Il codice civile, nel porre a carico dei genitori il mantenimento, l’istruzione, l’educazione e l’assistenza morale dei figli, individua, quali canoni di orientamento e misura dell’adempimento di questo obbligo, da un lato il rispetto delle capacità del figlio e delle sue inclinazioni naturali e aspirazioni, e dall’altro i redditi e le sostanze dei genitori e la loro capacità di lavoro professionale o casalingo.
Se è vero, infatti, che il diritto del figlio al mantenimento, anche dopo il raggiungimento della maggiore età, non esclude il suo dovere di adoperarsi per rendersi quanto prima economicamente autonomo, impegnandosi con profitto negli studi o nella formazione professionale e attivandosi, completati gli stessi, per il reperimento di un’occupazione adeguata alle proprie capacità ed alla propria specializzazione, nonché compatibile con le opportunità reali offerte dal mercato del lavoro, è anche vero, però, che è compito dei genitori assecondare, per quanto possibile, le inclinazioni naturali e le aspirazioni del figlio, consentendogli di orientare la sua istruzione in conformità dei suoi interessi e di cercare un’occupazione appropriata al suo livello sociale e culturale, anche mediante la somministrazione dei mezzi economici a tal fine necessari, senza forzarlo ad accettare soluzioni indesiderate.
Pur ribadendo che l’assegno di mantenimento non persegue una funzione assistenziale incondizionata e illimitata per i figli maggiorenni disoccupati giacché l’assegno è revocabile qualora i figli non abbiano raggiunto l’autosufficienza reddituale per loro colpa, la Suprema Corte precisa alcuni aspetti.
Nel caso affrontato, una ragazza maggiorenne, dopo aver lavorato per un breve periodo, non essendo soddisfatta, ha ripreso gli studi universitari; tale comportamento, secondo la Corte, non costituisce sintomo di un ingiustificato rifiuto di rendersi economicamente indipendente, ma della volontà di impegnarsi attivamente per condurre a termine gli studi e trovare un’occupazione più confacente ai propri interessi.
Con ordinanza n. 23318 del 23 agosto 2021, la I sezione civile della Corte di Cassazione ha affermato che l’obbligo di contribuire al mantenimento del figlio maggiorenne ma ancora impegnato negli studi universitari, trova giustificazione nel principio secondo cui il predetto obbligo non cessa immediatamente e automaticamente per effetto del raggiungimento della maggiore età da parte del figlio, ma perdura finché non venga fornita la prova che quest’ultimo ha raggiunto l’indipendenza economica, ovvero è stato posto nelle concrete condizioni per potere essere economicamente autosufficiente, senza averne però tratto utile profitto per sua colpa o per sua scelta.
Il predetto accertamento dev’essere effettuato tenendo conto dell’età, delle aspirazioni e dell’effettivo conseguimento di un livello di competenza professionale e tecnica da parte del figlio, nonché dell’impegno dallo stesso profuso nella ricerca di un’occupazione e, più in generale, della complessiva condotta personale da lui tenuta dal momento del raggiungimento della maggiore età.