La maggior parte delle persone non conoscendo il modus operandi dei personaggi che popolano i tribunali ed il loro agire ancora si meravigliano che avvengano eventi drammatici, quali femminicidi, infantidici, maltrattamenti continui e reiterati, molti dei quali possono essere fermati. Le mamme alle quali sono stati allontanati i figli o vivono sotto minaccia di allontanamento coatto, come pure gli avvocati e le CTP che seguono queste mamme, conoscono perfettamente il motivo per cui avvengono drammi, questi crimini. Le mamme sono obbligate ad accompagnare i propri figli dal genitore violento, perché sotto minacce di essere allontanate dai propri figli, per collocarli nelle fatiscenti case famiglia, o presso il padre violento.
Ma c’è di più che incombe sulle vittime (che cercano di far passare per carnefici), ossia le sistematiche denunce sporte dagli ex mariti e delle consulenti dei tribunali per mancata ottemperanza di un provvedimento giudiziale, maltrattamenti e sottrazione di minore. E’ sempre il “solito” sistema ben collaudato, ben strutturato, per ribaltare la verità dei fatti contro la madre protettrice del figlio e tutelare il violento.
Molte mamme hanno avuto il coraggio di denunciare le violenze perpetrate su se stesse e soprattutto sui propri figli anche con la formula codice rosso, ma quasi tutte (diciamo tutte) queste denunce non vengono mai tempestivamente valutate, anzi ritenute “strumentali e di pregiudizio per il minore”, poi regolarmente archiviate, utilizzate per essere imputate del reato di calunnia. Denunce che termineranno poi, dopo anni di processi assurdi e punitivi, in cui la vittima viene perseguitata come una carnefice, con una ingiusta condanna.
Ancora una volta una mamma già vittima di violenza domestica, non viene protetta consapevolmente, ma subirà ancora più violenza, quella istituzionale da parte di coloro che hanno l’obbligo di difenderla.
Il meccanismo è “elementare”, il genitore violento terrorizza il proprio figlio con atti violenti, minacce, torture, divieti, aggressioni nei suoi confronti e sulla madre, tanto da farlo fuggire appena lo vede; piange e si dispera per non andare con il padre violento.
Ma nulla, il piccolo bambino e la mamma vengono minacciati di essere allontanati se il minore non incontra il “padre”. Non solo, ma per imporgli il “padre” violento durante le perizie, oltre alle minacce e ritorsioni, saranno sottoposti ad un regime di vita al 41 bis. Ti impedisco di praticare lo sport, di entrare nel tuo circolo, il corso di lingue, di partire con gli amici, di recarsi all’estero, di andare a casa di amici e parenti, alle feste, alle gite scolastiche, alle feste di fine anno a scuola.
Una volta ben torturato, le consulenti iniziano a “consentirgli” in parte di recuperare ciò che gli è stato negato ingiustamente, a patto che li minore si sottometta agli incontri con il padre di cui è terrorizzato, oppure “ sarai allontanato da mamme e te ne vai in casa famiglia”. Possibile che avvenga questo nei tribunali? Certo, non solo è possibile ma ciò è totalmente radicato ed accade sistematicamente all’interno non solo dei tribunali per i minorenni, ma anche nei tribunali civili e penali.
Le cosiddette figure istituzionali in perfetto accordo con i magistrati che decidono la vita di questi innocenti bambini, durante le perizie vengono sottoposti a vere e proprie minacce, ad urla assoggettati a comportamenti inqualificabili da parte dei consulenti del giudice e quant’altro.
Giungono segnalazioni da tutta Italia di mamme accusate di PAS, di condanne inique, di reiterati maltrattamenti, di imposizioni, di imposizioni coatte a far incontrare il padre violento, di CTU e CTP che minacciano e impongono un regime esistenziale di divieti, di punizioni, di forme diverse di prevaricazioni.
In particolare una CTU tra l’altro trovata in conflitto di interesse con l’avvocato di controparte e due assistenti sociali, durante gli incontri con i genitori e le CTP (consulenti tecniche di parte) ha così urlato alla mamma: “ la proposta sarà casa famiglia, quindi allontanamento, è chiaro? quindi primo step affidamento ai servizi sociali per 1 anno .. ci sarà (disvelata nella associazione di appartenenza in conflitto di interessi con l’avvocato di controparte) di una persona che aiuta la mamma a relazionarsi in modo adeguato con il papà (violento) per riavvicinarsi al figlio. Qualora il bambino non venisse accompagnato agli incontri con il papà o la mamma non vi partecipasse allora a quel punto verrà disposto un allontanamento del bambino, con collocazione da un’altra parte… lei deve fare in modo che suo figlio voglia andare dal padre, lei sarà responsabile perché il bambino viene allontanato, è chiaro?” La Ctu urlando incalza “dubbi, è preoccupata per questo eventuale allontanamento”. La mamma risponde di essere terrorizzata.
