Violeta (edizioni Feltrinelli, traduzione di Elena Liverani) è l’ultimo libro di Isabel Allende, la scrittrice cilena premiata nel 2014 dal presidente americano Barack Obama con la Medaglia presidenziale della libertà. È un romanzo appassionato che racconta di uno spirito ribelle, Violeta per l’appunto, e della sua avvincente esistenza dalla simmetria curiosa: per ben un secolo dal 1920 al 2020. Inizia con la pandemia da influenza spagnola per concludersi in pieno lockdown.
La protagonista, in quello che può essere considerato come un testamento sentimentale per il nipote Camilo, racconta tutta la sua (lunga) storia, senza tralasciare nulla: dai devastanti tormenti amorosi, ai tempi di povertà ma anche di grande di ricchezza, ai lutti strazianti che l’hanno colpita, alle gioie immense come la nascita dell’amato nipote. Violeta del Valle, nata in una famiglia agiata del Cile, dopo la Grande depressione è costretta a ritirarsi insieme alla sua famiglia in una regione remota del paese, selvaggia e bellissima. Qui arriva alla maggiore età e conosce il suo primo pretendente, che dopo qualche anno diventerà suo marito. Una storia destinata a concludersi presto, però, perché Violeta si lascerà travolgere dalla passione per uno sconosciuto arrivato da lontano, in un amore complesso e, a tratti violento, che caratterizzerà la sua vita per molti e molti anni. La protagonista, però, non è soltanto una donna sentimentale ed emotiva, è anche appassionata, forte e decisa. L’amore, per quell’epoca “sconveniente” fra la sua balia inglese Miss Taylor e la sua compagna Teresa, la avvicina al femminismo, alla volontà di difendere i propri valori e i propri principi ad ogni costo.
Violeta è una madre e, allo stesso tempo, un’imprenditrice. È una moglie e, contemporaneamente, un’amante. Personalità complessa, strutturata, a volte difficile da capire per le convenzioni del Sud America di metà Novecento. Per descriverla, insieme al suo mondo di affetti, Isabel Allende utilizza un linguaggio ricco, vivace, anche ironico, regalandoci l’affresco di un secolo e ricordandoci, ad ogni passaggio, che siamo esseri imperfetti, visceralmente legati al nostro passato, alla nostra storia, ai nostri errori.
Gaia Pandolfi