Non è un paese per donne
Prima degli Stati Uniti e dell’abrogazione della sentenza Roe vs Wade, la Polonia nel 2020 aveva già conosciuto una svolta autoritaria con una forte stretta sulle leggi che regolano l’interruzione volontaria di gravidanza, ad oggi consentita solo in caso di grave pericolo per la vita della donna o in caso di concepimento in seguito a incesto o stupro. Chi si oppone a questa grave violazione dei diritti in Polonia rischia il carcere, ed è questo il caso di Justyna Wyrdzynska denunciato da Amnesty International. La Wyrdzynska è una doula, una figura non medica che si occupa di dare sostegno emotivo e pratico alle donne in gravidanza. Un giorno Justyna ha ricevuto la richiesta di aiuto di una donna con un marito violento che voleva impedirle di abortire. Colpita dalla storia della donna, simile al suo precedente vissuto personale, Wyrdzynska non ha potuto fare altro che accogliere la sua richiesta e fornirle le pillole abortive di cui necessitava, anche se questo significava trasgredire la legge polacca. Ora Justyna Wyrdzynska rischia fino ai 3 anni di carcere e Amnesty ha lanciato un appello in tutto il mondo affinché cessi ogni accusa nei suoi confronti e in Polonia tornino a essere rispettati i diritti delle donne, che altro non sono che i diritti di tutti. L’udienza era prevista per il 14 luglio, ma è stata rinviata al 14 ottobre. La forte stretta reazionaria della Polonia rischia di propagarsi adesso anche negli Stati Uniti, in Texas si pensa di riesumare una legge del 1925 che stabilisce una pena detentiva nei confronti di coloro che praticano un aborto. Ancora nulla di ufficiale, ma l’America continua a essere spaccata in due e le crepe che erano venute alla luce già nel 2016 con l’elezione di Donald Trump, non fanno altro che diventare voragini.
Aurora Mocci