Ed arriva poi la CTP del padre che urlando minaccia la mamma dopo averla portata in una stanza isolata “se adesso non fa in modo che suo figlio incontri il padre, lo spedisco in casa famiglia”.
Non si contano le intimidazioni, prepotenze, di una CTU, due CTP, un curatore speciale, un tutore, i servizi sociali, gli educatori, come pure durante gli incontri padre-figlio. La CTU minaccia anche al piccolo che ovviamente non riesce ad avere un rapporto con il padre (è ovvio che non dipende da lui quanto dalla inadeguatezza e dalle violenze dello stesso padre) “ per la mia parte quando gli ho parlato da sola ho iniziato a prospettargli i rischi che sta correndo nel tenere questo atteggiamento, ho cominciato a fargli capire che potrebbe non continuare la sua vita come la sta vivendo attualmente anche rispetto al suo collocamento. Abbiamo fatto un patto che domenica prossima farà un tentativo (veramente “il tentativo” lo dovrebbe fare il violento) nel provare a giocare con il padre….vedremo se ci riuscirà”.
Ed ecco, che non si darà la colpa al padre peraltro diagnosticato violento e pericoloso, che non riesce ad avere un rapporto affettivo con il figlio (perché, senza amore, senza sentimenti reali, narcisista, pieno di odio, rancore, di cattiveria, che utilizza pure il proprio figlio per massacrare moglie e lo stesso figlio) quando alla mamma ed al figlio che dovrebbero essere tutelati e protetti dalle violenze.
Il violento durante tutte le perizie continua con atteggiamenti aggressivi, ostruzionistici, minacciosi, chiedendo continuamente il collocamento del proprio figlio in casa famiglia, ma la madre deve sempre e comunque accompagnare il figlio dal padre violento, mentre piange, si dispera e chiede pietà, altrimenti arriva il sequestro, oppure la mamma verrà denunciata come sempre avviene per sottrazione di minore e/o mancata ottemperamento di un provvedimento giudiziale, oltre a maltrattamenti.
Ed allora si spiegano perché avvengono continui femminicidi ed infanticidi. Madri sotto minacce costrette ad affidare i figli ai padri violenti e bambini terrorizzati, puniti, maltrattati chiedono di non vederlo piangendo disperandosi, la legge è dalla loro parte, ma non viene applicata.
Mi chiedo come possiamo ancora parlare di mancanza di formazione, che il magistrato e tutti i consulenti non avevano capito che si trovavano di fronte ad un padre violento, con tutti gli elementi, tutte le prove tutte le videoregistrazioni, tutte le relazioni che vengono depositate sia dagli stessi consulenti e sia dagli avvocati? Come possiamo affermare che si tratta di un problema misogino, culturale se la maggior parte delle consulenti dei tribunali sono delle donne? Come possiamo accusare mamma e figli del mancato rapporto affettivo padre-figlio che dipende esclusivamente dal padre diagnosticato pericoloso e violento che non è in grado di fare il padre? Perché le normative non vengono rispettate? Perché si permette di depositare atti e relazioni in cui vengono utilizzate sindromi ascientifiche e accuse false che possono essere tranquillamente smentite con i fatti? Perché non vengono mai prese in considerazione tutte le denunce per maltrattamenti che le mamme depositano? Perché le violenze vengono trattate come semplici litigi? Perché non viene ascoltata la volontà di un bambino che desidera stare con la madre, che è semplicemente terrorizzato da un padre che non riesce a fare il padre e che vuole utilizzarlo per massacrare mamma e figlio?
Ed allora, non ci meravigliamo che continuano a succedere questi drammi che potevano essere fermati.
Anche il padre durante gli incontri protetti non cerca di stabilire un rapporto affettivo con il proprio figlio, con l’amore, la sensibilità, la delicatezza, ascoltando le sue opinioni, desideri, quanto più con le minacce, le violenze, i ricatti “se non la smetti di piangere dico alla CTU di non farti entrare mai più nel tuo circolo e di non farti praticare sport, non hai capito che ti mando in casa famiglia?” Ma le cosiddette figure istituzionali restano silenti e agevolano il comportamento violento di questi padri che si sentono ancor di più “autorizzati” a perpetrare ulteriori violenze su mamma e figlio anche perché difesi in ambito penale.
