AGI – Aveva un carapace lungo circa 50-60 centimetri, ma questo non le è bastato a difendersi dagli attacchi e dall’appetito dell’uomo, che potrebbero aver contribuito alla sua estinzione. La ‘Solitudo sicula’ viveva 12.500 anni fa, e oggi è la tartaruga gigante fossile più ‘giovane’ d’Europa: lo dimostrano i resti scoperti in un sito nella grotta di Zubbio Cozza San Pietro a Bagheria, nel Palermitano, e oggetto di una ricerca pubblicata sul Zoological Journal of the Linnean Society dell’Università di Oxford e dal Museo di Storia naturale di Dresda.
A scoprire quel che resta del suo scheletro è stato lo speleologo Pietro Valenti, durante le ricerche fatte nel 2015 per la sua tesi di laurea da esporre al dipartimento di Scienze naturali dell’Università di Palermo: “Nei fine settimana – spiega Valenti all’AGI – vado in grotta a esplorare, e in questo caso stavamo rivedendo piccole cavità: si tratta di stanzoni, in cui vi sono delle nicchie. Nel corso di una prospezione mi sono accorto di alcuni reperti, contatto il mio relatore, professo Luca Sineo, che mi propone un lavoro di tesi su questo sito. Si tratta di una grotta naturale, di origine tettonica, a cui si giunge attraverso un pozzo inclinato. Lo stanzone, a circa 15 metri di profondità, è grande circa 200 metri quadri. Su una nicchia ho trovato delle ossa umane, e abbiamo cominciato a scavare: mi sono trovato davanti quelle ossa, in una sepoltura multipla datata tra l’età del rame e l’età del bronzo, e dei resti faunistici, probabilmente offerte ai defunti“.
“Abbiamo isolato quattro ossa, che ci hanno stupito: era di sicuro un animale, ma non sapevamo quale. Lo identificammo in una tartaruga, ma le proporzioni ci hanno fatto sgranare gli occhi: il femore era estremante più grande di quello delle tartarughe che vivono in Sicilia. A quel punto – prosegue Valenti – è cominciata una collaborazione con i grandi esperti che in Europa si occupano di testuggini. Siamo arrivati a stabilire che i parenti più prossimi di questa tartaruga risalivano a 300.000 anni prima, ma questa era ben più giovane”.
L’uomo è arrivato in Sicilia 13.500 anni fa, e avrebbe convissuto con la Solitudo Sicula. I frammenti scheletrici di quest’ultima sono assai piu’ giovani dei resti indagati di tartarughe giganti estinte sulle isole del Mediterraneo, che hanno almeno 195.000 anni. Dunque, le tartarughe giganti sono esistite in Europa per molto piu’ tempo di quanto si conoscesse in precedenza. Gli animali erano contemporanei degli esseri umani moderni, che potrebbero aver contribuito alla loro scomparsa. “È stato un colpo di fortuna che un femore intatto fosse tra i reperti”, afferma Uwe Fritz del Museo di Storia naturale di Dresda, che aggiunge: “Grazie alla loro stabilita’, i femori sono tra i più comuni e migliori resti conservati di grandi tartarughe fossili. Sono un indizio importante su quale specie è coinvolta”.
Il confronto del femore con altre specie di tartarughe ha permesso di determinare le dimensioni dell’animale. La specie siciliana aveva una lunghezza del carapace da 50 a 60 centimetri. Era quindi fino a tre volte più grande della tartaruga di Hermann (Testudo hermanni), una specie che si trova ancora oggi in Sicilia, ma significativamente più piccola delle moderne tartarughe giganti delle Galapagos, per esempio. Inoltre, la forma del femore della tartaruga gigante siciliana differisce significativamente da quella di tutte le tartarughe esistenti oggi e dalla maggior parte delle specie fossili. Tuttavia, ossa molto simili sono note da altre tartarughe giganti della regione mediterranea, che si sono già estinte in precedenza.
“Queste specie della regione mediterranea – afferma Massimo Delfino, docente al dipartimento Scienze della terra all’Università di Torino – rappresentano un lignaggio evolutivo ora del tutto estinto. Sono così diverse da tutte le altre tartarughe che possono essere considerate come il genere separato Solitudo. La Solitudo sicula è il rappresentante di questo genere, sopravvissuto più a lungo e che potrebbe essere stato cacciato e mangiato dagli esseri umani del Paleolitico. Tuttavia, non è ancora noto se la caccia da parte dell’uomo abbia effettivamente contribuito all’estinzione della tartaruga gigante siciliana”. “Se osservo i modelli globali di eventi di estinzione – gli fa eco Fritz, componente del team di scienziati insieme a Christian Kehlmaier e a Roberto Miccichè e Luca Sineo di UniPa e a Evangelos Vlachos, Georgios Georgalis e Angel Hernandez Lujan – sembra ragionevole presumere che gli esseri umani abbiano avuto un ruolo”.