Sono sempre di più le aggressioni subìte dal personale di Polizia penitenziaria in Italia ed il Carcere di Sulmona, come si sa, non fa eccezione.
Da quello che sta accadendo proprio al penitenziario di Piazzale Vittime del Dovere, sembra quasi che a tale notizia ci si stia assuefacendo, visto che sempre di più emerge la sensazione che importi sempre meno il fatto che un uomo in uniforme riceva un calcio in piena faccia fino a vedersi fracassare il volto.
Lo si vede anche e soprattutto dal modo attraverso il quale si gestisce la dinamica post aggressiva, in materia di regime penitenziario, del detenuto autore dell’insano gesto.
Di solito, infatti, un detenuto che si macchia di gesti così orrendi e pericolosi, a cosa avvenuta ed esperite le pratiche burocratiche, viene con solerzia trasferito in un altro Istituto di Pena. In gergo tecnico si parla di trasferimento del recluso per “opportunità penitenziaria”.
Sulmona in questo relativo automatismo sembra non essere mai entrata visto che i detenuti violenti e che si sono macchiati di aggressioni, o vengono trasferiti con notevole ritardo o, addirittura, non vengono affatto trasferiti.
La Uil è più volte tornata sull’argomento evidenziando questo tipo di stortura. Pur tuttavia resiste e persiste un atteggiamento da parte di chi, e ci piacerebbe saperlo, non consente di ripristinare l’ordine delle cose attraverso la restituzione della necessaria serenità agli operatori i quali, non vedendo il pronto allontanamento del “reo”, sono costretti loro malgrado a subirne l’ulteriore angheria.
Ci si chiede quindi cosa spinge il DAP a non adoperarsi in tal senso e, sinceramente, ci piacerebbe saperlo.
Intanto il detenuto che 12 giorni fa ha fracassato il setto nasale ad Sovrintendente risulta ancora in forza all’istituto peligno e con tutto ciò che ne consegue in termini di scoraggiamento da parte del personale di Polizia penitenziaria che altro non chiede che il trasferimento del detenuto altrove.
Cos’altro bisogna fare, oltre al fatto di “rifugiarsi” nella rabbia, per contrastare il disagio sempre più emergente nei confronti di chi si aspetta di più dal Dipartimento che l’amministra?
Ci si augura quindi che ci sia una valida motivazione del perché il detenuto aggressore viene tuttora tenuto ristretto a Sulmona perché, se così non fosse, giustificato risulterebbe essere lo stato di totale demoralizzazione da parte dei locali poliziotti penitenziari.
Il DAP mediti su e provveda quanto meno a darci una risposta meglio se attraverso un decreto di trasferimento del detenuto lontano da Sulmona.
Ubaldo Marangio