Molte organizzazioni stanno ponendo attenzione al fenomeno che negli Stati Uniti è stato battezzato come “Great Resignation“, ovvero l’aumento significativo di dimissioni che si è registrato soprattutto a partire dalla scorsa primavera. Un trend che sta toccando anche il nostro Paese, come confermato dai dati pubblicati dall’Associazione italiana direzione personale e dal ministero del Lavoro. Ad alimentare la “Great Resignation” concorrono ovviamente più fattori, ma è sempre più evidente che la pandemia ha giocato, e continua a giocare, un ruolo di primo piano, dal momento che ha cambiato in modo profondo quello che le persone, soprattutto di certe fasce di età e scolarizzazione, si aspettano dal lavoro e, più in generale, le loro priorità.
Medallia Inc., azienda globale leader nelle soluzioni tecnologiche per la gestione della customer ed employee experience, ha dedicato a questo fenomeno la ricerca “Insight sulla great resignation: perché i dipendenti lasciano il loro posto di lavoro”, condotta dal Medallia Institute e dalla piattaforma di benchmarking e intelligence comportamentale Sense 360 by Medallia.
La prima evidenza che è emersa è che quasi il 50% dei lavoratori intervistati hanno dichiarato di non avere avuto in quel momento una nuova occupazione. Un dato che rappresenta una rottura rispetto alla motivazione principale pre-Covid alla base delle dimissioni volontarie.
La survey di Medallia ha inoltre sondato i fattori di insoddisfazione che hanno portato a prendere tale decisione. Le principali aree di malcontento sono: natura del loro lavoro; carichi di lavoro; equità e condizione retributiva; riconoscimento personale; possibilità di avanzamento di carriera; scontento su cui la situazione pandemica ha agito da amplificatore; infatti, quasi 1 lavoratore su 3 ha affermato che l’emergenza sanitaria ha influenzato la sua decisione e circa il 60% dei dipendenti che avvertiva un senso di sconforto nell’ultima occupazione.
Questo conferma che le aziende si trovano a fare i conti con un mondo del lavoro e con sfide organizzative e di gestione delle risorse umane fortemente condizionati da fenomeni come lo smart working o l’home working, ma anche dalla ricerca di un maggiore appagamento personale e un nuovo equilibrio fra lavoro e vita privata. Quest’ultimo aspetto viene in particolare sottolineato da oltre il settanta per cento dei dipendenti coinvolti nell’indagine.
Tutti cambiamenti che evidenziano l’importanza per le imprese di ascoltare la voce dei propri dipendenti per implementare o rivedere, per prima cosa, i propri piani di retention. Un obiettivo non sempre colto dal momento che più del cinquanta per cento dei lavoratori, secondo il sondaggio di Medallia, ha affermato che i propri datori di lavoro raramente chiedevano loro feedback o non lo facevano del tutto. Inoltre, solo il venticinque per cento si sentiva coinvolto dai propri datori di lavoro e meno di un quarto ha dichiarato che la propria azienda intraprendeva “azioni” sulla base dei loro suggerimenti. “Il fenomeno della Great Resignation ha messo l’esperienza dei dipendenti sotto i riflettori e offre alle organizzazioni l’opportunità di migliorare il propri processi per soddisfare le esigenze delle proprie risorse umane, potendo così attuare una equivalente importante fase di riassunzione e potenti programmi interni per trattenere i talenti già presenti in azienda – ha affermato Melissa Arronte, Solution Principal di Medallia per l’Employee Experience – Le organizzazioni che, indipendentemente dalle sfide che dovranno affrontare, avranno maggiori probabilità di avere successo, sono quelle che comprendono che le aspettative dei dipendenti sono importanti e cambiano costantemente. Questo significa ascoltare i lavoratori, ma anche intraprendere azioni significative per aiutarli a superare le loro preoccupazioni, soddisfare le loro esigenze e dare voce e seguito ai loro suggerimenti”.
(Red/Dire).