolo di centinaia di famiglie divise, spezzate, spesso senza che neanche gli involontari protagonisti ne capiscano davvero il motivo. Bambini portati via con la forza. Il loro grido, seppur silenzioso, arriva. Il 30 agosto le mamme coraggio scenderanno di nuovo in piazza. Di fronte a quella Camera dei Deputati che dovrebbe garantire a loro, ma soprattutto ai loro bimbi, il diritto inalienabile all’amore.
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Intervista all’onorevole Maria Teresa Bellucci (FdI)