Uno dei termini del cambiamento è per Calvino la “sfida”, il grande scopo della letteratura è di tenere insieme le due parti dell’essere nel singolo individuo come nei grandi aggregati della civiltà umana, questo è lo scopo delle Lezioni Americane.
La struttura del pensiero calviniano è sempre di natura ossimorica e ciò si evince sin dalla molteplicità delle fonti a cui attinge: Stevenson, Conrad, Borges, Queneau e i suoi metaromanzi dove razionalità e fantasia coesistono. Ciò è indice di una visione matematicizzante e fisica del mondo che si sposa bene con l’aspetto partecipativo della letteratura. A tal proposito, oltre a questa dimensione patetica, è opportuno osservare di trovarsi al limite di una visione fisiologica: Calvino, infatti, nelle sue Lezioni Americane attribuisce alla letteratura qualità fisiche che si adatterebbero meglio ad un corpo nello spazio. La sua idea di letteratura è di natura fisica, basti pensare alle sue considerazioni sull’Orlando Furioso.
Leggerezza, rapidità, visibilità sono qualificazioni di tipo fisico che confermano l’ideale di un’uniformità tra natura umana, fisiologica e la relativa conformità letteraria. Proprio perché queste doti che l’autore vuole riscattare richiamano la fisicità, risultano trasparenti alla comprensione come cristalli. Calvino compie queste illustrazioni con estrema chiarezza attraverso una struttura semplice e comunicativa allo scopo di esplicitare quello che in opere come Il castello dei destini incrociati, Le città invisibili, Palomar e in molti dei saggi di Collezioni di sabbia aveva già messo in codice. La dimensione diretta ed esplicita riscatta l’esattezza delle idee ed oltre alla grandezza dei materiali e alle citazioni non vi è da parte del lettore nessuna difficoltà interpretativa. Ma non è solo la trasparenza di queste spiegazioni ad essere percepita. Appare chiaro che per tutto il contesto in cui Calvino ha vissuto e per tutte le sue esperienze letterarie, si ritrovi a fare una resa dei conti, un fortissimo bilancio del passato e che svolga queste conferenze in uno stato psicologico di angoscia.
Egli avverte con estrema acutezza che si sta aprendo un’ulteriore cesura nella storia dell’umanità: alle spalle c’è il millennio, il millennio delle lingue e delle letterature d’Occidente, il millennio del libro ed oltre vi è il futuro con un grosso punto interrogativo ma con la percezione netta di un cambiamento che è quello dell’incidenza tecnologica sull’aspetto umano e sulla letteratura. Malessere e fiducia, simultaneamente, sono le reazioni connesse a questo futuro ingombrante e non facilmente accessibile, dove la letteratura si avvia verso un processo di dispersione entropica e si sente minacciata e sradicata da un millennio che ha costituito una culla per libro. In Cibernetica e Fantasmi Calvino è arrivato perfino a ipotizzare che nella concorrenza tra l’uomo e la macchina quest’ultima avrebbe prevalso rendendo superflua la figura dell’autore, «personaggio a cui si continuano ad attribuire funzioni che non gli competono». La connotazione “superflua” in attribuzione alla figura dell’autore provoca un brivido nella coscienza, un malessere per una possibilità sempre più vicina, più reale e sempre meno possibile.
Dall’ipotesi della possibilità si passa, infatti, ad una realtà via via più tangibile che pian piano sarà investita da una vera e propria accettazione: in letteratura il momento privilegiato della coscienza umana è passato dalla dimensione autorale a quella del lettore e di questo Italo Calvino ne prende atto con entusiasmo, nel bene e nel male, e in linea di massima, in qualità di amante della scrittura, si mostra fiducioso verso la dignitosa sopravvivenza della letteratura. Senza esitazione procede nelle sue sei proposte per il prossimo millennio attraverso teorie prescrittive, di carattere pratico: Calvino nelle conferenze si basa tanto su indicazioni di tipo formale, nella sezione dedicata al dispositivo della Rapidità, ad esempio illustra in maniera lineare e semplice la qualità della brevità del messaggio, parlando in termini pratici di durata, infatti il messaggio deve essere illustrato attraverso l’efficacia della rapidità comunicativa. Ad esempio di questa dote letteraria non trascurabile, lo scrittore riporta la leggenda di Carlo Magno tratta dallo scrittore romantico francese Barbey d’Aurevilly, questa leggenda, nonostante la sua rozzezza ha una fortissima efficacia narrativa perchè ha una successione di avvenimenti che si dispongono come rime in una poesia, riscattando l’importanza del ritmo e l’attrazione letteraria per i folktales. Al di là delle esaltazioni per le virtù letterarie, Calvino procede nella sua speculazione teorica anche per ammonizioni al vertice delle quali vi sono due forti nuclei nella nostra realtà contemporanea espresse con una terminologia molto radicale. Parla, infatti, di Pestilenza e Spazzatura, esiti inevitabili della massmediologia che hanno colpito l’umanità nella sua più importante facoltà: l’uso della parola. Linguaggio e immagini sono avvilite da questa peste, «gran parte di questa nuvola di immagini si dissolve immediatamente come i sogni che non lasciano traccia nella memoria» ma non si dissolve la sensazione di dispersione.
