Pubblicato nel settembre di due anni fa da Altaforte ma mai arrivato sugli scaffali delle librerie anche a causa della censura nei confronti della casa editrice “colpevole” di dare voce al pensiero non omologato, “Nascosti tra le foglie” è un libro che continua a raccogliere giudizi lusinghieri da parte dei numerosi lettori che lo acquistano online dal sito dell’editore.
Trecentoquaranta pagine suddivise tra romanzo e diario personale dell’autore, Franco Nerozzi, una vita passata in mezzo alla guerra, prima come reporter freelance e poi come volontario tra gli “affreux”, i terribili, come venivano chiamati i mercenari agli ordini del colonnello Bob Denard
Un libro dalla struttura particolare, che nella sezione romanzata ci accompagna nel cuore della più lunga guerra di liberazione della Storia, quella del popolo Karen contro il regime militare Birmano, e che nella parte dedicata agli “appunti” raccolti dall’autore durante i reportage dalla prima linea, ci permette di incontrare i protagonisti dei conflitti più sanguinosi degli anni ’80 e ’90
Il romanzo, va sottolineato, si basa al 90% su fatti realmente accaduti e sulla narrazione di dinamiche criminali che ancora regolano la vita in molte aree del pianeta e che molto spesso sono al comando di insospettabili e spregiudicati personaggi dal volto “buono”, filantropi, uomini di cultura, imprenditori
Perché questo libro? Esigenza di raccontare quello che avevi visto in tanti anni di conflitti?
A dire il vero il libro mi è stato quasi “imposto” da alcuni amici, che conoscevano in parte le esperienze che avevo vissuto e che mi hanno spinto a condividerle con il pubblico, convinti che rappresentassero un esempio da mostrare alle nuove generazioni in cerca di azione e di avventura. Per me la stesura del libro si è poi trasformata in un esercizio di autoanalisi, in cui per la prima volta ho avuto modo di riflettere approfonditamente sulle scelte di vita compiute.
Nascosti tra le foglie: un romanzo o un saggio?
Un racconto espresso con mezzi differenti, che ha voluto mettere in luce alcuni valori per cui si può ancora morire e certe orribili condotte che vanno combattute senza la minima incertezza. Ho cercato di utilizzare lo strumento del romanzo per descrivere il fulgido esempio di un piccolo popolo che lotta per ottenere il rispetto della propria identità, e per evidenziare le trame internazionali che creano povertà, sfruttamento, condizioni di vita obbrobriose. Io sono stato un appassionato lettore di Wilbur Smith, che ritengo uno tra i più grandi scrittori di avventura mai esistiti, il quale ha saputo riempire i suoi libri di notizie storiche, atmosfere, analisi sociologiche e di costume alle quali magari un giovane non si sarebbe mai avvicinato attraverso la noiosa lettura di qualche saggio. Così, senza ovviamente pretese di assomigliare nemmeno lontanamente allo scrittore rhodesiano, ho provato a rendere avvincenti ed appassionanti attraverso il linguaggio del romanzo di avventura le storie vere dei protagonisti di un conflitto iniziato più di settanta anni fa e che ancora provoca vittime e distruzione. Ho invece scelto la formula del diario per raccontare quello che ho incontrato nel mondo durante i miei anni da reporter di guerra e da mercenario. Le due narrazioni corrono parallele, ma il lettore comprende, almeno credo, che l’autore del diario può essere riconosciuto in uno dei protagonisti del romanzo che, come già sottolineato, racconta fatti e situazioni realmente esistenti.
A volte il libro è molto duro, ci sono descrizioni crude di fatti di sangue che possono scuotere la sensibilità del lettore.
E’ la vita ad essere dura. La vita in guerra ancora di più. Il sangue, la morte, l’angoscia e la paura sono elementi crudi, che tolgono il fiato e chiudono lo stomaco. Sensazioni che ho provato personalmente e che ho cercato di trasmettere in queste pagine.
Franco Nerozzi durante un combattimento in Zaire, 1997
E’ vero che nella guerra c’è anche un elemento romantico?
Assolutamente si. Ma soltanto per coloro che hanno le caratteristiche spirituali ed umane per poterlo cogliere. Per tutti gli altri la guerra è una tragedia. Diverso il discorso per quelli che non la vivono: vista da lontano, attraverso gli schermi del cinema o le pagine di un libro la guerra è fonte inesauribile di spunti romantici. Ma ripeto: quando ci sei in mezzo, e ne senti la puzza di cadavere e i boati dell’esplosivo la musica cambia.
Nel romanzo trova spazio una appassionata storia d’amore: uno stratagemma per attirare anche fasce di lettori meno inclini al racconto di guerra?
No, soltanto un altro elemento, reale e vivo come una travolgente passione d’amore può essere, che ho inserito nel libro per ricordare che anche nelle situazioni più sanguinose e brutali il legame spirituale e sensuale con una donna ci può salvare dal rischio di perdere cognizione della bellezza e dell’armonia.
Chi sono i buoni e chi i cattivi della vicenda narrata?
Lo scopo del libro era anche quello di rovesciare per una volta proprio i ruoli di “buoni e cattivi” solitamente assegnati dalla cultura conformista. Il lettore troverà qualche sorpresa: quelle categorie che normalmente il pensiero dominante relega nel ruolo di rappresentanti del male, in “Nascosti tra le foglie” assumono caratteri positivi, proprio per le azioni che mettono in atto in contesti drammatici come la guerra, l’intervento umanitario, la difesa dei perseguitati. Ai più potrà sembrare una scelta provocatoria, ma basandosi il racconto su fatti e situazioni reali, in effetti non ho fatto altro che descrivere ciò che accade nel mondo, nonostante il giornalismo allineato e corrotto racconti spesso alla massa le cose attraverso la solita chiave di lettura conformista e prona al potere. La provocazione consiste nel raccontare come stanno le cose
Cosa le piace del suo libro?
A me nulla. Ma sembra che i lettori apprezzino lo stile scorrevole del racconto, gli spunti di riflessione che scaturiscono dalle vicende del romanzo e dalle pagine dei diari dalla prima linea. Ci sono lettori che lo rileggono anche due o tre volte per sottolineare dei passaggi che ritengono meritevoli di approfondimento. Alcuni ne comprano altre copie dopo averlo letto, per regalarlo agli amici, oppure per farlo leggere ai figli. Devo confessare che tutto questo mi dà una grande soddisfazione, per quanto mi sorprenda tanto interesse.
Ringrazio personalmente Franco Nerozzi per questa intervista, per il suo libro, ma soprattutto per l’impegno costante che mette da anni in prima linea come combattente e come uomo libero
Francesca Romana Cristicini