Sono stata una figlia alienata, e vi spiego cosa vuol dire. Mia madre, in seguito alla separazione (io allora avevo 13 anni), ha iniziato a denigrare costantemente la figura di mio padre. Ad ingigantire ogni suo difetto ai miei occhi, e sminuirne i pregi. Ha iniziato a dirmi che lui non mi voleva bene, che non ci teneva a me. Quando lui mi faceva dei regali, lei diceva che lo faceva solo per comprarmi visto che non era in grado di offrirmi nulla dal punto di vista affettivo. Così, quando mi incontravo settimanalmente con mio padre, cominciavo ad accusarlo di tutte le sue mancanze, a ripetere le stesse frasi che mia madre mi ripeteva costantemente. In poco tempo presi la decisione di non avere più incontri con lui, e di chiamare “babbo” il suo nuovo marito.
Notare bene: a me sembrava che fossero decisioni consapevoli, che fossero “farina del mio sacco”. Ed a parole ci tenevo a sottolinearlo. Ma spesso dentro ero combattuta. Perché non credevo al 100% a ciò che dicevo ed a ciò che facevo. Ciò di cui ero certa invece era che così facendo avevo tutto il supporto di mia madre, sapevo che queste decisioni la facevano contenta e più vicina a me.
Dico spesso che fare queste scelte, era come portare a casa un 10 da scuola. Era come se mi sentissi più amata nel momento in cui esprimevo l’astio nei confronti di mio padre. Ho vissuto tutto questo però in età adolescenziale, quindi, dopo circa 3 anni che non avevo più contatti nemmeno telefonici con mio padre (per mia scelta, ribadisco), con la mia nonna paterna, con zii e cugini paterni, cominciai ad avere dei dubbi.
Pensieri di una bambina
Cominciai a pensare che forse era impossibile che mio padre non mi amasse, che mia nonna non mi amasse, e stessa cosa per zii e cugini. In giorni di particolare “ribellione” provavo ad esprimere queste mie perplessità, ma puntualmente venivo accusata di essere ingrata, nei confronti di mia madre e del suo compagno, dei miei nonni materni.
Per mia madre, il solo fatto di avere anche solo dubbi sulla mostruosità di mio padre era un tradimento. Perché lei e la sua famiglia mi amavano veramente e me lo dimostravano. Viceversa la famiglia di mio padre se ne fregava di me. Le discussioni andavano avanti finché non mi piegavo alle loro conclusioni. Cedevo sempre, sempre per sfinimento. In quegli anni ho chiamato la mia nonna paterna di nascosto una volta, ed ho tentato 3 fughe con la complicità di mio padre.
Ovviamente tutto di nascosto. Quando parlavamo di lui alle altre persone lo descrivevamo come un mostro, insensibile ed incapace di amare. Solo grazie all’aiuto di persone esterne, sono riuscita a tirare fuori ciò che veramente provavo. Avevo una gran voglia di conoscere di nuovo mio padre, e volevo vedere con i miei occhi se era veramente come lei me lo aveva sempre dipinto.
La fuga
Il terzo tentativo di fuga fu quello buono, e finalmente fui libera. Avevo 21 anni (sembra assurdo di parlare di fuga organizzata di nascosto a 21 anni, ma la mia dipendenza psicologica da lei era profonda, e non avrei potuto andarmene dicendolo apertamente, perché non mi avrebbero mollata un attimo fino ad un mio nuovo cedimento), e sono riuscita ad uscire da questa grande violenza psicologica solo grazie all’aiuto di persone esterne e di mio padre.
In quanto a lui, a 21 anni ho potuto di nuovo conoscerlo senza filtri, ed ho avuto la fortuna di trovare un padre corretto, onesto, che mi ama, che ha sempre rispettato e rispetta (perché è il suo carattere) ogni mia scelta e cerca sempre di non interferire in esse. Capisce questo mio grande bisogno di libertà emotiva, che mi ha portato ad uscire da una prigione psicologica che ha fatto partire la mia vita con il piede sbagliato.
Dico sempre che in realtà io sono nata a 21 anni, perché lì ho cominciato a poter usare la mia testa liberamente. Adesso ho una famiglia che è tutto per me, e che mi appoggia. Ho un padre su cui so che potrei contare qualsiasi decisione io prenda, da cui mi sento capita, un padre che è un nonno meraviglioso. Quando lo vedo giocare con il mio bimbo penso a quanto mi dispiace essermelo perso per 8 anni, e a quanto dev’essere felice a potersi godere almeno il suo nipotino. Con mia madre ho provato a riconciliarmi, ma è solo una serie di alti e bassi, perché ha difficoltà a relazionarsi con chi la pensa in maniera diversa dalla sua. Ed il mio bisogno di sincerità ci sta allontanando sempre di più.
Sento il bisogno di raccontare la mia storia, che è un classicissimo esempio di alienazione genitoriale, perché tramite internet ho trovato centinaia di genitori (e nonni, zii, ecc) ingiustamente rifiutati dai loro figli (nipoti ecc). Ci sono genitori addirittura falsamente accusati di abusi o maltrattamenti, e nonostante le perizie rilevino l’infondatezza di tali accuse, questi genitori restano costretti ad incontri protetti, o completamente rifiutati dai figli. I genitori alienanti invece, ovvero i genitori che attuano un vero e proprio lavaggio del cervello ai figli, restano quasi sempre impuniti.
Io ho vissuto da figlia tutto ciò, ed a sapere che tanti altri bambini, adolescenti, stanno attraversando tutto questo, mi si stringe il cuore. Vedo genitori normalissimi, innamorati a senso unico dei loro figli. Figli prigionieri, lo so per certo. Perché ogni figlio vuole sempre mamma e papà, con i loro pregi ed i loro difetti. Vedo figli orfani di un genitore vivo con un solo genitore, e due soli 2 nonni, che sono costretti a rifiutare per non tradire il genitore con cui vivono. Figli che sono prigionieri emotivi, vittime di un grande abuso psicologico, deprivati del loro sacrosanto diritto alla #bigenitorialità.
Tratto da: https://blog.pianetamamma.it/kirasworld/figli-del-divorzio-figlia-orfana-padre-vivo/