Un tempo, la suggestione della natura scaturiva dalla combinazione di determinati oggetti che messi insieme in un determinato e unico modo dava luogo all’opera d’arte suscitando l’emozione. Oggi, differentemente, si è arrivati a perdere la determinatezza degli oggetti artistici, non si apprezza il valore unico di un oggetto artistico, di un’immagine determinata, dove tutto è in potenziale sostituzione di tutto. Nulla è determinante nella letteratura e nell’arte contemporanea; l’andamento è casuale più che determinante. «Oggi la grande quantità di immagini confonde l’esperienza diretta con ciò che non abbiamo visto. La memoria è ricoperta da strati di frantumi di immagini come un deposito di spazzatura. La dote della visibilità, che è la facoltà che permette di avere visioni ad occhi chiusi, si spegne man mano che le immagini assorbono la nostra fantasia». A questo punto ciò che la letteratura può fare è definire l’atteggiamento migliore per trovare la via di uscita, anche se questa via d’uscita non sarà altro che il passaggio da un labirinto ad un altro”.
Quando la vita perde forma la letteratura dovrebbe contribuire ad il ritrovamento di questa. La fiducia di Calvino verso la letteratura nasce dal fatto che vi sono cose che solo la letteratura può dare attraverso i suoi mezzi specifici, la letteratura deve provvedere allo scempio della perdita della forma, ad esempio l’Esattezza è una battaglia con la lingua per catturare ciò che ancora sfugge all’espressione. Ma le Lezioni americane non sono solo un libro di prescrizione formale, non costituiscono un semplice libro sulla letteratura e la lettura ma sono anche un libro sulla civiltà e sull’esistenza sia pur viste in connessione con la letteratura e con la lettura. Calvino fa risalire una sostanza mitica con la parte più profonda e germinale della natura umana che deve far ben funzionare, poiché ogni scrittore e lo stesso Calvino può dirlo è assediato dal rischio della pietrificazione medusacea del linguaggio e per sfuggirgli egli deve calzare i sandali alati di Perseo il quale, per tagliare la testa di Medusa, si sostiene su ciò che vi è più leggero: i venti e le nuvole. La forza del mito sta nella sua letterarietà non nella spiegazione del suo contenuto allegorico; è l’uso letterario che fa il mito. E’ impressionante come Calvino fosse colpito negli ultimi anni della sua vita da ricorrenti visioni di dissoluzione del mondo, di scomposizione atomistica dell’universo; è come se stesse precipitando in una voragine senza fine. La visione del mondo è pulviscolare, alla metà del secolo i grandi teorici parlavano di frammenti e macerie, in Calvino, invece, ora vi è una visione pulviscolare associata ad un mondo che può dividersi in particelle sempre più minuscole e a quelle di una realtà che è in via di disgregazione sempre più rapida e inarrestabile.
Prendere insieme i pezzi appare, infatti, impossibile, ma all’interno di questa vasta scomposizione, si possono sicuramente ancora riscontrare zone integre, si possono evidenziare configurazioni e scorgere un qualche disegno definito su cui fare leva per poter aprire ancora alla dimensione del valore, dell’ideale, di una storia di vita, per poter scorgere l’umano, afferrarlo e preservarlo da un futuro che agisce come un vortice portando via tutto e aprendo le porte allo scenario del nulla. Lo scrittore deve attuare eticamente, responsabilmente, una letteratura del ritrovamento nel riscatto della vita, della memoria e della dignità.
Silvia Buffo