Ha destato scalpore nell’ambiente intellettuale capitolino, l’incendio, probabilmente doloso della storica bancarella di libri usati a Piazzale Flaminio, avvenuto all’alba di sabato 9 luglio che ha carbonizzato centinaia di volumi. Certo a confronto coi roghi, ben più gravi, che proprio sabato scorso, sono divampati in varie zone periferiche di Roma, tanto da provocare un caso politico di rilevanza nazionale l’incendio della bancarella, può apparire come un episodio di poca importanza. Ma, come giustamente ha notato Gilberto Di Benedetto in arte Hypnos, personaggio di spicco nell’ambiente artistico romano, il rogo doloso di libri, che venga appiccato con la coscienza di quello che si fa, o come parrebbe in questo caso, solo per la stupidità di ragazzini annoiati rappresenta sempre e comunque un cattivo presagio per l’umanità, perché quando si comincia a bruciare la cultura, l’esperienza insegna, che si stanno vivendo tempi bui ed oggi innegabilmente siamo in un momento molto buio, forse ancora più del medioevo quando i libri venivano bruciati tutti i giorni sulle piazze d’Italia e d’Europa. Ecco quindi che lo stesso Hypnos, recatosi quasi subito a Piazzale Flaminio, in quanto cliente ed amico del bancarellaio, Alberto Maccaron, conosciuto come il “professore” per portare la propria solidarietà a quest’ultimo, si è fatto promotore di un comitato per trasformare i resti bruciati della bancarella e dei volumi, in un monumento al “libro ignoto”.
Gilberto Di Benedetto, non è nuovo ad iniziative in favore della cultura diffusa e della lettura. Solo pochi giorni fa, infatti, aveva proposto di introdurre in tutti i quartieri di Roma, una sorta di casetta dei libri, con una teca di vetro, nella quale poter scambiare i volumi, lasciandone uno già letto per prenderne uno di proprio interesse. Non sappiamo se Hypnos, si sia ispirato all’esperienza del Pigneto, popolare quartiere nel quale è possibile, appunto scambiare i libri contenuti all’interno di vecchi frigoriferi, come anche chi scrive, ha potuto fare in varie occasioni, comunque si tratta di un’idea lodevole, che viste le dimensioni della città potrebbe lanciare Roma, come capitale europea del book crossing. Ma tornando all’idea del monumento al libro ignoto, ecco cosa ha dichiarato l’artista romano: « Il rogo di libri e la distruzione di biblioteche furono pratiche piuttosto comuni nel passato. Questi roghi, erano causati spesso da guerra, censura o più semplicemente dalla necessità di cancellare informazioni, o idee pericolose per il contesto storico in cui furono attuati. Questo evento accaduto recentemente nel centralissimo Piazzale Flaminio, probabile bravata di ragazzini annoiati, e’, invece la misura dei tempi attuali, nei quali, alla lettura di un buon libro si preferisce fare i leoni da tastiera sullo smartphone. I libri, invece, sono pensieri riflessi, o semi di saggezza, che aspettano di germogliare nelle menti di chi attraverso la lettura vuole rendere vivente il pensiero riflesso nel libro. Bruciare un libro, è infine un atto che nel passato ha poi portato a bruciare gli uomini. Chiedo al Sindaco Gualtieri, di sostenere questa mia idea, che vorrei condividere con tutti gli artisti, ma anche con tutti coloro che grazie al “professore” ed alla lettura dei volumi trovati sulla sua bancarella, hanno nutrito con la cultura la loro creativita’ individuale in qualsiasi campo del loro essere umani costituendo un comitato di sostegno a questa iniziativa.» Da parte nostra, non possiamo che accogliere positivamente l’idea del professor Di Benedetto ed augurarci che vada a buon fine, e che Piazzale Flaminio, possa diventare davvero forse la prima piazza al mondo con un monumento dedicato al libro ignoto, che magari faccia ombra, in estate, alla nuova bancarella del “professore”, che deve tornare a vivere ed a fornire cultura alle nuove generazioni di romani, oltre quelle alle quali l’ha già fornita. Auspichiamo, poi che se i vandali venissero identificati, risultando davvero solo essere dei ragazzini annoiati possa loro essere comminata, non una pena detentiva ma quella dell’obbligo di lavorare proprio in quella bancarella, a titolo gratuito qualche ora a settimana, per qualche mese, col cellulare rigorosamente spento, in modo da poter apprezzare, anch’essi la cultura vera redimendosi in tal modo e contribuendo a diffonderla, anziché distruggerla.
Luca Monti