Si è svolta due giorni fa la visita a Roma del Primo ministro albanese Edi Rama. Artista di formazione, ex giocatore della nazionale albanese di pallacanestro, politico di lungo corso, leader del Partito Socialista albanese, Rama si è fatto le ossa alle arti della politica prima come ministro della cultura poi come sindaco di Tirana, città che ha guidato dal 2000 and 2011 trasformandola in una delle capitali più gradevoli dell’Europa Sud-orientale. Primo ministro dal 2013, è al suo terzo mandato alla guida del governo della Repubblica delle aquile. Incontrandolo nel suo ufficio di Tirana si nota immediatamente la sua vena artistica, ma anche il suo stile di leadership deciso, necessario per guidare la transizione di un Paese soffocato per 45 anni dalla dittatura più oscurantista d’Europa. Innamorato dell’Italia, così come la maggioranza degli albanesi, ama esprimersi in perfetto italiano, appreso dalla nonna.
Rama è stato accolto da Draghi a Palazzo Chigi con tutti gli onori che si riservano ad un grande amico. Come era giusto che fosse. Dai dossier discussi, almeno ufficialmente, si può capire il livello di (mancanza di) “profondità” della politica estera italiana.
Premettiamo che l’Albania è un Paese strategico per l’Italia, così come lo sono Libia e Tunisia. Posto sulla riva orientale del Canale di Otranto, la nostra sicurezza ci impone di assicurarci che dall’altra parte dello stretto si installino regimi a noi amici, o per lo meno non ostili. Per ragioni di sicurezza militare, ma anche per i nostri approvvigionamenti energetici (il gasdotto TAP che dalle coste albanesi arriva in Puglia ci porta quasi 10 miliardi di metri cubi di gas all’anno) e per il controllo dei flussi migratori che attraversano la rotta balcanica.
Draghi ha ringraziato Rama per gli aiuti fornitici dall’Albania nel marzo del 2020, quando nella fase più acuta della pandemia Tirana inviò personale medico e paramedico in aiuto dei nostri ospedali.
E’ stato confermato il pieno sostegno dell’Italia all’ingresso dell’Albania nell’UE. Tirana ha soddisfatto tutte le precondizioni necessarie per l’avvio dei negoziati di adesione, i quali sono però bloccati dal veto della Bulgaria alla Macedonia del Nord. I destini europei di Skopje e Tirana sono infatti legati da quando i partner europei hanno optato per la modalità “o entrambi o nessuno”. Nel corso del 2020 il Consiglio dell’UE prima e il Consiglio europeo poi hanno dato luce verde all’avvio dell’ultima fase dei negoziati con entrambi i Paesi ma in dicembre è intervenuta l’opposizione della Bulgaria all’avvio dei negoziati con la Macedonia del Nord a causa della disputa sulle radici della lingua macedone. Né la possibilità di avviare i negoziati con la sola Albania sembra una strada percorribile, come confermato da Draghi in conferenza stampa. Il quale ha anche tirato le orecchie alla Bulgaria, ricordando come «il primo allargamento dell’Unione europea ha preso moltissimo tempo» e «il processo di integrazione della Bulgaria continuerà».
Si è deciso di rafforzare la cooperazione sul fronte della sicurezza e della giustizia. In particolare, Rama ha annunciato l’assistenza che verrà data alla formazione dei giovani albanesi da parte della scuola italiana della magistratura e dell’accademia italiana di polizia. Ciò è ottimo, per consolidare il legame tra i due Paesi.
E’ stata annunciata la firma tra Rama e il ministro degli esteri Di Maio dell’accordo per l’avvio di un comitato economico congiunto.
Ma ciò che ci lusinga di più è che il discorso di Rama è stata una dichiarazione d’amore – l’ennesima – nei confronti dell’Italia. Ricordando «il sogno dei padri fondatori dell’Albania, che hanno sempre guardato all’altra sponda del mare» e che «l’Italia è un partner assolutamente insostituibile», Rama ha annunciato l’organizzazione di una Settimana dell’Italia in Albania, «anche se sarebbero necessari 365 giorni».
Il leader albanese spera di poter «attirare di più i giovani verso un’educazione di alta qualità come quella che è internazionalmente conosciuta» dell’Italia.
Nessuna menzione, invece, su altre questioni di primaria importanza:
- La questione del Kosovo. Anni fa l’Italia si era fatta promotrice di una iniziativa meritoria: un vertice trilaterale con la partecipazione di Albania e Serbia. Il vertice si è tenuto per la prima volta nel gennaio del 2015 ed avrebbe dovuto tenersi con cadenza semestrale; tuttavia, da qualche anno non viene più organizzato. Dalle dichiarazioni ufficiali si apprende che i temi di discussione siano stati il rafforzamento dei rapporti bilaterali tra Serbia e Albania, oltre ai temi della cooperazione in materia economica, commerciale, di immigrazione e di integrazione dei due Paesi balcanici nell’UE. Ci piace pensare che l’Italia abbia tentato di giocare un ruolo di mediazione tra i due Paesi anche in merito alla questione del Kosovo, utilizzando un approccio flessibile e realista senza escludere nessuna opzione. Secondo un recente sondaggio svolto in Albania e tra le popolazioni di etnia albanese e di etnia serba del Kosovo, una partizione dell’ex provincia serba tra la Repubblica di Albania e la Repubblica di Serbia incontrerebbe il favore della maggioranza dei cittadini. Una riattivazione del vertice trilaterale potrebbe essere utile alla definizione di un assetto di stabilità nella regione e al riacquisto di un ruolo di primo piano per l’Italia, specialmente ora che la Germania non dispone ancora di un governo con pieni poteri. Con la necessaria postilla di riportare gli eventuali accordi raggiunti su base trilaterale in sede europea per il placet finale.
- La cooperazione militare. L’Albania ha stretto un accordo di cooperazione militare con la Turchia, per l’addestramento delle forze armate albanesi da parte di quelle turche. Così come in Libia, la Turchia si sta insediando nelle regioni vitali e storicamente legate all’Italia. Ci auguriamo che il governo italiano stia lavorando per recuperare il terreno perduto.
- Cooperazione culturale: a Tirana non c’è una scuola italiana, nonostante l’amore che gli albanesi nutrono per l’Italia e la lingua italiana. La promozione della lingua è il più efficace e duraturo strumento di politica estera. L’italiano non è più la seconda lingua in Albania. Deve tornare ad esserlo, attraverso la riapertura di una scuola italiana e l’istituzione di curricula scolastici bilingui nelle maggiori città. Formare le future classi dirigenti del Paese ospite dovrebbe essere una priorità per un Paese che vuole invertire il declino. I nostri competitor europei e turchi lo sanno bene e ci stanno scalzando.
- L’iniziativa Open Balkans, lanciata da Rama insieme al Presidente serbo Aleksandar Vucic e all’ex Primo ministro macedone Zoran Zaev. Open Balkans, detta anche Mini Schengen dei Balcani Occidentali, vuole portare alla creazione di un Mercato Regionale Comune tra i tre Paesi al fine di integrare maggiormente le loro economie, sia reciprocamente che con l’UE, già prima dell’ingresso e secondo le regole comunitarie. Questa Iniziativa è strutturata attorno alle quattro libertà di movimento dei beni, dei servizi, dei capitali e delle persone.
Speriamo che la dichiarazione d’amore degli albanesi per l’Italia non rimanga inascoltata. Se ci volgiamo dall’altra parte cercheranno qualcun altro. La Turchia sta già prendendo il nostro posto, la Cina è pronta a farlo.
Gaetano Massara