In concomitanza con la 59. Mostra Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, nell’Isola di San Giorgio Maggione, presso la Fondazione Giorgio Cini, Sale del convitto, è on air una stupenda mostra di Kehinde Wiley “An Archeology of silence” organizzata dal Musée d’Orsay col supporto della Galerie Templon, con la curatela di Christophe Leribault. Kehinde Wiley, classe 1977, nasce a Los Angeles da padre nigeriano e madre afroamericana, e sin da bambino, incoraggiato da quest’ultima, ha potuto seguire il suo interesse per l’arte e frequentare vari corsi specifici sino al conseguimento del Bachelor of Fine Arts (BFA) al San Francisco Art Institute nel 1999 e del MAE alla Yale University School of Art nel 2001. Cresciuto con la madre negli USA, all’età di vent’anni si reca in Africa alla ricerca delle proprie origine e per conoscere il padre. Wiley è conosciuti per i suoi ritratti fortemente simbolici e realistici di persone di colore, con sfondi dalle tinte sgargianti, in pose eroiche derivate dall’arte antica. Nel 2017 ha ritratto Barack Obama su commissione del noto museo di Washington “ The Smithsonian National Gallery of Portraits”, dove sono conservati i ritratti ufficiali dei presidenti americani, ed è anche il primo pittore afroamericano ad esporre una propria opera nella galleria. In “An archeology of silence” attraverso una selezione di opere in mostra alla Cini, l’artista afroamericano mette in luce la brutalità del passato coloniale, americano e globale, usando il linguaggio figurativo dell’eroe caduto. L’esposizione include anche una serie di dipinti e sculture monumentali inedite. Ispirata al dipinto di Holbein Il Cristo morto nella tomba, nonché in dipinti e sculture di guerrieri caduti e figure nello stato di riposo, Wiley ha creato una serie inquietante di corpi neri, riconcettualizzando le forme pittoriche classiche per creare una versione contemporanea della ritrattistica monumentale, che risuona di violenza, dolore e morte, oltre che di estasi.
Per questo nuovo corpus di lavori, Wiley ha ampliato questi elementi tematici fondamentali per meditare sulla morte dei giovani neri uccisi in tutto il mondo. Come afferma Wiley: «La tecnologia ci permette di essere testimoni di queste atrocità che una volta erano taciute. Questa è l’archeologia che sto portando alla luce: lo spettro della violenza della polizia e del controllo dello stato sui corpi di giovani neri in tutto il mondo».
Kehinde Wiley “ An archelogy of silence” sarà visibile al pubblico sino al 24 luglio 2022.
di Daniela Paties Montagner
per ulteriori informazioni: www.musee-orsay.fr; www.cini.it
Immagine in evidenza:
The Wounded Achilles (Fillippo Albacini), Oil on Canvas, 273.7 X 184.5cm, ©Kehinde Wiley