“E’ arrivato il 10 gennaio 2022 il 13esimo rigetto da parte Collegio giudicante della Corte d’Appello di Roma, con una semplice comunicazione di servizio, nonostante la ricusazione che pendeva dall’ottobre 2020. Lo stesso collegio da circa tre anni deve decidere sull’impugnazione della causa di divorzio presentata da Giada Giunti per poter tornare a vivere con suo figlio dopo sei anni di forzata lontananza per essere stata diagnosticata dalla consulente del Giudice minorile nel lontano 2014 “simbiotica”, con “un rapporto fusionale con il figlio” ed affetta dalla c.d. PAS (sindrome di alienazione parentale) diagnosticata non dal consulente del giudice ma dal legale dell’ex marito e dal curatore speciale del minore (l’avvocato che viene nominato dal Giudice per difendere il minore in giudizio)” così in una nota l’avvocato Carlo Priolo, legale di Giada Giunti e presidente della associazione Verità Altre.
L’avvocato Priolo, ha inviato un esposto alla più alte cariche dello Stato segnalando la irricevibilità della sopra riportata comunicazione, ribadendo la nullità delle decisioni assunte dal collegio giudicante.
Non è un buon inizio anno per l’angosciante decennale fenomeno sociale degli allontanamenti ed affidi illeciti sintetizzati dall’espressione ormai ricorrente dal Forteto a Bibbiano.
Le dinamiche procedurali che regolano i percorsi istruttori nelle sedi giudiziarie sono sempre più incomprensibili ed ostacolanti la soluzione dei problemi che riguardano i sentimenti, gli affetti ed in particolare il rapporto genetico madre figlio che non possono attendere i tempi irrisolvibili della amministrazione della “Giustizia” specialmente nel diritto di famiglia”.
Infatti, nel caso di Giada Giunti, la madre dopo il tragico prelievo a scuola durante le ore di lezione del figlio, eseguito da otto operatori di cui cinque agenti dell’anticrimine, pochi giorni prima del Santo Natale del 2016, non ha più vissuto con il figlio. Il bambino è stato collocato in una casa famiglia, sottoposta a cinque ispezioni e trovata inidonea sotto ogni profilo, ma il Comune di Roma ha continuato a pagare la retta di euro 125,00 + 42 giornaliere, un totale di euro 167,00 x 30 = 5.769,28 euro al mese. Dal 2016 Giada non vive con suo figlio.
Continua l’avvocato Priolo “mamma Giada oltre ai molteplici maltrattamenti subiti e alla tragica esperienza dell’infelicità vissuta a distanza con l’amato figlio ha perso per sempre il tempo dell’adolescenza quello dell’età evolutiva. E’ sufficiente valutare che il progetto di vita che madre e figlio costruiscono insieme giorno dopo giorno specialmente dal compimento dei dodici anni, crescere, svilupparsi, diventare adulto, non può essere più recuperato. Il periodo di transizione dall’infanzia verso l’età adulta, durante il quale il figlio attraverso numerosi cambiamenti nel corpo e nella mente, acquista nuovi ruoli e responsabilità struttura la propria identità è svanito nei pezzi di carta che ormai decretano anche l’esistenza in vita delle persone”. Chi restituirà gli anni persi, chi pagherà per gli anni dell’adolescenza negati al ragazzo orami quasi 16enne di vivere e crescere con sua mamma? “Nessuna somma potrà mai ripagarmi delle sofferenze, dei dolori, del tempo che mi è stato impedito di vivere con mio figlio, negandomi di vederlo crescere, di abbracciarlo, di tenerlo stretto a me”, risponde mamma.
Alexa C. Curtis ha definito l’adolescenza, in un suo contributo per la rivista Journal of Adolescent and Family Health, come un concetto dinamico, in costante evoluzione, meglio comprensibile se si considerano tre dimensioni specifiche: biologica, psicologica, socio-culturale. Sull’adolescenza sono stati versati fiumi d’inchiostro, e questa vastità di contenuti e pubblicazioni riflette la ricchezza e la complessità del tema. Ma per Giada e il figlio un tratto di vita è stato cancellato. Giada si trova ancora ai primordi a poter conquistare l’attuazione dei diritti fondamentali dell’esistenza, oltre a quelli scritti nella Carla costituzionale.
“Al netto di tutte le decisioni che da più di un decennio hanno cancellato l’ideologia perversa della “simbiosi” e della “sindrome di alienazione parentale”, oltre le risoluzioni del Parlamento europeo e le raccomandazioni dell’ONU sui diritti umani, Giada Giunti abita in una sorte di inferno dantesco sospeso nel vuoto dove è assente la ragione: sono sei anni che mamma e figlio non vivono insieme, sono più di due anni che non si incontrano. All’ex marito incredibilmente il Collegio giudicante il “divorzio”, più volte modificato per incompatibilità ha affidato in via esclusiva il figlio al padre diagnosticato violento sulla base di una relazione della assistente sociale del Comune di Massarosa, dove è stato mandato in esilio il piccolo per due anni.
L’ex marito di Giada, legittimato da decisioni inescusabili, continua la sua operazione di ostacolo a qualsiasi tipo di contatto tra mamma e figlio, così come “promesso” dal febbraio 2010 “se tu non torni con me, ti faccio vivere l’inferno, ti tolgo tutto soprattutto non ti faccio vedere mai più tuo figlio”. Le stesse minacciose frasi del padre che ha decapitato il figlio di sette anni per far dispetto alla donna che dice di aver amato veramente. Veramente si tratta di follia collettiva. Attualmente la mamma non sa neppure dove vive suo figlio, non sa quanto è cresciuto, non conosce la vita che conduce. Viene negata una semplice videochiamata, di ricevere una semplice fotografia, un messaggio, alla madre viene impedito di inviare regali al figlio. È stata ignorata la violenza assistita, più volte documentata anche dal minore, come pure è stata totalmente ignorata la volontà del minore fin dal quel terribile 15 dicembre 2016 di ritornare a vivere dalla propria mamma. Nonostante le numerose aggressioni, violenze perpetrate da 11 anni, la signora Giada Giunti, anche e soprattutto per il bene del proprio figlio, ha sempre formulato numerose richieste conciliative, sia depositandole nei vari tribunali sia inviandola allo stesso ex. Anche in occasione del recente Natale e Capodanno ha invitato a trascorrere tutti insieme le festività, abolendo il passato, ricominciando da capo per crescere insieme il proprio figlio. L’ex marito ha respinto la 37sima richiesta conciliativa, rispondendole con i soliti ostruzionismi: ha impedito al figlio di videochiamarsi con la mamma anche nel 1° giorno dell’anno, di scambiarsi una fotografia, di far recapitare dei regali alla madre e di riceverli. Ci troviamo da una parte una donna vittima già di violenza domestica oltre alla violenza istituzionale, la quale continua a chiedere conciliazioni per il bene del figlio ed un padre diagnosticato violento e pericoloso anche col figlio che continua a perpetrare violenza su mamma e figlio. Anche i recenti messaggi indicano uno stato destabilizzante del suo profilo, e infatti è stato diagnosticato con disturbi del pensiero e della personalità proprio dalle consulenti dei magistrati”, ha concluso l’avvocato Priolo.
Mamma Giada in occasione del suo 50esimo compleanno del 17 gennaio ha inoltrato una ulteriore richiesta di trascorrere l’importante festività assieme al figlio, nella speranza che l’ex marito capisca quanto sia fondamentale per il figlio stare con la sua mamma.
Nuovo rifiuto!