L’integrazione scolastica degli alunni con disabilità ha conosciuto fasi importanti nella storia della scuola Italiana.
Iniziando dalla legge 517/1977, che ha dato avvio al processo d’integrazione scolastica, la produzione normativa su questo tema ha avuto una vera e propria evoluzione.
Le leggi:
104/1992 (Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate),
170/2010 (che ha riconosciuto la dislessia, la disortografia, la disgrafia e la discalculia come Disturbi Specifici di Apprendimento),
il decreto ministeriale n.5669 del 12 luglio 2011 (attuativo della legge 170/2010)
la direttiva ministeriale del 27 dicembre 2012, che amplia il perimetro della riflessione sull’inclusione introducendo il concetto di Bisogni Educativi Speciali (BES), seguita dalla relativa circolare ministeriale applicativa n. 8 del 6 marzo 2013, hanno dato inizio, ad un difficile, ma ormai inevitabile, processo di cambiamento dell’organizzazione della scuola italiana. Siamo giunti ad un punto di svolta, in cui il “vecchio” concetto d’integrazione, cioè, consentire al “diverso” la maggior partecipazione possibile alla vita scolastica, deve lasciare il posto al concetto di “inclusione” e cioè comporre gli ambienti educativi in modo tale che siano adeguati alla partecipazione di tutti, ciascuno con le proprie modalità. In ogni classe ci sono alunni che richiedono un’attenzione speciale per una varietà di ragioni: svantaggio sociale e culturale, Disturbi Specifici di Apprendimento e/o disturbi evolutivi specifici, difficoltà derivanti dalla non conoscenza della cultura e della lingua italiana perché appartenenti a culture diverse, quindi i Bisogni Educativi Speciali sono, molti e diversi e una scuola che include deve essere in grado di leggerli tutti e di dare le risposte necessarie e adeguate.
La scuola “inclusiva” deve essere quella scuola che non si limita a promuovere la partecipazione, l’inclusione e l’apprendimento di tutti gli allievi, a prescindere dagli specifici bisogni educativi di ciascuno, ma deve essere anche quella che soprattutto, coglie la presenza di BES come un’occasione di ripensamento di pratiche educative e didattiche
Storicamente la nozione di Bisogni Educativi Speciali compare per la prima volta in Inghilterra nel Rapporto Warnock del 1978. In questo documento è suggerita la necessità di integrare, nelle scuole della Gran
Bretagna, gli alunni considerati «diversi» attraverso l’adozione di un approccio inclusivo basato sull’individuazione di obiettivi educativi comuni a tutti gli alunni, indipendentemente dalle loro abilità o disabilità.
In un secondo momento, con lo Special Educational Needs and Disability Act del 2001, è affermata la necessità di prevenire ogni forma di discriminazione riguardo all’ammissione a scuola degli alunni con Bisogni Educativi Speciali e di promuovere la loro piena partecipazione alla vita scolastica, coinvolgendo le famiglie.
In seguito, l’adozione a livello mondiale del Sistema ICF (International Classification of Functioning, dell’Organizzazione Mondiale della Sanità 2002-2007), ha fatto nascere una nuova visione del concetto di salute umana, di funzionamento e di disabilità, imponendo cambiamenti anche a livello normativo.
Il modello ICF considera la persona nella sua globalità, come un sistema complesso e interconnesso in cui interagiscono diversi “fattori” personali e ambientali, in un’ottica di salute e non di malattia, con l’ICF si parla di limiti alla partecipazione sociale e non più di handicap; di disabilità che può originare anche da motivazioni contestuali ed ambientali, considerando la globalità e la complessità dei funzionamenti delle persone.
Il modello ICF è uno strumento di classificazione e di descrizione, della salute e della disabilità che ha lo scopo di fornire un linguaggio standard e unificato che serva da modello di riferimento. Fondandosi sul profilo di funzionamento e sull’analisi del contesto, il modello ICF ci consente di individuare i Bisogni Educativi Speciali (BES) dell’alunno.
Sulla scia di questo nuovo orientamento culturale, anche in Italia, sono state emanate leggi che introducono nell’Ordinamento Scolastico Italiano il concetto di Bisogno Educativo Speciale e riaffidano alla scuola il ruolo di garante del successo formativo, ponendola al centro del processo d’identificazione precoce delle difficoltà e richiedendole il compito di lavorare in modo personalizzato e individualizzato e di intervenire in modo funzionale nel potenziamento delle abilità e nel recupero delle difficoltà
La Legge 170/2010 sui DSA, la Direttiva del 27/12/2012 e le successive Circolari e Note Ministeriali aprono la strada ad un’attenzione particolare ai Bisogni Educativi degli allievi e elino i bisogni dei bambini e dei ragazzi e forniscano loro tutti gli strumenti necessari ad affrontare il percorso scolastico e formativo nel miglior modo possibile.
Nella Direttiva Ministeriale del 27/12/2012 i BES sono descritti come una macro-categoria che si divide in tre grandi aree (sotto-categorie):
1. Disabilità ( ritardo cognitivo, minorazioni fisiche, psichiche e sensoriali)
2. Disturbi evolutivi specifici (DSA, ADHD, Funzionamento intellettivo limite (FIL),
disturbi dell’area verbale e disturbi dell’area non verbale, disturbi della coordinazione motoria, disprassia,disturbo dello spettro autistico lieve, disturbo evolutivo specifico misto ecc.)
3. Svantaggio socio-economico, culturale, linguistico.
Tutti gli alunni che appartengono a queste categorie sono BES e hanno il diritto di avere accesso a una didattica individualizzata e personalizzata, che evidenzia l’unicità di ogni studente, con le sue peculiari caratteristiche d’apprendimento non standardizzabili e il suo diritto ad essere accompagnato alla piena realizzazione di se stesso.
Nella Direttiva è precisato che: “In ogni classe ci sono alunni che presentano una richiesta di speciale attenzione per una varietà di ragioni” (D.M.27/12/2012,)
“… ogni alunno con continuità o per determinati periodi può manifestare Bisogni Educativi Speciali o per motivi psicologici, sociali rispetto ai quali è necessario che le scuole offrano adeguata e personalizzata risposta” (D.M. 27/12/2012,)
Questo comporta la ridefinizione del perimetro d’intervento educativo e di responsabilità di tutta la comunità educante ed estende a tutte quelle situazioni in cui è presente un disturbo clinicamente fondato, diagnosticabile ma non ricadente nelle previsioni della Legge 104/92, né in quelle della Legge 170/2010, i benefici della Legge 170/2010, vale a dire una didattica individualizzata e personalizzata, strumenti compensativi o dispensativi
e modalità di valutazione ad hoc