Titanic – Al battesimo del varo la prima bottiglia di champagne non si ruppe
Dopo la rievocazione dell’inabissamento del Titanic a 100 anni di distanza da quello della Concordia sta riapparendo alla ribalta mediatica in questi giorni anche un ulteriore strascico riguardante un presunto complotto ai danni del Titanic; cosa questa che può essere reperita anche on-line ma che attualizza analoghe situazioni che rievocano il ripetersi delle condizioni negative di navigazione che hanno condotto la Concordia ad analogo risultato.
Il presente articolo prende in considerazione le cause della collisione e dell’ inabissamento del Titanic. Nel secondo articolo che sarà pubblicato domani, verrà trattata la sorprendente sequenza degli eventi negativi, come una serie di matriosche, che hanno preceduto l’affondamento in tempi estremamente rapidi a causa di un ulteriore imprevisto.
Corsi e ricorsi
Ancora una volta la intuizione del noto filosofo napoletano Giambattista Vico sui corsi e ricorsi delle grandi catastrofi storiche può in un certo modo, accordarsi con sorprendente ripetizione anche ad eventi di minor spessore, quando questi incidono emotivamente la coscienza di un grande numero di persone. Si tratta di situazioni che per la loro singolarità sembravano irripetibili ma che si ripresentano invece, con caratteristiche del tutto simili a quelle dell’evento precedente.
Gian Battista Vico
Ciò significa che non abbiamo imparato niente di quanto è accaduto prima, oppure si è creduto che certi fatti non siano correlati se non dal caso, tanto da lasciare scandire gli eventi umani dalla ineluttabilità del destino. Il 14 aprile scorso ricorreva il giorno, ossia la fatidica notte, in cui il Titanic, il più innovativo transatlantico della sua epoca e ritenuto inaffondabile, durante il suo viaggio inaugurale nel 1912 incontrò lungo la rotta al largo della Groenlandia, un iceberg alla deriva con il quale ebbe una grave collisione che ne determinò il tragico affondamento in meno di tre ore.
L’inaffondabilità
Si trattava di una nave concepita già da allora, con i compartimenti stagni che avrebbero consentito anche in caso di gravi danni, di mantenere con il loro vuoto la nave in linea di galleggiamento. Ecco che già questo particolare avrebbe garantito la sua inaffondabilità quando invece il destino decretò al contrario, il suo tragico inabissamento. Un’altra caratteristica della robustezza del Titanic consisteva nella fortissima resistenza del corpo nave agli urti anche più violenti, in quanto lo spessore e la durezza di quel tipo di acciaio utilizzato nella costruzione dello scafo avrebbe resistito anche alle massime sollecitazioni previste. Per quanto riguarda la saldatura delle lamiere tra loro, come nel caso della Torre Eiffel, questa operazione fu sostituita con milioni di ribattini di acciaio per la relativa congiunzione delle varie parti che avrebbero contenuto con pari o ancora maggiore tenacia la struttura dello scafo nella sua interezza.
Cos’altro ancora sarebbe mancato per rendere il transatlantico invulnerabile, il cui nome rappresentava nella mitologia greca uno dei giganteschi figli del dio Urano? Ma i titani come è noto, erano sì, dei giganti con poteri straordinari però. ……… come anche nella realtà dell’ omonimo transatlantico, non erano dotati del potere della immortalità.
La prevedibilità….. dell’ imprevisto
Eppure c’è sempre l’imprevisto, ossia un agguato con la sua catena degli eventi che come per volontà del destino o per errore umano si mettono tutti insieme per intervenire uno dopo l’altro nel modo peggiore tanto da causare un improbabile risultato che però, solo dopo ci si accorge “con il senno del poi“, che si sarebbe potuto evitare. Per quanto riguarda la navigazione non può sfuggire la sequenza degli errori comuni, probabilmente determinati dall’eccessiva sicurezza sotto tutti i punti di vista. In primo luogo va detto che il Titanic ha attraversato inprudentemente un arco di Atlantico in cui in primavera inoltrata, eravamo infatti alla fine di aprile, si incontravano iceberg provenienti dalla calotta polare nella via delle correnti fredde dirette verso l’altra sponda dell’oceano che costellavano con la loro presenza anche il tratto di mare dove il transatlantico percorreva la rotta tracciata per quel viaggio. Il Titanic essendo dotato di potenti motori avrebbe potuto aggirare il percorso passando più a sud, senza il pericolo di incontri pericolosi come purtroppo in quella notte avvenne. Infatti per questioni di emulazione e di pubblicità per il record della traversata, preferì non allungare la rotta.
Un ’altra concausa che si deve imputare alla negligenza del personale di bordo è che gli addetti alle comunicazioni radio, quantunque fossero stati in condizioni di ricevere la segnalazione di iceberg da parte di altre navi in transito, non erano presenti nel tempo utile nella sala radio per ascoltare i messaggi, oppure, non hanno riferito al Comandante o all’Ufficiale di Guardia, le informazioni ricevute. Questo è stato accertato dall’indagine dopo il disastro. Ma dove era il Comandante durante il tempo in cui il Titanic transitava nel tratto di mare in presenza di iceberg? Si trovava altrove; ossia, nella sua stanza, risponderebbe Giambattista Vico.
Il Comandante Edward John Smith
Ma sempre nel campo operativo della rotta seguita dal Titanic, una colpa grave si deve imputare al fatto che la vedetta durante la navigazione non aveva a disposizione i binocoli di dotazione perché chiusi a chiave in un armadietto; binocoli che avrebbero consentito alla vedetta di avvistare in tempo utile il pericolo dell’iceberg sulla rotta della nave. Ma non solo, nonostante il tardivo avvistamento, sarebbe stato sufficiente ad evitare la collisione se la manovra di allargamento dal ghiaccio fosse stata eseguita nella giusta direzione. Ecco che qui entra pesantemente la fatalità, qualcuno direbbe oppure l’errore umano ancora più indisponente, per accettare l’affondamento del Titanic e le luttuose conseguenze.
Ma cosa fece il timoniere? Sarà precisato domani nel proseguimento dell’ articolo.
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di Alberto Zei