Roma, 8 giu. – Sostegni economici a favore del lavoro di cura svolto dalle badanti, pochissime le regioni che prevedono sostegni per le baby-sitter, mentre il mercato delle colf non rientra nelle misure di welfare territoriale
Sono questi alcuni dati emersi dall’indagine “Esperienze di welfare territoriale per il lavoro domestico”, contenuta all’interno dell’Atlante Fidaldo, la cartina geografica interattiva e in costante aggiornamento utile per consultare in tempo reale i provvedimenti introdotti dalle amministrazioni regionali e dal Governo a sostegno delle famiglie datrici di lavoro domestico e dei loro dipendenti
La ricerca evidenzia come i sostegni economici (assegni di cura dedicati, bonus o contributi usufruibili dai datori di lavoro per assumere badanti regolarmente assunte) siano perlopiù interventi che arrivano a coprire soltanto il costo degli oneri previdenziali che i datori di lavoro devono versare e, in quanto tali, il loro contributo nel sostenere i costi del lavoro di cura, risulta limitato
Differente, inoltre, è la situazione a livello regionale. I bonus che la Lombardia, ad esempio, dedica ai datori di lavoro di badanti regolarmente assunte (200 euro indipendentemente dall’intensità del lavoro) sono molto diversi da quelli delle altre regioni
La Valle d’Aosta prevede contributi fino a 700 euro, per le situazioni economicamente più fragili, mentre il Friuli-Venezia Giulia considera il livello di fabbisogno assistenziale dei richiedenti.
Sul fronte degli interventi volti a qualificare e riconoscere il lavoro di cura, questi si traducono in azioni di sportello (ove presenti), accompagnamento e matching tra domanda e offerta e nell’organizzazione di registri di assistenti familiari/badanti, con l’obiettivo di agevolare i cittadini nell’accesso a servizi qualificati e certificati
I dati dimostrano che un registro pubblico degli assistenti familiari è previsto in dieci regioni su venti. Gli sportelli, invece, rappresentano iniziative sporadiche che si sono formate a seguito di bandi di carattere locale ma, non sempre traducibili nella realizzazione di servizi stabili
Da sottolineare, inoltre, sono gli sforzi condotti dalle Regioni per far emergere il lavoro nero che, purtroppo, stentano a tradursi in interventi di impatto effettivo e duraturo. Nel complesso, l’indagine evidenzia come alcune Regioni più di altre, si siano impegnate nel sostenere il lavoro domestico, agendo per riconoscere una sua qualificazione e regolarizzazione dentro un sistema più ampio dei servizi di welfare e, in particolare, di quelli per la non autosufficienza.
Manca, però, una cornice legislativa nazionale di riferimento, in grado di fornire sostegni e incentivi di ampia portata sul piano fiscale, economico e dei servizi. Tale assenza frena l’estensione delle buone pratiche nel settore, vincolandole quindi a restare sospese in una sorta di limbo sperimentale o relegandole alla incerta continuità di risorse regionali.
Ecco quindi che, senza investimenti a livello nazionale, i vari interventi delle singole Regioni, rischiano di restare circoscritti e depotenziati.
Francesca Romana Cristicini