Ed ancora ci arriva una segnalazione di una CTU che ha urlato alla mamma quando stava velatamente parlando di violenze (atteso che era stata minacciata di non farlo, pena il cokllocamentio in casa famiglia) “aricominiciamo, aricominiciamo, se lei continua così io rimetto il mandato al giudice ed il prossimo passo, lei lo ha capito che cosa ha chiesto il padre (la casa famiglia), l’ha capito? io questo non lo accetto.. c’è un problema grave che non vede il padre, che è gravissimo.. quando viene e si comporta male, è maleducato è lei deve fare qualcosa.. (la mamma deve fare qualcosa quando il violento si comporta da violento! Ma non fermare il violento!).
Incalza il curatore speciale (l’avvocato del minore che dovrebbe difendere i suoi interessi) del bambino che da subito ha chiesto il collocamento in casa famiglia “se lei non cambia, la colpa è solo sua se va in casa famiglia, ha capito bene?”
La mamma peraltro subisce questo tipo di minacce, sottomissioni, ricatti perché le è stato “promesso” (promesso ovviamente non mantenuta) durante la perizia che se avesse ottemperato a tutto ciò che le veniva richiesto/imposto avrebbe salvato il proprio figlio dal collocamento in casa famiglia e sarebbe emersa la violenza dell’ex marito. Tutto falso, atteso che era già tutto stabilito, il figlio sarebbe finito lo stesso in casa famiglia.
Ma dopo anni di minacce e torture nonostante mamma e figlio abbiano pedissequamente ”ubbidito” a tutte le inaccettabili per quanto violente imposizioni indicate dai tribunali, il minore finisce lo stesso in casa famiglia (questo è sempre l’obiettivo), i bambini vengono prelevati con modalità coatte e violente dalle case, dagli ospedali, delle scuole o per strade, strappati dalle mani delle mamme, collocati in casa famiglia. A quel punto o restano nelle case famiglia o successivamente verranno affidati proprio a quei padri violenti che hanno chiesto la casa famiglia e di cui i bimbi sono completamente terrorizzati.
A quel punto la cosiddetta bigenitorialità che è stata utilizzata per allontanare mamma e figli, anch’essa citata in ogni atto e relazione, con il “condimento” delle accuse per la mamma della c.d. PAS (la ascientifica sindrome di alienazione parentale) non verrà più nominata, mai più presa in considerazione e mamme e figli non si vedranno più, neppure in foto, con videochiamata. Alla faccia della bigenitorialità ed alla difesa di donne e bimbi dal genitore violento!
E la convenzione di Istanbul e tutte le normative vigenti che fine hanno fatto? “Semplicemente” e volontariamente non sono state rispettate.
Ma la tortura inflitta ai piccoli innocenti bambini non finiscono qui perché una volta affidati al genitore violento vivranno in una condizione di violenza continua, repressiva, limitazione delle su libertà e restano sempre sotto minaccia di un nuovo collocamento in casa famiglia.
Infatti spesso è lo stesso padre che continua a riferirgli che potrebbe essere ricollocato in casa famiglia.
Giungono varie segnalazioni da parte delle mamme tra cui quella di un padre che addirittura ha fatto disegnare tre case al proprio figlio dicendo “a casa della nonna non ci vuoi stare, a casa mia non vuoi venire, a casa con mamma non ti manderò mai, resta, quindi, la casa famiglia”, proprio nel giorno di Natale.
Citare le mamme e non i padri in questo caso è doveroso per il semplice motivo che non si conosce un caso di un figlio che è stato prelevato con la violenza su richiesta della madre per essere collocato in una casa famiglia, prelevato dal padre (accusato di Pas) da 10,20 30 persone con modalità violenta e coatta.
Nessun dubbio invece che possono esserci sia padri, ma anche madri violente.
Allora, adesso, è più chiaro il motivo per cui una mamma è costretta a portare il figlio o i figli dal genitore violento?
Almeno chiediamo il rispetto delle morti annunciate senza addebito di ulteriori ed infondate colpe, ma soprattutto l’impegno concreto da parte delle Istituzioni ad impedire ulteriori femminicidi e infanticidi tutti sempre e comunque annunciati e a far rispettare tutte le normative.
Di Giada Giunti