Dal 25 giugno al 6 novembre 2022 la Fondazione La Verde La Malfa – Parco dell’Arte presenta la mostra “NEEEV. Non è esotico, è vitale” di Begoña Zubero, a cura di Giorgio Agnisola, promossa e ideata dal presidente della Fondazione Alfredo La Malfa e da Dario Cunsolo, con il patrocinio del Comune di San Giovanni La Punta (CT). Originaria di Bilbao, Begoña Zubero in questa sua personale presenta diciotto fotografie di grande formato, che ne attestano non soltanto il grande talento, gratificato negli anni da una lunga serie di pregevolissimi eventi espositivi, ma costituiscono l’ultima tappa di un percorso artistico che, fin dagli esordi, l’ha vista definire ed approfondire una fotografia a tesi, contraddistinta da una tecnica, formale ed estetica, ineccepibile in cui la documentazione e la ricerca hanno consentito di dare vita a rappresentazioni di grande intensità intellettuale.
Begoña Zubero, durante la sua carriera, ha operato in ambiti differenti, dal realismo fotografico degli spazi urbani e le nature morte fino alla sperimentazione con l’astrazione della fotografia soggettiva. I lavori oggetto dell’esposizione sono stati realizzati nel dicembre 2018 e ritraggono la città di Mosul, in Iraq, nel momento della ricostruzione, pochi mesi dopo il terribile attacco che ha portato alla resa dello Stato Islamico. Il momento in cui la città ritorna, sorprendentemente, ad una vita quotidiana che immaginiamo impossibile, ma che risorge tra le crepe della distruzione, grazie alla capacità dell’essere umano di sopravvivere in condizioni avverse.
“Quando arrivi in una zona di conflitto per la prima volta, con un progetto aperto, oltre a una grande incertezza, sei accompagnato da notizie e immagini di quella realtà costantemente generate dai media. Ti accompagna anche il dubbio su quali potranno essere la tua reazione e la tua risposta nei confronti di un contesto che fino a quel momento hai percepito in maniera piuttosto distante e distorta”, spiega la stessa Zubero.
“NEEEV non è un progetto prettamente documentaristico, benché in parte si basi saldamente su questo registro; non si tratta nemmeno di fotogiornalismo, sebbene non avessi mai lavorato con un materiale così vicino a zone di conflitto. Questo lavoro vuole essere un’interpretazione plastica di una realtà della quale ci arrivano, costantemente, infinite informazioni, ma che di fatto è avvolta in una continua distorsione. Un caleidoscopio, dal grandangolo al teleobiettivo, per avvicinare lo spettatore alla sensazione di incertezza e di dualismo di un presente avviluppato in una perversa ripetizione storica”, sottolinea l’artista basca.
L’idea di allestire questa nuova esposizione nasce innanzitutto dalla convinzione che mostrare ad un pubblico più ampio possibile gli scatti della Zubero possa rappresentare un contributo importante che, in questo angosciante momento storico, l’arte può portare per costruire una cultura profonda a favore della pace. A tal proposito Alfredo La Malfa, presidente della Fondazione La Verde La Malfa – Parco dell’Arte, aggiunge: “Penso che nell’attuale periodo di smarrimento che stiamo vivendo una mostra come NEEEV sia tra le più indicate. Non solo perché ci ricorda gli orrori della guerra e dunque la ineludibile necessità di scelte di pace e di non violenza, di dialogo e fraternità fra i popoli. Ma, soprattutto, perché ci ricorda che nel cuore degli umani non c’è un’assenza ma una presenza: le sue opere ritraggono nel più completo silenzio scene di tragedie avvenute, ma in queste devastazioni traluce un senso di vita, un’incancellabile nostalgia di senso, di una presenza di Luce che, nonostante queste infinite tragedie, perdura negli umani”.
Illuminanti nel descrivere il contenuto e le emozioni che promanano dalle opere della Zubero sono le parole del curatore Giorgio Agnisola che così asserisce: “Le immagini di Begoña, per quanto inquietanti, non sono drammatiche, le poche presenze umane paiono testimoni di un principio piuttosto che di una fine. Sicché gli scatti oscillano tra presenza e assenza. Begoña non si è lasciata emozionalmente implicare, si è tenuta sul crinale di uno sguardo osservatore e meditativo, implicando sì il proprio registro d’anima, ma come orizzonte, fuga verso l’alto e l’oltre, con frequenti ampie vedute e margini di cielo, seppure plumbeo, lontano da ogni estemporaneo e contingente riflesso psicologico. Ella non si nasconde, né nasconde il dramma, ma non racconta la commossa partecipazione, bensì una presenza tenace e indagatrice”.
Lo stesso critico d’arte campano evidenzia poi come “Begoña non legge la cronaca ma la storia. Ella si attarda a registrare gli scorci di una costruzione diruta, traguardandone silenziosamente gli archi, i vani, i cortili: vede in profondità, nel tempo. Begoña ha un registro visivo insieme rigoroso e sensibilissimo, che non è tuttavia espansivo, invasivo; piuttosto ella chiude in sé, quasi nasconde. È come se ella volesse isolare il suo sguardo, e trattenerlo, per poi consegnarlo direttamente alla storia dell’uomo. Deriva di qui quel senso di distanza che gli scatti paiono avere nei confronti dell’osservatore e insieme di intima, rara, contenutissima poesia”.
Per l’occasione è stato realizzato un catalogo che propone un testo critico di Giorgio Agnisola corredato dalle fotografie di Begoña Zubero.