La sentenza della Corte Suprema americana che disconosce il diritto all’aborto e ne demanda ad ogni stato la disciplina mette in discussione il diritto all’autodeterminazione delle donne sul proprio corpo e sulla maternità e dimostra che alcuni diritti, seppur ormai ritenuti universali, vanno sempre e più di prima difesi.
Michelle Obama esprime dal profilo instagram tutta la sua preoccupazione: “Ho il cuore spezzato oggi. Ho il cuore spezzato per le persone in questo paese che hanno appena perso il diritto fondamentale di prendere decisioni informate sul proprio corpo. Ho il cuore spezzato dal fatto che ora potremmo essere destinati a imparare le dolorose lezioni di un tempo, prima che Roe diventasse legge, un tempo in cui le donne rischiavano di perdere la vita con aborti illegali. Un tempo in cui il governo ha negato alle donne il controllo sulla loro funzione riproduttiva, le ha costrette ad andare avanti con gravidanze che non hanno desiderato, e poi le ha abbandonate una volta che i loro bambini sono nati. Questo è ciò che le nostre madri, le nostre nonne e le nostre bisnonne hanno vissuto, e ora eccoci di nuovo qui. Quindi sì, ho il cuore spezzato, per l’adolescente, piena di gioia e progetti, che non potrà finire la scuola o vivere la vita che vuole perché il suo stato controlla le sue decisioni riproduttive; per gli operatori sanitari che non possono più aiutarle senza rischiare il carcere.”
E in Italia? Se da un lato c’è chi accoglie positivamente questa sentenza come l’onorevole Pillon: “La decisione della Corte Suprema è una grande vittoria. Ora portiamo anche in Europa e in Italia la brezza leggera del diritto alla vita di ogni bambino“.
Dall’altro c’è chi come l’onorevole Emma Bonino tuona: “I diritti non sono scritti nelle tavole della legge, se non li curi e non li difendi ogni giorno, ti svegli una bella mattina e non li hai più. La sentenza della Corte Suprema Usa fa fare agli Stati Uniti un balzo indietro di 50 anni. Ed è figlia di varie ideologie: un mix di visioni oscurantiste e reazionarie che tolgono alle donne la libertà di scelta. Anche in Italia la nostra legge è già bombardata: basti pensare ad esempio agli obiettori di coscienza o alla legge Pillon. Ora dobbiamo difendere il diritto all’aborto in Italia. La mia solidarietà va alle donne americane.”
In effetti secondo quanto emerge nella relazione al Parlamento del Ministro della Salute sullo stato di applicazione della legge 194/1978, si conferma la tendenza alla riduzione del numero di interruzioni di gravidanza rispetto agli anni precedenti.
L’Associazione Luca Coscioni però evidenzia come questo dato, che colloca l’Italia, nei confronti internazionali, tra i paesi con più bassi tassi di abortività, viene costantemente letto come conferma della bontà e del buon funzionamento della legge, ma potrebbe anche essere il segnale invece di una difficoltà di accesso all’aborto, che in alcuni casi può tradursi nel ricorso a pratiche al di fuori della legge.
La relazione sottolinea, infatti, come l’autonomia regionale si traduca troppo spesso in disuguaglianze e difficoltà, che possono rendere irto di ostacoli il percorso di interruzione volontaria di gravidanza; in alcuni casi, tale autonomia viene persino invocata per giustificare la non applicazione, se non addirittura l’aperta violazione, del dettato della legge 194/78.
Allarmante è la situazione in Molise, secondo l’indagine Mai Dati!: su 29 medici ci sono ben 27 obiettori di coscienza, quindi in tutta la regione gli unici che praticano l’interruzione volontaria di gravidanza sono solo 2 medici che svolgono la loro attività a Campobasso.
https://www.associazionelucacoscioni.it/cosa-facciamo/aborto-e-contraccezione/legge-194-mai-dati