Con sentenza n. 5408 del 30 giugno 2022, la terza sezione del Consiglio di Stato è intervenuta sulla tematica dell’espulsione dello straniero nel caso in cui la sua permanenza in Italia possa in qualsiasi modo agevolare organizzazioni o attività terroristiche, anche internazionali.
I presupposti per adottare il provvedimento di espulsione, secondo il comma 1 dell’art. 13, D.L.vo 25 luglio 1998, n. 286 sono i “motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato”, mentre il comma 1 dell’art. 3, D.L. 27 luglio 2005, n. 144 prevede l’ipotesi in cui la sua permanenza in Italia possa in qualsiasi modo agevolare organizzazioni terroristiche.
L’espulsione ha carattere cautelativo. I giudici amministrativi hanno, infatti, chiarito che si tratta di disposizione che prevede procedure pienamente assimilabili alle misure di sicurezza che si adottano con finalità di prevenzione e che, avendo come finalità quella di prevenire il compimento di reati, non richiede che sia comprovata la responsabilità penale e neppure che il reato sia stato già compiuto. Infatti, il presupposto per l’espulsione è costituito solo dai fondati motivi per ritenere che la presenza dello straniero possa agevolare in vario modo attività terroristiche e mettere in pericolo, con azioni anche proselitistiche, la sicurezza dello Stato.
Pare opportuno osservare che anche alla luce della normativa e della giurisprudenza internazionali non appare affatto irragionevole l’inserimento, nel tessuto normativo, di una disposizione che limiti la permanenza sul territorio nazionale degli stranieri in relazione alla tutela del preminente interesse della sicurezza dello Stato, fermo restando, ovviamente, il pieno rispetto del canone della ragionevolezza.
A tal riguardo, rileva l’art. 8 Cedu, relativo al “Diritto al rispetto della vita privata e familiare”, che espressamente fa salvo il potere dell’Amministrazione nel caso in cui “sia previsto dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, per la pubblica sicurezza, per il benessere economico del paese, per la difesa dell’ordine e per la prevenzione dei reati, per la protezione della salute o della morale, o per la protezione dei diritti e delle libertà altrui”. La stessa Corte Edu ha affermato, nell’interpretare l’art. 8 Cedu, che l’ingerenza della Pubblica amministrazione nella vita familiare dello straniero possa ritenersi proporzionata allorquando sia coerente rispetto allo scopo perseguito, sicché il provvedimento di espulsione e interdizione del soggiorno non costituirebbe una violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare, in quanto risulterebbe giustificato dall’esigenza di prevenire la commissione di reati e mantenere la sicurezza e l’ordine pubblico nazionale.
Ne deriverebbe che, nel contemperamento degli interessi in gioco, quello alla stessa sopravvivenza dello Stato e dell’incolumità delle persone presenti sul suo territorio deve prevalere su quello dell’individuo sospettato di attentarvi, in quanto i primi costituiscono interessi e diritti fondamentali che attengono all’esistenza e sopravvivenza delle istituzioni e soprattutto al diritto insopprimibile dei comuni cittadini alla vita e all’integrità fisica.
Infine, trattandosi di atto rimesso all’organo di vertice del Ministero dell’Interno e che investe la responsabilità del Capo del Governo, nonché l’organo di vertice dell’amministrazione maggiormente interessata alla materia dei rapporti con i cittadini stranieri, il provvedimento di espulsione costituisce, senza dubbio, espressione di esercizio di alta discrezionalità amministrativa.
L’Amministrazione ha fondato, altresì, il giudizio di pericolosità sul riscontrato assiduo utilizzo di Internet a fini terroristici. Nella specie, il Ministero dell’Interno ha rilevato come lo straniero condivide frequentemente sui “social network” contenuti volti ad esaltare le azioni dei combattenti islamici. È noto che, in epoca attuale, i terroristi ricorrono ad Internet a fini di comunicazione, propaganda, formazione, reclutamento, nonché di finanziamento di atti terroristici.